venerdì 29 giugno 2012

Un viaggio in moto.

Io non sono fatta per guidare. Non riesco a guidare nulla, faccio fatica pure con il carrello della spesa, soprattutto perché solitamente mi tocca quello con la ruota sifulina.
Ho la patente da due anni e l'ultima volta che ho preso l'auto è stata durante l'esame di guida.
Non vado in bici perché temo gli automobilisti incazzosi di Milano, davvero una brutta razza, e l'ultima volta che ho preso il motorino è stato nel 2000. Avevo un favoloso cinquantino Tomos che usavo solo in vacanza, sulle colline della Liguria di Levante, per raggiungere la spiaggia. All'andata tutto bene, perché il paese era in cima ad un cucuzzolo e quindi, sfruttando la discesa, arrivavo giù a razzo, ma al ritorno...beh, diciamo che gli amici andavano avanti e io arrivavo dopo un bel po'...pedalando.
Non mi fido molto di me stessa come pilota: conosco i miei limiti e soprattutto quelli della mia miopia, quindi non voglio essere l'ennesimo pericolo ambulante. Come passeggera, fino al completo sviluppo del mio lobo frontale, cioè fino ai 16 anni circa, mi sono fatta scarrozzare dai personaggi più loschi e ambigui (compreso un tizio che si fregiava di aver investito con la Vespa un cinghiale e di averlo portato in trionfo alla propria madre per farne salumi e ragù), senza pormi particolari problemi sulla mia incolumità personale. Ho anche guidato una R4 alle 2 del mattino senza avere la minima idea di cosa stessi facendo, giusto per provare ad andare dalla piazza del paese a casa (200 pericolosissimi metri in discesa con incrocio).
Col tempo sono diventata come un assicuratore che calcola rischi e variabili (avete presente Ben Stiller in "Alla fine arriva Polly"?), quindi per Fabio, che di lavoro fa il giornalista e prova moto di ogni tipo e in ogni contesto, non deve essere facile avermi come "zainetto".  Nonostante questa mia crescente paura lagnosa, ci siamo divertiti a lungo andando in giro con mezzi di vario genere, dalle moto modello divano a quelle così scomode, che se ci porti la fidanzata significa solo che vuoi farti lasciare entro le successive 12 ore.
Mai sentita sulle ali della libertà o immagini simili, espressioni che spesso sento da appassionati che ho conosciuto. Mi sono sempre sentita solo sul baratro della morte.
Qualche settimana fa ho accompagnato Fabio in Austria per una trasferta di lavoro, e dopo sei anni (una vita!) sono risalita su una moto. Abbigliati ed equipaggiati, insieme ad una ventina di altri motociclisti, abbiamo fatto un bel po' di chilometri tra passi di montagna, prati, cascate, cibo favoloso e viste magnifiche. Per il primo tratto ho passato in rassegna tutte le divinità che conosco e ho fatto voti, promesso sacrifici, sgranato ipotetici rosari, da quello buddista a quello cattolico. Ho anche fatto un paio di testamenti, ma non potendoli mettere per iscritto, ho lasciato perdere.
Ma poi... beh, poi mi sono divertita. Mi sono divertita eccome! E anche più di prima, perché erano lontanissimi tutti gli argomenti che riguardavano il lavoro, gli impegni familiari, gli screzi e le preoccupazioni. Ero io e me la stavo cavando bene. Me la sono cavata anche a parlare in tedesco, e mica con un accademico di Berlino, bensì con strampalati austriaci dalle improbabili acconciature e basette.
Nonostante fossimo in compagnia di tedeschi e austriaci non propriamente socievoli, mi sono piaciute tante cose così "motociclistiche", tipo fare il cenno col piede o con la mano per salutarsi, sentire la fatica della strada, fermarsi a riposare in qualche posto mangereccio, perché bisogna ristorarsi un po' dopo ore di coccige compresso, fermarsi semplicemente a osservare e sentirsi vicino a ciò che vedi, senza alcuna barriera. E ti senti amico di tutti, perché tutto è a portata di mano e puoi sempre scegliere di prendere quella strada lì, anche se non sai bene dove porta.
Poi torni alla realtà, e c'è la corsa per arrivare in orario, c'è l'autobus colmo di gente arrabbiata, c'è l'ufficio con tutte le pressioni e le insoddisfazioni, la casa che pare scoppiare, e pensi alla prossima volta in cui rivedrai certi orizzonti, certe stelle, certi sorrisi, che paiono accendersi solo in situazioni così uniche e particolari.
Sono pronta a partire, aspetto solo che arrivi una nuova occasione.

venerdì 1 giugno 2012

Come riacciuffare un criceto

Avere un criceto in casa è un atto di crudeltà nei confronti di un gatto come il nostro. Ozzy è un felino con la F maiuscola ed un formidabile cacciatore, quindi vedere un piccolo roditore peloso che corre all'impazzata in una scatola trasparente è per lui  un invito a cena, della serie "basta solo trovare l'apriscatole".
Dopo un attento studio ingegneristico, venerdì sera il caro vecchio Ozzy, ha trovato il modo di aprirsi la sua simmenthal scaraventando la gabbietta giù dal mobile. Risultato? Robo il criceto si è nascosto sotto il letto della Isa.
Questo accadeva alle 23.30 ora locale.
Per farla breve, trovare un criceto nella cameretta della Isa è impossibile, vista la quantità di giochini somiglianti al criceto stesso e di anfratti impossibili da raggiungere da mano adulta.
Alla fine abbiamo optato per un rimedio assolutamente biologico e naturale: abbiamo liberato Ozzy dal bagno in modo almeno da individuare il fuggitivo.
Ozzy con una sua recente conquista
Per tre volte Ozzy ha acchiappato Robo, per tre volte il povero Robo è finito in bocca a Ozzy, uscendone sempre più ciucciato, ma vivo. Al terzo tentativo, siamo riusciti a levarlo dalle fauci del micione, senza comunque riportare un graffio, e a scovarlo rintanato nella casetta dei Mini Pony, mimetizzato dietro ad un gabinettino mignon.
Tutto ciò all' 1.30 del mattino.
Con la cameretta esplosa, luci a giorno in casa e la Isa che intanto non si era accorta di nulla.
Da questa stancante vicenda abbiamo tratto due insegnamenti: che Ozzy si conferma un cacciatore infallibile e che i criceti sono particolarmente stupidi.
Ho pensato di cambiare lavoro: farò da manager a Ozzy e con la nostra società di derattizzazione bio ecologica manderemo in fallimento tutti i concorrenti. Oggi chiamo l'Amministratore e inizio a farmi pagare la parcella arretrata.