domenica 26 febbraio 2012

Temperatura percepita

C'è chi dice che non esistono più le mezze stagioni. Per quanto mi riguarda ci sono e godono di ottima salute, solo che io le faccio cominciare non con gli equinozi, ma quando decido che è ora di tirare fuori la giacchetta di jeans o le ballerine chiare.
La cosa mi crea qualche problema, perché a settembre, anche se ci sono 30 gradi e un tasso di umidità tropicale, se decreto che ormai l'estate è finita, inizio a vestirmi come se fosse tempo di caldarroste, con risultati abbastanza immaginabili.
Da ieri ho deciso che è primavera. Basta. Inutile che mi diciate che all'ombra fa ancora un bel freschino: ho messo via i maglioni ed è iniziata la stagione della semina e dei travasi.
Siamo fortunati: il nostro appartamento è al piano terra e abbiamo un piccolo giardino tutto nostro. Quando ci siamo trasferiti, era peggio della selva oscura dantesca e ci è costato abbastanza sistemare le siepi, veramente alte e ingombranti. Ormai viviamo qui da poco meno di cinque anni e ogni primavera mi adopero per realizzare il mio progetto di eden cittadino con scarsi risultati, visto che mi faccio prendere la mano: semino e pianto vegetali di ogni tipo, di cui, da un anno all'altro, rimane ben poco. 
Un po', diciamolo cribbio, è colpa dei gatti che vengono a fare bisboccia proprio tra le mie rose, schiacciando anche tutti i germogli delle bordure, un po' ci si mettono anche le lumache, che di mattina, seguendo le loro piste argentate, mi fanno trovare foglie e fiori delle gerbere rosse smangiucchiati. E poi c'è la mia entusiastica imperizia, il mio cedere alla bellezza di una tinta o di una forma, il mio eccesso di acqua, che crea pozzanghere melmose, da cui nascono un bel po' di zanzare per la gioia del circondario tutto. 
Senza contare la quantità imbarazzante di mozziconi, polvere, avanzi di pranzi e cena, che mi piovono dai piani più alti, e che tento ogni giorno di raccogliere con i guanti di gomma.

Il risultato alla fine è un verde disorganizzato, ben lontano dal giardino romantico, quello finto selvatico, che tanto mi piacerebbe realizzare.

La giornata calda e assolata di sabato dunque ha fatto scattare il mio orologio del letargo. La prima vittima è stata una camelia al supermercato: vuoi non prenderla? Resiste fino a - 20°... visti i rigori appena patiti probabilmente sopravviverà fino alla prossima stagione. E oggi giretto al vivaio dietro casa,  per rilassarmi dopo un infinito e devastante pranzo genitori + suoceri: anche la Isa ha il pollice verdognolo come me e la stessa compulsività nel riempire il cestino di vasetti e piantine, quindi andare insieme in questi posti può risultare pericoloso. 
Per ora, a parte i soliti cactus, che ci ricordano le vacanze nel nostro agriturismo preferito, ci siamo portate a casa un ranuncolone arancione dalla fine praticamente segnata (già me lo immagino rinsecchito con i primi caldi), e una serie di bustine di semi.
A parte violette, margherite e un misto fiorito, quest'anno ci siamo date, su sua richiesta, alle verdure: ho cercato di indirizzarla su un paio di varietà, anche perché non è che abbiamo tanto spazio, ma niente da fare. Potenzialmente, con tutti i semi comprati, potremmo coltivare un orto di 100 mq, con lattuga, carote, zucchine, pomodori, zucche, prezzemolo e basilico: se concimo un po' magari il nostro ulivino spelacchiato potrebbe anche farci qualche oliva per l'insalata... beh, calma...qui stiamo sconfinando nella fantascienza. Se va bene, alla fine, riuscirò giusto a cucinare il sugo (in lattina) col mio basilico e a condire il pesce con il prezzemolo.

