martedì 24 gennaio 2012

Wallace mon amour


Quando vedo un libro di Wallace non posso esimermi dal comprarlo. Deve essere mio, basta che ci sia il suo nome sopra e in automatico estraggo il portafogli con una velocità degna del miglior Callaghan con la sua pistola. Per mia somma sfortuna, vicino all’ufficio, sulla strada che mi porta alla filovia, c’è una grande libreria con dei commessi molto gentili: ho accompagnato la mia pusher letteraria Adele (è lei che mi consiglia i libri migliori) a prendere un libro, e non ero intenzionata minimamente a fare acquisti. Prima ho sfogliato un assurdo libretto illustrato con coniglietti aspiranti suicidi, che devo dire mi ha parecchio divertito, poi lì alla cassa, dietro opuscolini vari ed edizioni super tascabili, l’ho visto: un piccolo libretto verde con la scritta bianca David Foster Wallace- Un'intervista inedita . Subito comprato, senza battere ciglio. Da quando Wallace è morto nel 2008, sono uscite parecchie raccolte di interviste e racconti inediti. Da ultimo è stato pubblicato The Pale King, romanzo incompiuto, che giace sul mio comodino perché troppo complicato per essere letto in tram. Tutto questo fiorire editoriale è cosa buona, se si pensa ai racconti pubblicati negli USA su riviste letterarie e qui in Italia mai tradotti, ma in altri casi si tratta del cosiddetto raschiare il fondo del barile e prova ne è la pubblicazione appena comprata: si tratta di un’intervista telefonica rilasciata ad un giornalista russo in occasione del decennale dell’uscita di Infinite Jest…54 paginette scritte larghe larghe. Insomma, il signor Karmodi si è ritrovato questo materiale e ha semplicemente pubblicato l’intervista. La sua fortuna è che Wallace appena apriva bocca diceva cose interessanti, brillanti e intelligenti, e forse è proprio per questo che si è suicidato, perché era troppo geniale, come buona parte dei depressi. Quindi alla fine ho letto in un sorso l’opuscolo, con un po’di fastidio per le domande dell’intervistatore, ma con la solita fervente ammirazione per lo scrittore. 
Ho letto un altro libro che riportava una lunghissima intervista fatta da David Lipsky a Wallace, una sbobinatura in tutto e per tutto, con pause e puntini di sospensione, dal titolo Come diventare se stessi: inizialmente mi sembrava una cavolata commerciale, ma continuando la lettura ho molto apprezzato il ritratto dell’uomo che ne emerge. Il giornalista si mette parecchio in gioco dal punto di vista personale, spiegando con brevi annotazioni efficaci anche i numerosi e sottili meccanismi psicologici che si celano dietro al rapporto intervistatore- intervistato: alla fine l’intervista, in realtà mai pubblicata da Rolling Stone, che l’aveva inizialmente commissionata, risulta essere il ritratto più vero, rispettoso e sincero di Wallace, tra tutto ciò che ho letto fino ad ora su di lui. In particolare emerge la sua costante preoccupazione di quale immagine potesse dare agli altri di sé, come già afferma in E Unibus Pluram: gli scrittori americani e la televisione (saggio veramente illuminante, leggetelo!)

"Gli scrittori tendono a essere una razza di guardoni. Tendono ad appostarsi e a spiare. Sono osservatori nati. Sono spettatori. Sono quelli sulla metropolitana il cui sguardo indifferente ha qualcosa dentro che in un certo senso mette i brividi. Qualcosa di rapace. Questo è perché gli scrittori si nutrono delle situazioni della vita. Gli scrittori guardano gli altri esseri umani un po' come gli automobilisti che rallentano e restano a bocca aperta se vedono un incidente stradale: ci tengono molto a una concezione di se stessi come testimoni.
Ma allo stesso tempo gli scrittori tendono ad avere un'ossessiva consapevolezza di sé. Dal momento che dedicano molto del loro tempo produttivo a studiare attentamente le impressioni che ricavano dalle persone, gli scrittori passano anche un sacco di tempo, meno produttivo, a chiedersi nervosamente che impressione fanno loro agli altri."

Non posso mettermi a citare tutti gli i suoi scritti, vorrei copiarvi qui tutto il discorso fatto ai diplomandi di un college in cui insegnava, dal titolo Questa è l'acqua, un faro nella notte per tutti gli inutili umanisti come me: Wallace è un autore tanto brillante e divertente, quanto difficile e a volte addirittura ostico, ma davvero, fate uno sforzo, leggetevi il libro di Lipsky per imparare a conoscerlo e leggetevi i suoi saggi (per esempio le raccolte Considera l'aragosta e Tennis, tv, trigonometria e tornado) per imparare ad amarlo. A volte cimentarsi con le sue pagine è come scalare una parete rocciosa o una montagna davvero impervia, ma apprezzerete la sua scrittura e la sua profondità, esattamente come, giunti alla meta, si ammira dalla vetta un panorama indimenticabile.

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