venerdì 23 novembre 2012

Ho visto mucche felici...

Quando ho voglia di farmi un giretto in campagna, senza dover macinare chilometri e chilometri di strada, solitamente vado dalle parti di Morimondo o di Gaggiano. A guardare bene, il grigio di Milano è limitato in alcuni punti da aree verdi agricole inaspettatamente attive e popolose. Chi viene da fuori pensa che Milano sia cemento, ma in realtà la perdita della vocazione contadina è un fatto relativamente recente e a casa mia rimane ancora il ricordo della tal cascina in via Lorenteggio, con la chiesetta antica dove andavano a nascondersi i bambini, piuttosto che dei fossi con le rane in mezzo a campi di nulla. Cose di prima della guerra, cose di Milano prima del boom, cose che io non ho mai visto, ma che ho solo annusato attraverso il lessico familiare della mia infanzia. 
Qualche mese fa io e Fabio abbiamo portato la Isa in una cascina a vedere gli animali. C'erano i soliti asini un po'puzzolenti, con il ciuffo o la frangetta, i vitellini che dietro ai cancelletti aspettavano il biberon di latte, e una sfilza di mucche con gli occhi tristi, che spingevano con il muso e la testa per aprirsi un varco al di fuori del recinto, dove a terra, in una sorta di canale di scolo, c'era sparpagliato un pastone marroncino. Ci hanno fatto una pena infinita. Non solo per la fine a cui sono destinate, ma per la vita che devono condurre. Un'osservazione tra tutte, che detta da una bambina di cinque anni fa davvero effetto: perché i vitellini stanno da soli di là e prendono il biberon, quando qui ci sono le loro mamme? La gita in fattoria ha perso il connotato festoso che aveva inizialmente. Alla faccia dell'allevamento bio! Abbiamo rilevato la stessa incongruenza anche in un'altra cascina, che offre nei fine settimana delle attività didattiche per bambini. Anche questa si fregia del bollino bio, ma anche qui abbiamo notato la stessa cosa: vitellini in recinti singoli, separati dalle madri; mucche nutrite con pastoni dall'aria non propriamente naturale e chiuse in un recinto parecchio affollato. 
Tutte le volte che vedo gli animali delle cascine, mi riprometto di diventare vegetariana, ma l'abitudine, la pigrizia e la golosità, remano contro i miei ottimi propositi etici. 
Non mangio tutta la carne: non mangio conigli, cavalli, maialini, vitelli, agnelli e capretti per convinzione, e in particolare non voglio cibarmi di cuccioli. Però sono un'orribile consumatrice di genitori di cuccioli, basta che non siano al sangue.
Una sera abbiamo visto, miracolosamente in prima serata, il film Fast Food Nation (guardatelo, non è affatto male!), che per un bel po' ci ha tenuto alla larga dai vari Mac Donald's, ma poi, si sa... quando è domenica sera e non hai un cacchio in casa...o quando la bambina è invitata ad una festicciola...sì, lo ammetto, la mia etica trova delle barriere, delle scuse ben squallide...non riesce a superare lo scoglio del crispy mac bacon o del più banale panino col salame. 
Ci siamo visti anche Super Size Me, ma anche lì...un po'di astinenza e poi... eppure credo di essere una persona sensibile, che prova empatia per tutti gli esseri dell'orbe terracqueo (a parte i lumaconi in giardino e i topi che vogliono entrarmi in casa), ma, a prescindere da tutte le disquisizioni sulla salubrità o meno dei fast food e sul loro impatto socio ambientale,  è come se la bistecca che mi ritrovo nel piatto fosse un frutto che cresce in qualche cespuglio o su un albero. Periodicamente mi ci metto, ma niente da fare, alla fine cedo all'etto di Golfetta.