giovedì 23 febbraio 2012

La casa nell' albero

Crazy House, Vietnam
Il figlio ventenne di una mia collega ha preso armi e bagagli e si è trasferito in Australia. Ha lavorato per un anno come data entry, ha guadagnato più di quanto possiamo immaginarci qui con un contratto precario come il suo, e poi ha iniziato a spendere i suoi guadagni viaggiando per tutto il sud- est asiatico. Ovviamente ogni giorno vengo dettagliatamente aggiornata sulla geografia dei luoghi, attività principali, attrazioni turistiche e naturalistiche, il tutto condito con parecchie fotografie, contraddistinte tutte dal blu cristallino del mare e da una vegetazione selvaggia e brillante.
L'altro giorno, mi è passata sotto al naso la foto di un albergo situato in Vietnam, a Dà Lat, che si chiama Crazy House. E' una costruzione di cinque piani inaugurata negli anni 90, a quanto ho capito sponsorizzato ampiamente dalla figlia del presidente Vietnamita ed edificata in barba a qualsiasi regolamento o norma edilizia locale.
L'aspetto è quello di un gigantesco albero, con radici nodose che avviluppano le strutture, e ogni forma, di ambienti, mobili e spazi, ricorda elementi organici e della natura. Tutto questo scopiazzare dalla natura, mi ha fatto venire in mente il caro vecchio Gaudì e il museo della Sagrada Familia, dove sono conservati i disegni e i progetti, con grandi pannelli esplicativi che accostano le scale a chiocciola alla sezione del nautilus, le volte alla pietra e ai rami...insomma, tante informazioni che ti fanno dire "caaaavolo"! Ovviamente tra Gaudì e l'architetto Vietnamita ce ne passa e se avete qualche curiosità in merito a costruzioni eccentriche, potete dare un'occhiata al sito unusual-architecture.com, dove c'è un favoloso inventario a cui attingere, nel caso in cui abbiate intenzione di fare un restyling alla vostra magione (io vorrei vivere nella casa a forma di teiera, ma dubito che il condominio mi dia il permesso di apportare modifiche così evidenti allo stabile).
Parc Guell
Quando ero ragazzina, andavo in vacanza con la mia famiglia in Liguria, in un ridente paesino microscopico nella prima collina a pochissimi chilometri dal mare. Nel fine settimana io e i miei amici autoctoni, da bravi snob, non andavamo in spiaggia, ma a fare massacranti gite a piedi sui monti circostanti. Dietro la chiesa del paese iniziava un sentiero, che ti permetteva di fare un bel giro panoramico e di essere di ritorno a casa senza rovi conficcati negli stinchi; inoltre costituiva un'ottima occasione per andare a curiosare in giro...insomma, invadere la proprietà privata altrui con la scusa che ti eri perso. La meta principe era la "casa del dentista", sulla quale aleggiavano orrorifiche leggende, credo confezionate per spaventare la sottoscritta, la più piccola del gruppo. Poco distante da questa villetta, sorgeva una depandance, nascosta dagli alberi: probabilmente l'unico esempio di modernismo ligure. Pare che qui negli anni 60 il famigerato dentista facesse un sacco di feste, ipotesi confermata dal bancone da bar ricavato da un tronco d'albero, che sorgeva nella saletta circolare; le pareti erano tappezzate di mosaici con animali dai colori molto brillanti e accesi e c'erano alcune panche ricavare dalla pietra. Peccato ci fossero parecchie infiltrazioni e tutto giacesse nell'abbandono. La sosta qui durava ben poco, perchè la casa padronale aveva ampie vetrate, dalle quali immaginavamo che il crudele dentista ci stesse osservando, pronto a torturarci col trapano, quindi ho ricordi non precisissimi. Trattandosi poi di preistoria tecnologica, non posso contare su foto scattate col cellulare o con la digitale...in una situazione così pensi solo a curiosare con quel filo gelido di paura lungo la schiena, e non hai certo il tempo di calcolare l'esposizione della macchina fotografica! Caso vuole che questa costruzione fosse stata ribattezzata "la casa del matto"... crazy house in Vietnam...beh, ben vengano questi folli, che ci ricordano che è possibile costruire non solamente alveari tristi.