Il colpo di grazia per la mia labile coscienza animalista è stato leggere Se niente importa di Foer, che spiega dettagliatamente quali siano le modalità con cui vengono condotti gli allevamenti intensivi, in particolare di pollame e di maiali. Si tratta di un libro allo stesso tempo giornalistico e filosofico, che vuole dimostrare, alla luce di fatti documentati e dimostrabili, come il vegetarianesimo sia la scelta logicamente più corretta.
L'autore è convincente e fornisce anche una scappatoia per i "drogati" carnivori: se proprio non puoi fare a meno di consumare carne, almeno scegli gli allevamenti che assicurano un alto tenore di vita (sostanzialmente libero accesso al pascolo, socialità adeguata a seconda della specie e cibo non manipolato) e una buona morte al bestiame.
Ho iniziato a comprare molta meno carne per la famiglia, anche se la fettina al burro mi ha sempre risolto la cena in extremis, mannaggia. 
Non ne abbiamo bisogno. Siamo abbastanza iper nutriti e iper proteici. Purtroppo per ora l'accesso a carne di provenienza sicura, da aziende ad esempio che abbiano operato scelte etiche nei confronti dei loro capi, è piuttosto difficile, perchè il bollino del biologico non assicura che gli animali vengano realmente allevati al pascolo, o, nel caso dei polli, "a terra": quando leggiamo questa dicitura, vuol dire che gli animali possono accedere all'aria aperta perchè c'è uno spazio esterno al capnnone o alla stalla, ma non possiamo sapere di che spazio si tratti, né se siano sottoposti a trattamenti crudeli, come la recisione del becco, oppure l'estrazione dei denti (nel caso dei maiali). Anche le mucche che abbiamo visto quella domenica erano all'aria fresca, ma decisamente non a brucare l'erbetta.
Però io ho visto mucche felici e ho dovuto aspettare la bellezza di 33 anni per toccare con mano che non è possibile solo nei film o nei documentari sulla Nuova Zelanda. In Trentino Alto Adige, in Svizzera, in Austria e in Scozia, tutti paesi che abbiamo toccato per vacanza o per lavoro negli ultimi tre mesi, abbiamo visto animali liberi nei prati, sul ciglio della strada o in grandi aree verdi con bassi recinti in pietra, che più che servire a delimitare lo spazio alle bestie, erano necessari per proteggerle, ad esempio, dal vento scozzese che soffia davvero forte. In Austria i recinti dei pascoli sono fili di plastica azzurri tirati tra paletti di metallo, e le mucche brucano la loro erba ad alta quota in tutta tranquillità, scavalcano qualche fiumiciattolo, oppure riposandosi accanto ai vitelli. Tutto molto bucolico. Di certo una buona vita per questi animali. Non so che tipo di morte li attenda, ma in queste realtà si respira rispetto per il bestiame, non certo perchè gli allevatori svizzeri o scozzesi siano tutti degli attivisti della PETA, ma perchè si tratta di un investimento, anche parecchio dispendioso, ben gestito. Se campi bene tu, campo bene io. E' un patto atavico: ti assicuro protezione dai predatori, cibo e cure, tu alla fine mi darai in cambio la tua carne. 
E' una realtà meno industriale e più umana. L'allevamento che viene praticato nei dintorni di Milano, per quanto voglia darsi arie di sostenibilità, manca di questo aspetto, anche se spero di sbagliare e di essere smentita da esempi "virtuosi". Si cerca di trarre profitto da aree limitate, concentrando gli animali in spazi troppo ristretti, che non consentono una nutrizione e una situazione sanitaria adeguate, né una socialità allineata con le necessità delle bestie.
Nonostante queste mie riflessioni, rimango comunque un mostro sanguinario mangia salumi, lo so, però è già un passo porsi il problema e non subire passivamente il cibo, buttandolo nel carrello a casaccio. Voi ci pensate agli occhi tristi delle mucche quando andate a fare la spesa, o sono io ad avere le fisse?


giovedì 20 settembre 2012

Seggiovie, funivie e marmotte: com'è andata a finire.

So che ardete dalla voglia di sapere se alla fine sono riuscita a piantare una delle mie solite figure di palta e che mi credete rinchiusa in qualche prigione austriaca, vista la mia lunga assenza da questo blog...beh, pettegoli, riponete le vostre speranze: sono tornata sana e salva, non ho fatto pessime figure e sono ancora persona gradita alle autorità locali. 
Sono partita un po' prevenuta nei confronti di questa prima vacanza montana e sono lieta di aver cambiato idea: la montagna è piena di cose da fare, anche se sei una neofita come la sottoscritta. La prima parte della settimana è stata baciata da un sole eccezionalmente caldo, così abbiamo deciso di fare l'abbonamento al sistema di funivie locali che in estate ti portano fino in Svizzera (in inverno la rete funziona a pieno regime ed è veramente estesa). 
Secondo i 120 abitanti di Ischgl (tutti albergatori multifunzione, visto che sono anche insegnanti di sci, guide turistiche moto e bicimunite, cuochi perfetti), se non fai la Silvretta Card sei uno stronzo. Questo è anche quello che pensa la sbalordita signorina dell'ufficio del turismo, che ci tratta da deficienti perché le parliamo in inglese. I tirolesi ti guardano con sospetto se parli l'idioma della perfida Albione, mentre sono molto più gentili e conviviali appena farfugli qualcosa nella loro lingua. Decido che vale la pena mettere alla prova il mio tedesco e devo dire che me la sono cavata, anche se la mia insegnante avrebbe rabbrividito a sentire tutti i verbi messi a casaccio nella frase. 
Ammortizzare il costo della Silvretta Card è stato un ottimo incentivo per muoverci. Abbiamo preso tutta una serie di aggeggi appesi a cavi d'acciaio: dalla funivia alla seggiovia a tre posti, a quella a cinque posti, fino ad una enorme funivia a due piani (che però porta ad una triste località svizzera duty free). I paesaggi sono ovviamente splendidi e guardando in basso puoi vedere anche qualche tasso o marmotta nei prati bucherellati dalle tane. Ci abbiamo provato col trekking, ma i risultati sono stati un po' scarsi. Sul confine tra Austria e Svizzera  abbiamo tentato una  discesa a piedi verso un lago, il livello però non era alla nostra portata:  sentiero con terreno difficile tra le rocce e con una pendenza esagerata; a farci sentire definitivamente degli inetti ci hanno pensato famigliole biondissime con bimbi cinquenni al seguito, che si lanciavano bardati da cross con le loro mountain bike nelle discese ripidissime e sassose della Silvretta Arena, praticamente il paradiso di tutti gli appassionati di bicicletta che non vedono l'ora di spaccarsi qualcosa in qualche crepaccio.

Abbiamo optato per qualche passeggiata blanda ad altitudini meno elevate e abbiamo scoperto che ad esempio intorno ad un lago puoi trovare un piccolo parco acquatico per bambini, con zattera per giocare ai pirati, grotte in cui nascondersi, fontanelle per rinfrescare i piedi provati dagli scarponcini, il tutto senza custode, ben tenuto, curato e soprattutto frequentato con rispetto dalle persone. A Milano avremmo trovato la fune della zattera tagliata, la grotta con le pareti piene di scritte e disegnetti di organi genitali maschili, la griglia presa d'assalto da orde vocianti. Invece lì tutto tranquillo. Idem nella zona per bambini di Ischgl, dove una ragazza che non arrivava a vent'anni sorvegliava un grande spiazzo con tappeti elastici, motorette a gettone, un gonfiabile per bambini. Tutto gratis. E al tavolino del ping pong c'erano tutte le palline, gli skateboard venivano riposti in ordine dopo l'uso in una scatola e nessuno si sognava di fregarsi queste cose! In questo vedi la differenza con l'Italia... 