mercoledì 22 febbraio 2012

Ritratti

La Magnani più era sciupata e più era bella...
Io vengo malissimo in foto e non mi piace farmi fotografare perchè: 
a) mi si vede il doppio mento; 
b) ho un perenne sguardo vacuo; 
c) sorrido e quindi mi viene il naso cadente.
Il tema di oggi del February Photo a Day Challenge, di cui ho parlato qualche tempo fa, era "a fave photo of you"... la cosa mi ha messo un po' in crisi perché di solito le foto in cui compaio non mi soddisfano. Soprattutto, mi si vede molto raramente, visto che sono io a fare le foto agli altri, anche se con risultati alterni. 
Ho fatto una rapida rassegna delle fotografie in cui compaio anch'io, scartando tutte quelle in cui sono venuta proprio male, poi ho notato che spesso l'immagine mi faceva ricordare qualche preoccupazione: momenti sì felici, ma legati magari a qualche fatto spiacevole accaduto appena prima o appena dopo. 
Purtroppo nelle foto scattate quando è nata la Isa, momento felice in assoluto, ho la carnagione verde, sono gonfia e indosso un'orrenda vestaglia a fiori rosa, comprata durante qualche attacco di ipoglicemia. Si nota decisamente la differenza con le copertine patinate in cui compare una qualche puerpera celebre a letto, rosea e rilassata, circondata da fiori e con il pupo in braccio.

Andando a ritroso, alla fine ho scelto una fotografia che mi ritrae insieme alla mia prozia, facente veci di nonna, di ritorno dall'asilo: lei fiera della nipotina, io con la mia solita espressione da deportata, ma nel cuore, questo è certo, felice di quella mano rassicurante che mi stava tenendo stretta a sé, a indicare quasi una proprietà..."sei mia e ci penso io". Non collego preoccupazioni o tristezze a questa immagine: lì sono bambina e mi viene solo in mente che probabilmente ero appena passata davanti alla cartoleria Cova, avevo fatto la radiografia a ogni giocattolo in vetrina e stavo per andare a comprare la merenda. Ero con una persona che mi voleva bene e che mi faceva stare bene. Tutto qui. 
Quindi questa è una delle mie foto preferita in cui compaio, mi sembra di avere le mie buone ragioni.
A proposito di fotografia, se potessi mi piacerebbe vedere i ritratti di un vero fotografo come Doisneau, di cui si sta tenendo in questi giorni una mostra a Parigi: mi piacciono le sue strade, le facce, le persone, e non mi importa se il celebre Bacio è un falso. L'esposizione chiuderà i battenti il 28 aprile, proprio il giorno del nostro anniversario...sarò ripetitiva, ma a buon intenditore, poche parole!


domenica 19 febbraio 2012

Rituali sanremesi


Ieri sera siamo stati alzati fino a tardi a vederci il Festival, cosa che personalmente non facevo dal 1992.
Forse Fabio non ha mai contemplato di trascorrere così un sabato sera, ma eravamo in compagnia di amici, quindi la serata non è stato troppo pesante.

Non ho sentito tutte le canzoni, non ci ho capito un granché, a parte il fatto che Celentano ha fatto consueti pistolotti, di cui mi risulta difficile rimanere stupita, una soubrettina ha mostrato porzioni generose di pudenda, e hanno detto parecchie parolacce, forse per far risultare molto  e pietosamente "giovane" il prodotto finale.
Nei fatti ho seguito la serata di ieri e quella con i duetti "internazionali", dove Noa ha dimostrato a tutti come si canta e come si "tiene" il palco... io sono di parte, adoro Noa e la sua voce! 
Comunque ognuno tifa per chi vuole a San Remo, ho appena scoperto che a mia mamma piaceva la canzone di D'Alessio e Berté, quindi sto meditando di farmi adottare, a me non dispiaceva la canzone di Noemi, la mia amica Anna apprezza Nina Zilli, di cui non ho ascoltato il brano... Nina Zilli...se io mi chiamassi così, avrei già meditato di cambiare le mie generalità, ma una come lei può permettersi il nome più da nonna del mondo senza perdere il proprio grintosissimo sex appeal. Ho fatto una considerazione analoga vedendo una Dolores O'Riordan un po' appesantita (come me), che sfoggiava capelli neri e tagliati come i miei, ma Dolores è Dolores e io sono la Tere... non è la stessa cosa. 
Sono le disparità della vita. 
Mi piacerebbe pure potermi permettere un abbigliamento come quello della Zilli, ma sembrerei solo una cretina.
Quest' anno la cosa che mi è piaciuta di più è stata seguire i tweet #occupysanremo de Il fatto quotidiano e quelli di Diego Bianchi (forse lo conoscete come Zoro, altrimenti andate a vedere cosa scrive e dice sul suo sito o su youtube): mi sono fatta molte risate, e mi hanno fatto ricordare una cosa che facevamo a casa io, mia sorella e mio fratello, cioè spegnere l'audio della TV e seguire il Festival su Radio Popolare, dove la Gialappa's Band delle origini commentava canzoni e conduzione in maniera molto spassosa.