Fabio si è fatto qualche giretto con la moto a noleggio, confermando l'impressione che anche i motociclisti qui ne hanno di cose da fare, visto l'ottimo manto stradale, il mix di curve e il panorama.
Quando però arriva il brutto tempo, con la Silvretta Card puoi fare ben poco: beh, questo ovviamente valeva per noi, visto che, nonostante i nuvoloni bassi che circondavano il paese, abbiamo comunque visto coppie di qualsiasi età andare a camminare nei boschi. 
Non eravamo pronti a tanto, così evitando accuratamente i musei di cultura contadina che pullulano in tutta la valle,  abbiamo cercato sulla guida qualche città da visitare.
Poco distante da Ischgl c'è la cittadina di Landeck, che pare immeritatamente bistrattata da tutti i turisti. Proviamo ad andarci, visitiamo il castello e lì ci cucchiamo, nostro malgrado, uno dei terribili musei di cultura contadina di cui sopra. 
Questo è organizzato molto bene, perché ha anche una piccola caccia al tesoro per rendere più interessante il percorso ai bambini: il vero problema è che questa cultura contadina è di una tristezza epocale, altrochè Dolce Remì! 
Il depliant per bambini racconta di povertà, di bambini costretti ad andare a lavorare in Germania nei mesi estivi e che a volte morivano sui passi di montagna (i cosiddetti Schwabenkinder), di nomadi locali, dei Karrner, perseguitati e trucidati dai nazisti dietro segnalazione della brava gente tirolese. Il tutto condito da Madonne con petto sanguinante e corona di teschi umani. Diciamo che è stata una visita difficile, con molte, colpevoli, omissioni da parte mia. 
Allontanandoci di un centinaio di chilometri da Ischgl, abbiamo visitato Innsbruck, bellissima città con una scenografia naturale da favola, punteggiata dall'oro degli edifici storici di Maria Teresa, che patisce però l'eccessivo turismo dall'Italia portandone tutti i segni, tra cui pacchiani negozi di souvenir con completini tirolesi made in P.R.C. e marmotte parlanti.
Consiglio invece la cittadina medievale di Halle In Tirol, con il museo secchionissimo della zecca.
La gita più bella è stata a Bregenz, la capitale del Voralberg, che sorge sul lago di Costanza. Di solito il lago con il brutto tempo è un po'triste, no? Ecco, forse per chi è abituato a non molti giorni caldi all'anno, le cose stanno diversamente. Lungolago gremito di persone, bancarelle dove comprare tante specialità da mangiare, ma soprattutto una sfilza di barchette elettriche gialle e rosse da noleggiare a prezzo abbordabilissimo per fare un giro sul lago. Ma perché dalle nostre parti non se ne vedono? Beh, tanto per cominciare, se ci fossero costerebbero un botto sicuramente, e poi i ragazzini ci farebbero i soliti disegnini sconci.
Beh, in soldoni, sono felice di aver cambiato idea sulla montagna, sono stata bene: è stata una delle migliori vacanze che abbia mai fatto. Però, come sempre mi accade quando torno da un paese di lingua tedesca, adesso mi è venuta voglia di fare il cervello (A.B.Normal) in fuga. E tutto per delle barchette rosse e gialle.

lunedì 20 agosto 2012

Arrivo a destinazione

Eccoci di nuovo a Ischgl. Il viaggio è stato meno avventuroso questa volta, visto che ci siamo fatti prestare il navigatore e i nomi dei paesi ci risultavano già familiari. La Isa si conferma passeggera da 10 e lode: non un capriccio, vescica salda e vomitata rituale solo a destinazione e pure dentro a un tombino.
Nei pressi dell'albergo ho avuto il mio momento di cedimento: e adesso che cacchio facciamo? Vedevo solo donne di mezza età equipaggiatissime per la montagna tornare dall'escursione, uomini corpulenti a bordo di Honda Goldwing con improbabili carrellini al seguito,contenenti chissà cosa. E noi cosa ci facciamo qui? Siamo arrivati in albergo, dove ci ha accolto Claudia Schiffer in salsa tirolese (anche la casellante lungo la strada pareva uscita da una pubblicità... Peccato il piglio perentorio e accigliato con cui ti chiede gli 8 euro e 50 del pedaggio) e siamo andati nella camera, che abbiamo scoperto essere grande quasi come casa nostra.
Panico.
Ci sono asciugamani ed accappatoi sufficienti per una famiglia di 8 persone,c'è pure una borsa già pronta per il centro benessere e il sapone non è di quelli viscidi degli alberghi da poco...
Il panico cresce.
Sento che qui ci scappa la figura barbina, tipo che porto la bambina in piscina, facciamo troppo casino e ci cacciano. Oppure vado con le mie infradito del mercato, che quindi non sono a norma, e mi cacciano. Insomma, mi prefiguro situazioni in cui ogni ragione è buona per cacciarmi con biasimo... Forse è la sindrome da italiano all'estero in paese civile popolato da persone bionde, educate e belle.
Decidiamo di fare quattro passi: c'e poca gente in giro, anche se probabilmente il motivo è che qui dopo le 5 spariscono tutti a preparare la cena. Poi sentiamo della musica e ci imbattiamo nella festa della Croce Rossa locale, dove buona parte dello staff e degli avventori indossa il costume tipico. Un gruppo suona, la gente è alticcia e batte le mani. Passano piatti con torte che paiono frittelle enormi con una grossa ferita di marmellata rossa. Passa la macchina della Polizei e un tizio li manda a cagare così, gratuitamente, e io e Fabio subito pensiamo ai poliziotti del film Kops, che si devono inventare reati per tenere aperta la centrale di polizia nel paesino troppo tranquillo e a corto di manigoldi. Ci prendiamo una media e ci mettiamo a guardare. La Isa batte le mani ed è contenta. Guarda i ragazzi al tavolo di fronte vestiti da tirolesi e ci chiede un vestito così per il gatto e il criceto.
La birra a stomaco vuoto inizia ad entrare in circolo e l'ansia via via scema. Viene anche a me da ridere e da battere le mani; prometto alla Isa che troveremo dei costumi per Ozzy e Robo: al limite spoglieremo qualche orrendo peluche a forma di marmotta tirolese.
Il prato è verde, il cielo è azzurro, il sole tra un po' se ne andrà. Secondo me ce la posso fare a non farmi cacciare.

domenica 19 agosto 2012

Affrontare la montagna

Mai fatte vacanze in montagna. Ci sono stata in gita con la scuola media, due volte, e sarà per questo che l'associazione di idee vacanza- montagna mi riesce difficile.
Quest'anno però Fabio ha ricevuto un invito dall'Ufficio del Turismo del Paznaun per un articolo di turismo (no, non è una località pugliese, è una valle austriaca!) e quindi abbiamo deciso di unire l'utile al dilettevole e di trascorrere lì un'ultima settimana di vacanza prima del fatidico rientro al lavoro.
Torneremo a Ischgl, dove siamo già stati in moto a giugno (vedi post).
Quando si tratta di vacanza al mare, fare la valigia per me è un attimo, anche se l'ingombro dei bagagli cresce in maniera incontrollata: provate voi a farci stare un materassino, i braccioli, secchielli e palette in un'unica valigia! E il corredo del gatto? La lettiera, il sacchetto di sabbia, il cibo comprato con lo sconto con settimane di anticipo, perché non vuoi farti pelare nel negozietto locale, che tanto non ha mai la marca che mangia Ozzy? Per questa settimana invece abbiamo deciso che dobbiamo stare nella misura aurea delle tre borse: un piccolo trolley, una valigetta a mano e un porta casco convertito a porta scarpe. Questa è la dotazione di valigie, rigorosamente spaiate e tutte diverse, che abbiamo a disposizione a casa nostra. Il resto andrebbe in sacchetti più o meno discreti, ma, visto che non ci sono materassini di mezzo e il micio rimarrà a casa per riprendersi dallo stress di due settimane confinato in appartamento, non ci sono scuse. 
Il fatto è che non ho la più pallida idea di cosa metterci in quelle stramaledette valigie! Se guardi le previsioni del tempo, la temperatura varia da 12 a 29 gradi, quindi vuol dire che puoi aver bisogno di tutto, dal pile al costume da bagno! E quindi? Stamattina ho cercato di trarre ispirazione del settore "escursionismo" del Decathlon di Bollate, ma anche lì...ogni prodotto ha una foto per mostrarti quali sono le sue condizioni ideali di utilizzo, ma se tu non sai cosa ti aspetta, come fai a scegliere? Fabio ha escluso che faremo come quelle famigliole baldanzose del settore "campeggio", tanto meno ci serviranno scarponi e bacchette del settore "escursionismo", scordiamoci lo sguardo avventuroso del settore "montagna". 
Mi arrendo. Le nostre normali scarpe da tennis? Ma se poi ci facciamo male alle caviglie su qualche sentiero? E se poi viene a piovere? E se fa troppo caldo e noi siamo troppo coperti? E se fa troppo freddo e noi siamo troppo scoperti? 
Il rischio di sembrare Totò e Peppino appena arrivati alla Stazione Centrale di Milano è tangibile.
Ok, calma e gesso, un bel respirone e vediamo di essere pratici. Raccogliamo le idee e acquistiamo qualche capo che sembra intelligente, di quelli che lavi la sera e la mattina sono belli asciutti e in ordine anche senza stirarli.
A casa la valigia non è più un problema: sistemo le solite magliette, i soliti pantaloni...il nostro non è un guardaroba da sciantosi, anzi...
Però aspetta, controlliamo se c'è la piscina nell'albergo...come ti hanno detto che si chiama? Andiamo a vedere il sito e i giudizi su Tripadvisor e lì lentamente l'agitazione si impossessa delle mie stanche membra sudate (oggi a Milano 40 gradi belli freschi...). 
E' un 4 stelle. 
Cazzo.
Ma allora la sera bisogna andare a cena tutti tirati a lucido...e noi siamo in versione Yeti, Big Foot! E adesso? Mi ritornano le ansie da tallone screpolato che mi erano venute tra le sciure in vacanza ad  Alassio, il disagio da scarpa da tennis consunta tra i tacchi 12, il male di vivere da maglietta dell' H&M a 4 euro nel marasma dei vestitini di seta griffati che valgono un mese del mio stipendio. 
Va bene, torniamo con i piedi per terra. Chi se ne frega. E' mai stato un problema? E' una vita che sono fuori luogo.
Aggiungo un paio di robette che non si stropicciano, cerco di piegare meglio che posso due camicie di Fabio. La Isa è a posto, perché finché è piccola posso far stare in valigia abiti per tutte e quattro le stagioni di ogni fascia climatica a disposizione sul globo terracqueo. 
Voglio tener fede alla mia promessa iniziale: tre borse piccole, non si sgarra. 
Adesso vediamo se si chiudono.