Un altro rito irrinunciabile della domenica post Festival a casa mia era accendere la radio di mattina e cercare una stazione dove trasmettessero la classifica completa, a beneficio di mia mamma che stava sistemando casa (stendo un pietoso velo sul fatto che dopo pranzo la tv rimanesse accesa su Domenica In per rivedere i cantanti...). Mio malgrado, mi è rimasto questo automatismo domenicale, anche se di canzoni sanremesi ne ricorderò sì e no quattro, una delle quali è Papaveri e Papere di Nilla Pizzi e un'altra è Volare di Modugno, solo che stamattina non ho potuto accendere la radio perché la Isa aspetta dalle 9 che inizi il cartone animato dei My little Pony... ubi maior...


mercoledì 15 febbraio 2012

Zoetrope!



Ieri si è chiusa la mostra sulla Pixar che si è tenuta al PAC di Milano. Per non smentirmi, sono andata l'ultimo giorno di apertura alle 19.30 e sono riuscita ad entrare solo perchè la mia amica Sara ha prenotato gli ingressi per tutti, evitandoci la fila lunghissima che si snodava lungo via Palestro, fila che già ci aveva fatto desistere domenica scorsa.
Molti puristi hanno storto il naso quando è stata annunciata una mostra su cartoni animati al Padiglione di Arte Contemporanea di Milano, ma ragazzi, anche questa è arte!
La collezione di studi, disegni, pastelli, maquettes e bozzetti ha dato finalmente l'idea anche ai non addetti ai lavori di ciò che si nasconde dietro al prodotto finito. Finalmente prende forma e vita l'immaginifico mondo che vive nella testa di disegnatori e sceneggiatori, che io invidio e ammiro infinitamente, perchè appunto in grado di dare forma alla propria fantasia.
Mi hanno molto colpito alcuni studi e disegni che mostrano l'evoluzione dei personaggi, fino alla scelta della forma finale: i numerosi bozzetti, le diverse varianti fanno trasparire, oltre al lavoro titanico dei disegnatori, anche il divertimento nell'inventare nuove soluzioni.













E poi ci sono le maquettes, gli sviluppi plastici dei personaggi: davanti a queste vetrine non puoi non pensare che alla Pixar decisamente lavorano degli artisti, basta dare un'occhiata agli studi sulle espressioni del protagonista de Gli Incredibili.
A parte tutto questo, l'elemento che ha destato di più i nostri oooooohhh! di meraviglia è stato lo zootropio, ovvero una serie di personaggi tridimensionali di Toy Story, montati su una base circolare, che riproducono ciascuno un movimento: ruotando velocemente, sotto una luce pulsante, la sequenza di posizioni si anima in un unico movimento, creando un vero e proprio cartone animato in 3D. La descrizione non rende, quindi vi invito a dare un'occhiata a questo video in cui si vede lo stesso zootropio con personaggi Pixar che abbiamo visto alla mostra; in rete ho trovato anche un brevissimo filmato in cui viene spiegato come è stato realizzato tutto questo. Io sono rimasta davvero meravigliata, proprio come la Isa, che è rimasta con il naso attaccato alla vetrina per una buona mezz'ora.
Il risultato di questa visita culturale è che oggi ci siamo viste Toy Story 2 e siamo già pronte per l'uscita di Brave, il nuovo cartone della Disney Pixar...e già prevedo la futura costruzione casereccia di arco e frecce per una principessina medievale con i capelli neri e non rossi....