martedì 14 agosto 2012

A caccia di stelle

Lo so, lo so... è una convenzione, ma io la notte di S.Lorenzo se non vedo una stella cadente un po' ci rimango male. Ci rimango ancora peggio se il tempo è nuvoloso, oppure se sono in un luogo dove le troppe luci impediscono di osservare il cielo, perché penso che, mannaggia, sicuramente avrei visto stelle a bizzeffe. Alassio sicuramente non è il posto migliore per piazzare il telescopio: neon a volontà, illuminazione non propriamente discreta, a volte fasci luminosi che si proiettano verso Marte, forse per comunicare con gli extraterrestri...Bisognerebbe andare sulle alture a ridosso della costa, ma se sposti l'auto rischi di girare a vuoto fino a tarda notte, per trovare poi un posteggio rocambolesco a rischio di fiancata su qualche salita lontanissima.
Abbiamo quindi evitato scampampagnate tra amici cinghiali e abbiamo deciso di fare una passeggiata verso il molo.
Pensavo che le spiagge di sera fossero piene di ragazzini pomicioni e di combriccole cannaiole e invece mi sa che da queste parti sono tutti troppo concentrati a farsi vedere in giro in tiro e nessuno arriva al sodo!
Nella piazza principale c'era un DJ che sulla base del "Pulcino Pio" (mi rifiuto categoricamente di mettervi il link alla canzone, vi preferisco ignoranti su questo argomento) faceva ballare persone dai 3 ai 70 anni. Palco illuminato a giorno ovviamente. Intorno stabilimenti chiusi già dalle 19 e accesso alle spiagge praticamente impossibile, vista la presenza di cancelletti tra le cabine. Esistono solo un paio di angolini liberi, ma sono angusti e in punti molto scomodi.

Probabilmente è anche vietato rimanere in spiaggia oltre l'orario di chiusura, ci saranno vigili sub che emergono dalle acque e danno multe ai temibili usurpatori di sedie sdraio, mah.
Comunque, sfidando la legge, io e Fabio ci siamo lasciati alle spalle la discoteca a cielo aperto, le signore ingioiellate e i ragazzini con i portafogli a fisarmonica farciti dal papi, e siamo andati sulla battigia verso il porto.
Improvvisamente la musica molesta si è attutita fino a diventare appena percettibile: voci di persone impegnate in chiacchiere discrete, risate di ragazzi seduti ad un tavolino, un gruppo musicale che suona musica un po' surf col cantante che, poverino, si impegna, ma è proprio stonato. C'erano due sdraio spostate fino quasi alla riva del mare che sembravano quasi chiamarci e lí ci siamo seduti a guardare il cielo, pensando a ipotetici viaggi agli estremi opposti della Terra, raccontando desideri impossibili, con in sottofondo solo il rumore dell'acqua che si arrotolava ai nostri piedi.
A questo serve forse la notte di S.Lorenzo, a ricordarsi di guardare il cielo e fare progetti con chi ami, sperando che si avverino, esattamente come facevi a 18anni e come speri che sarai ancora in grado di fare a 80.
Stelle cadenti non ne abbiamo viste e anche per quest'anno i desideri non si avvereranno, ma almeno ci abbiamo provato.

lunedì 13 agosto 2012

Sul Muretto di Alassio....

"Sul muretto di Alassio tu trovi gli snob, c'è la Cicci, la Mary ed il Bob..."
Così recita una canzoncina degli anni Cinquanta che celebra la Dolce Vita in miniatura di Alassio, cittadina in provincia di Savona, dove stiamo passando una settimana da vacanza.
Fabio ha vissuto qui da bambino, ha qualche zia che abita qui e quindi ci veniamo almeno una volta all'anno. 
E regolarmente un po' ci pentiamo.
Solitamente stiamo in un agriturismo nell'entroterra di Albenga, tranquillo, lontano dal casino e con ottima cucina, ma in questo caso abbiamo approfittato dell'appartamento preso in affitto dai suoceri, che purtroppo è proprio di fronte al celeberrimo Muretto e sopra un'istituzione locale: il Bar Roma. Qui si sbronzava Hemingway, cinguettava il Quartetto Cetra e Marisa Allasio faceva girare la testa ai ricchi torinesi in villeggiatura. 
Roba d'altri tempi, roba da paparazzi.
Davvero, come recita la canzoncina, un posto pieno di snob, personaggi famosi anche di un certo calibro e signorine col nasino all'insù della ricca borghesia piemontese. 
Se uno non ha genitori un po'anziani e non guarda quei tremendi contenitori di spezzoni televisivi d'antan del dopo Tg1, come nel mio caso, probabilmente non ha la più pallida idea di cosa stia dicendo (per gli intenditori, il riferimento alla Signorina Snob di Franca Valeri è d'obbligo!).
Comunque, gli anni della Dolce Vita sono ormai sepolti, tante cose sono cambiate anche qui, e ne sono testimonianza le centinaia di piastrelline di ceramica che decorano il muretto, con le firme di celebrità: siamo passati dagli autografi di Hemingway e di Luois Armstrong a quelli di Maria Teresa Ruta e di Davide Mengacci... direi un pregnante segno dei tempi.
Beh, se poi pensate che l'evento clou della settimana di ferragosto è uno spettacolo di Paolo Limiti & friends...insomma,non esiste la mezza misura!
C'è un miscuglio di musica lounge ad altissimo volume, una grande ostentazione di abiti da passerella, di cosce tornite, di capelli freschi di parrucchiere, di zeppe costose, di passeggini gemellari e di Rolex. Ci sarebbe da fare un trattato di antropologia guardando la gente che passa per lo struscio serale, ma non trovo le parole... mi mancano! So solo che dopo una settimana qui, mi sento profondamente a disagio perché ho i talloni screpolati e ho portato in valigia capi d'abbigliamento sotto i 9,90€.



giovedì 26 luglio 2012

Tipi diversi

Chi prende abitualmente i mezzi pubblici a Milano sa bene che si possono fare incontri di ogni tipo: l'utenza varia a seconda delle zone toccate dalla linea tramviaria e ci puoi trovare la sciura con i guantini bianchi e la donnona con i gambaletti scesi, l'avvocato in completo elegante e il vecchietto in canottiera, bambini della scuola tedesca con il panierino in vimini e ragazzini sporchi che si dondolano appesi ai sostegni.
C'è un po'di tutto.
A volte sono arrabbiata, di corsa, nervosa, e allora gli altri mi danno fastidio, con i loro odori molesti, il profumo troppo forte o l'allergia congenita alla saponetta; altre volte invece, magari sono in vena di osservare, di scambiare un sorriso solidale con chi affronta con me il calvario di un ingorgo o dei lavori in corso. Semplicemente passo il tempo guardando i miei compagni di viaggio, spiando la copertina del libro che stanno leggendo (ma con gli e-book posso curiosare ben poco!), ipotizzando il perché di una telefonata dai toni così accesi, il motivo di una lacrima o di un sorriso abbozzato, la destinazione di quel viaggio in base all'abbigliamento o al contenuto di un sacchetto semirovesciato. Sui mezzi pubblici a Milano c'è una carrellata così vasta di varia umanità, che sarebbe impossibile farne un catalogo...
Nel giro di 24 ore ho fatto due incontri che mi hanno fatto distogliere dai miei pensieri e dalle mie letture... indovinate quale mi ha colpito di più.