martedì 14 febbraio 2012

Voo doo Bureau

Ci sono dei lunedì in cui sai che non ne uscirai vivo tanto facilmente. Ci sono dei lunedì in cui chiunque ricopra una posizione superiore alla tua, anche se di pochissimo, te la farà pesare in maniera sproporzionata rispetto al lavoro che state facendo. Ci sono dei lunedì in cui faresti meglio a startene con la testa sotto al cuscino e pensare a come autoincenerirti con la forza del pensiero.
Sono davvero pochi i metodi che noi "dipendenti di basso livello" (parole testuali del direttore) abbiamo per difenderci dalla sindrome del lunedì, che attanaglia non noi, ma molti "lavoratori di alto profilo" (sempre testuali parole del medesimo personaggio). Forse il passatempo domenicale di costoro è ingegnarsi per rendere il lunedì indigesto e insopportabile a noi comuni mortali, macchinando tranelli contabili e domande a trabocchetto per vedere se anche tu, come loro, sei sempre sul pezzo. 
Io non sono mai sul pezzo. 
Durante il fine settimana ho talmente tante cose da fare che dimentico di avere un lavoro. Me lo dimentico in realtà non appena chiudo la porta dell'ufficio e abbandono i corridoi puzzolenti, impregnati di odore di solventi chimici. Devo dimenticarlo perché altrimenti sarei sempre di cattivo umore. Ma non mi lamento troppo, perché almeno ho un lavoro.
In questi anni ho sviluppato alcuni metodi di autodifesa, tra cui il migliore e più collaudato è quello di guardare l'interlocutore che pone una domanda (solitamente in maniera molto agitata/ nervosa/ scortese) e tranquillizzarlo: non si preoccupi, controllerò subito lo stato della pratica e solleciterò tutti gli uffici competenti. In realtà nel 90% delle volte mi vengono posti quesiti "in medias res", cioè il pazzoide di turno mi chiede cose che ha pensato fino a quel momento nella sua testa, mettendomi a parte solo della porzione finale del ragionamento: difficile capire esattamente cosa uno voglia, no? 
Non sono ancora in grado di leggere nella mente e nel futuro, ma mi sto attrezzando. 
Oltre a questa tecnica del pacifier umano, utilizzo quella del coniglio: mentre ascolto, capto le informazioni essenziali per ricostruire il problema (mediamente stupido, ma posto come qualcosa di irrisolvibilmente grave) e intanto mi sorbisco i dettagli pensando ad un coniglio salterino, così la testa, seguendo i movimenti del coniglio, sembra che annuisca.
Quando la situazione è grave e si passa all'offesa più o meno velata, allora indosso la migliore faccia da stronza che Madre Natura mi ha donato, rispondendo freddamente, senza mai alzare la voce perché altrimenti mi metterei sul loro stesso piano... io sono una nobildonna decaduta, quindi mi comporto di conseguenza.
In compenso penso ad un sacco di parolacce.

voo doo child 
In un momento di particolare stress, ho confezionato per la mia collega preferita un bambolino voo doo in feltro, con precise indicazioni fisiche scritte a pennarello per meglio centrare la zona da colpire, in modo da poterci sfogare quando ci vessano troppo. Purtroppo non sembra che funzioni troppo bene, quindi ho deciso di farmi prestare da mio fratello, che ha alle spalle una lunga esperienza lavorativa di pazzoidi, il testo fondamentale delle armi da difesa hand made: parlo di Mini Weapons of Mass Destruction , che insegna a costruire catapulte col cucchiaino del caffè, balestre con le penne e chi più ne ha più ne metta. Anche il solo pensiero, immaginare di prendere a freccette nel deretano qualcuno, mi fa stare bene: magari basta tenere sulla scrivania la fionda fatta col compasso per dissuadere gli scocciatori.
Devo difendere il mio territorio e arrivare viva a venerdì pomeriggio...si tratta di sopravvivenza!