Lui/lei
Il tram 31 arriva fino a Cinisello. Eleonora mi aspetta al limite della tariffa urbana, una roba che detta così ha del mitologico. Dobbiamo andare al concerto di Elio e le Storie Tese, ma non so se ci arriveremo, visto che grandina, tira vento e il cielo è un'unica nuvola scura. Mi si stanno asciugando addosso i vestiti bagnati dalla pioggia appena presa alla fermata, dove ovviamente non c'era la pensilina: c'è l'aria condizionata sparata al massimo, spero che non mi venga il raffreddore. Dietro di me sento distrattamente una voce maschile stridula, con la erre moscia e un lieve balbettio: cerca di convincere altri passeggeri a prendere i suoi depliant con la programmazione del Carroponte, un posto dove a Milano in estate fanno parecchi concerti interessanti. E' insistente, attacca bottone con tutti. Io non sto guardando, sono girata di spalle e sono alle prese col cellulare perché concordare con Eleonora dove ci troveremo.
Ad un certo punto sento questa stessa voce dire: "Ti piace il mio vestito blu? Hai visto come sono carina?". Mi giro. Dietro di me c'è un uomo sulla quarantina, alto e corpulento. E' semplicemente un uomo vestito da donna, senza innesti sintetici, senza chirurgia. E' un uomo grande e grosso con tanto trucco sul viso rosa e celeste, degli orecchini pendenti vistosi, un cerchietto bianco col fiocco e un tailleur azzurro di quelli che potresti vedere addosso ad una hostess. Chiede a due ragazzi, birra in mano, se la trovano carina e loro le rispondono che sì, è molto carina. Ma non ridono. Non lo prendono in giro. Non sono nemmeno particolarmente disorientati. Rispondono e basta, alzando un po' la voce.
A una vecchietta chiede se le piace la sua borsa, e la signora le dice con gentilezza che è davvero bella la sua borsa e che è proprio elegante. "Lo so, me l'ha detto anche mia mamma quando sono uscita, prima".
Prende una boccetta di vetro e inizia a spruzzarsi con gesto composto e continuo, da brava signorina. Io sono dietro, mi sento soffocare dall'odore troppo dolce e mi alzo, anche per evitare di essere involontaria beneficiaria di tanto dispendio di profumo. E la osservo per bene questa signorina fine con un improbabile corpo grande e sgraziato, la voce troppo squillante e da osteria, la mente posata su chissà quale pianeta, che si prodiga ad invitare tutti al Carroponte, perché lì ci si diverte e puoi anche trovare nuovi amici.
Le persone guardano, non si scompongono.
Devo scendere e lei mi si avvicina: "Hai visto che belle le mie scarpe azzurre? Le ho comprate al centro commerciale e le ho pagate solo 10 euro... anche le tue scarpe sono belle, sono verdi e ame piace il verde, ma preferisco l'azzurro. Senti, sono carina con questo vestito?". Io le ho risposto che stava proprio bene. L'ho pensato davvero e mi sono immaginata sua mamma che le aggiusta la giacca e le dà una carezza prima di uscire.

Lui e Lei 

Pomeriggio torrido di lavori in corso sulla linea della 90. Sto tornando a casa dal lavoro e mi sembra di impiegarci un secolo. La filovia fa la sua fermata davanti ad una di quelle palestre un po' sciccose, con la sauna e il bar interno che ti serve solo centrifugati di carota e poco altro, rigorosamente liquido perchè così lo pisci via un attimo dopo e non assimili. Salgono un ragazzo e una ragazza: hanno una ventina d'anni, sono snelli e muscolosi, ma non troppo, il giusto. Lui ha un ciuffo prepotente, occhiali costosi e una canottiera per evidenziare il pettorale, che in realtà è in costruzione, poveretto. Lei è bella, ha i capelli da pubblicità, un top striminzito che le arriva sotto al seno da coppa di champagne e i calzoncini molto corti. Lui la abbraccia da dietro, mentre la filovia si rimette in marcia a fatica. Una vecchietta guarda e disapprova. Il marito apprezza e fa la faccia soddisfatta guardando l'ombelico della ragazza. Lei si appende al collo del ragazzo e lo bacia. Plateale.
Stanno facendo il loro show, sono i giovani belli e ribelli  con i soldi di papino, che con arroganza squadrano dall'alto in basso noi travét della vita, perché loro non saranno mai come noi sfigati perdenti.
Lei ha delle grosse cuffie rosa che probabilmente le stanno facendo le orecchie alla coque, una vera bestemmia per chi, come me, ha visto l'avvento degli auricolari come la liberazione dalla spugnetta sintetica che fa sudare i lobi e si incastra negli orecchini, dal cerchietto di plastica che si rammollisce alla prima corsetta e ti cala sugli occhi; lui invece ha degli auricolari bianchi, il cui filo si perde nella tasca dei pantaloni col cavallo alle ginocchia.
Non si parlano e ognuno ascolta la sua musica.
Io penso solo "Quattro sberle, idioti..." Il viso dell'altra sfigata perdente di fronte a me pensa lo stesso. E  ci sorridiamo.