giovedì 9 febbraio 2012

Gatti e gattacci

Qualche giorno fa ho letto su Repubblica un articolo nella sezione Scienze dal titolo Il mondo senza gatti sarebbe un vero inferno, in cui si riassumono i risultati di uno studio di Alan Beck, direttore del Centro di ricerca sul rapporto uomo-animale della Purdue University. Cosa accadrebbe se sparissero improvvisamente tutti i gatti sulla terra? A parte che sarei curiosa di sapere chi ha finanziato un progetto di cotanta portata...comunque...
Nell'articolo si parla appunto di Beck e di altre indagini statistiche condotte sull'argomento: insomma, senza gatti ci sarebbero un sacco di animaletti schifosi in giro, soprattutto nelle città, tipo topi, rettili e insetti giganti.
Però l'articolo non dice una cosa, forse perchè la giornalista, se ha un gatto, ha magari un pacioso micio sterilizzato, acciambellato perennemente sulla poltrona, che al massimo caccia un ragnetto o una formica...cosa fanno i felini delle loro prede? Che fine fannoi suddetti topi, rettili e insetti giganti?
Il nostro gatto si chiama Ozzy e mai nome fu più azzeccato, visto che un giorno l'abbiamo visto sgranocchiare un piccolo pipistrello come il suo omonimo canterino. 
E' un trovatello: quando Fabio l'ha portato a casa era appena svezzato e probabilmente non aveva ancora quattro mesi...davvero minuscolo. La Isa avrebbe compiuto il mese dopo tre anni, quindi Ozzy è stato abituato fin da subito a misurarsi con l'entusiasmo infantile, imparando a non graffiare anche nelle situazioni più estreme.
situazione mediamente estrema
Con le persone, e in particolare con i bambini, è buonissimo: quando la Isa esce in cortile a giocare, va con lei e si mette in mezzo, credendosi probabilmente un essere umano, e dimostra una pazienza degna di un monaco tibetano, sopportando tirate di coda, palle rotolanti e lanci vari.
Ozzy però ha una doppia vita.
Si azzuffa con gli altri gatti del cortile, provoca i cani al guinzaglio delle vecchiette, sparisce per giorni, rimanendo a volte chiuso in qualche cantina, vandalizza la casa quando vuole uscire, buttando a terra solitamente oggetti che si rompono, quali cellulari, occhiali, bicchieri colmi; si appende alla tapparella semi abbassata per entrare in casa di notte impossibile installare una gattaiola, perchè porterebbe in casa altri gatti e prede); ruba il cibo dalle pentole, si infila nelle case dei vicini rompendo i vasi e mendicando come se avesse la citola vuota da giorni, non usa la cassetta per i bisogni, ma li fa direttamente nell'aiuola in mezzo al cortile, dove TUTTI possono vederlo; porta a fare la spaghettata di mezzanotte nella nostra cucina svariati amichetti, tra cui Oscar, La Nera (che ringhia come Belzebù) e la Gigia.
Soprattutto, Ozzy caccia. E quando caccia, porta a casa tutte le sue disgustose prede per farcene omaggio. L'ala scarnificata di un piccione stava per essere posata sul nostro letto, una falena gigante tutta sbavata è finita sul mio cuscino (tipo i cioccolatini negli hotel), un topo è stato depositato in pompa magna davanti al divano, due topi invece li ha lasciati  davanti alla finestra della camera perchè non gli abbiamo aperto (senza contare quelli che ci ha portato durante le vacanze, dopo averli rincorsi sul tetto). Non si contano le lucertole, con o senza coda, opportunamente staccata sul posto per dimostrare la propria prestanza felina, con inevitabili strascichi splatter sul pavimento di casa.
La Isa fino ad ora non si è mai ammalata a causa sua, comprovando quanto sostenuto nell'articolo, cioè che "secondo uno studio pubblicato su Clinical & Experimental Allergy, stare a contatto con un gatto rafforza i bambini contro le allergie". Io tutte le sere mi armo di straccio, candeggina e di molta pazienza, ripetendo il mantra che gli animali non si picchiano.
Il mondo senza gatti sarebbe un vero inferno? Alzarsi in continuazione di notte per farli uscire a caccia non è certamente un paradiso.

mercoledì 8 febbraio 2012

Proposte indecenti per S. Valentino



In questi giorni un sacco di siti propongono delle idee per S.Valentino: lo so che è una festa consumista che non significa nulla, ma a me piace fare e ricevere regali, quindi ogni scusa è buona.
Non mi riferisco a orsetti, cuscini a cuore e simili, che sono solo dei prendipolvere pacchiani. A me piacciono libri, musica, ovviamente ninnoletti vari e magari qualcosa che ha a che fare col cucito. Il piedino tagliacuce per la mia Singer sarebbe un'ottima idea per esempio, oppure un po' di stoffa... chi ha orecchie per intendere intenda.
Ho trovato un sito carino, nerdvalentine, dove ci sono alcune idee per regali veramente da nerd, tra cui custodie varie per i propri ammennicoli tecnologici (notevole quella ad uncinetto per la macchina fotografica), gemelli e catenine con chiocciole, omini tipo pac man e altro derivante dal mondo informatico. Poi ci sono le cards: la mia preferita è quella qui a fianco, anche se sono io quella in famiglia che guarda le vecchie puntate di Star Trek (rigorosamente solo quelle col capitano Kirk con la panzetta) e non sono mai riuscita a farle piacere a Fabio.
Cose carine, ma perfettamente inutili... meglio a questo punto buttarsi sul mangereccio, lì non si sbaglia mai! Una buona idea in tutti i sensi è ordinare una Sacher Torte originale e farsela spedire da Vienna nella caratteristica scatola di legno....altrochè Baci Perugina, no?
Nel 1986 la tv passava un orrendo spot dei Baci Perugina, in cui ragazzi e ragazze in puro stile Ragazzi della 3°C facevano un balletto, oppressi dai propri capelli cotonati e impomatati. All'epoca avevo 7 anni e, tenendo conto del fatto che ero invaghita di quel tamarro di Mirko dei Bee Hive (ebbene sì, lo ammetto), una pubblicità così mi faceva pensare che da grande avrei dovuto assolutamente trovare un fidanzato col ciuffo fosforescente, pronto a regalarmi i Baci Perugina, evidentemente un must per i fidanzatini under 18, a me ovviamente precluso. Per inciso, guardatevi il sito dei Bee Hive, perchè pare che il gruppo goda di buona salute e abbia pure un nutrito seguito...vale davvero la pena spenderci due minuti, soprattutto se siete di cattivo umore.
Comunque, nel giro di pochissimo tempo gli sfottò di mia sorella e mio fratello mi hanno convinta che esistevano altri standard estetici decisamente preferibili, sia in fatto di principi azzurri, sia in fatto di regali, e qui pubblicamente li ringrazio, perchè da lì, dal 1986, è partita la mia carriera di disadattata asociale e peteghetta. Grazie.

Così, invece di trovarmi un fidanzato stampo Mediaset, mi sono trovata un altro asociale come me, ed essendo appunto della mia stessa pasta, non mi ha mai regalato i Baci Perugina, se non prendendone un paio dal tabaccaio al posto del resto dei biglietti del tram. Causa carenza cronica di denaro, il nostro regalo preferito era la confezione di caramelle Charms all'anice, debitamente infiocchettato: a distanza di tanti anni, credo che nessun dono, anche ben più costoso, sia mai stato altrettanto romantico.


martedì 7 febbraio 2012

Immagine a scopo illustrativo.


Purtroppo non sono un asso in cucina. Ho i miei piatti forti, assolutamente dignitosi e di risultato certo, ma il mio vero problema è quando decido di fare un esperimento. La cosa capita almeno due volte la settimana, solitamente perché ho acquistato una rivista, oppure perché è uscito il giornaletto del supermercato, o ancora perché ho visto una ricetta su internet: l’ultima follia è stata scaricarmi l’app de La cucina italiana, rivista alla quale sono stata inutilmente abbonata per un anno, con le ricette cosiddette “veloci”. L’app di per sé è carina, non molto economica, ma vuoi mettere? Se scuoti il telefono, ti propone automaticamente un menù completo random. Non si tratta comunque di amatriciana e pollo arrosto, non credete: roba raffinata, dove per dire che ci metti prezzemolo e rosmarino usi l’espressione “ai due sapori”. Preparare papaia con triglia e olive taggiasche magari sarà pure una cosa veloce, ma diciamo che non contempla ingredienti che si comprano con la normale spesa settimanale. 

Molto più banalmente, oggi il giornaletto dell’Esselunga stava diventando materiale per ritaglio e collage, quando sotto le forbici mi è capitata la ricetta per fare le caramelle fondenti di zucchero. C’era scritto “facile” e mi sono fidata. Avevo pure tutti gli ingredienti in casa, non mi obbligavano a cercare la papaia, quindi, ancora di più mi sono fidata. 

Così io e la mia fida aiutante cinquenne, in vena di giocare alla pasticceria, ci siamo messe all’opera, sciogliendo lo zucchero a velo insieme al latte nel pentolino, attente che l’intruglio non sobbollisse, e pareva filare tutto liscio, ma…MA…inevitabilmente la mano pesante dell’esagerazione ha aggiunto non una goccia, ma una bella cucchiaiata di sciroppo di lampone, una generosa versata di crema di limoncello, un’esosa aggiunta di latte per stemperare il cacao, un’inutile lunga scia di colorante azzurro, perché la Isa voleva le caramelle al gusto puffo. Così lo zucchero, rappreso al punto giusto, si è stemperato rovinosamente, creando una poltiglia fluorescente che, nonostante due ore di freezer, è rimasta molliccia e appiccicosa. 

Kryptonite al limoncello fatta in casa
Fortunatamente la Isa nel frattempo è andata a dormire e non ha dovuto subire una delusione di tale portata, il peso della sconfitta culinaria, resa ancora più cocente dal “facile”, stampato sulla ricetta, e dall’illustrazione così familiare, così alla portata di mamma. 
Ho provato ad assaggiare, ma ancora adesso, dopo una buona mezz’ora, mi brucia lo stomaco: un concentrato di zucchero immangiabile. Comunque, come ho più volte ripetuto, non mi piace buttare via le cose, quindi ho chiuso tutta la mia melma zuccherosa e colorata in un barattolino e ho trovato una nuova destinazione: domani mattina dolcifichiamo il latte con lo zucchero aromatico al lampone o al cacao o al puffo.
Vedrò cosa ne pensa la componente minorenne della casa. Gatto escluso ovviamente.
La fanghiglia al limoncello invece deve ancora trovare una destinazione perché non ho un contenitore per rifiuti speciali.

sabato 4 febbraio 2012

Mai più l'indice ghiacciato!


A Milano si ghiaccia. Secondo i telegiornali ovviamente si tratta di un'ondata di gelo mai vista nella storia dell'umanità, forse di poco inferiore solo all'ultima glaciazione. Milano non si trova, che io sappia, in Polinesia, quindi il freddo e la neve non sono evento raro.

Forse la percezione alterata della temperatura dipende anche dal fatto che l'inverno 2011/2012 sarà ricordato negli annali della storia per il boom degli smartphone, e-book e tablet touch screen, che, scoperta agghiacciante in tutti i sensi, non funzionano se indossi i guanti. 
Che siano di lana merinos, di pile del Decathlon o di pelle di capretto, puoi stare lì ore a fare i solchi col tuo ditino, ma tanto non otterrai alcun segno di vita dal tuo ammennicolo tecnologico. Così molti sfidano il congelamento delle estremità, utilizzando i guanti con dita tagliate, oppure praticando buchetti strategici, oppure ancora, scelta decisamente più drastica, eliminando completamente qualsiasi protezione.
Ho trovato in una catena di negozi i cosiddetti guanti capacitivi, decisamente bruttini, orrendamente bicolor, con dei simil cappuccetti, o su tutte e cinque le dita o solo su tre. Su gizmodo ho letto la recensione di  questi guanti capacitivi, che mi sembrano esteticamente più belli e con una funzionalità maggiore, visto che tutta la superficie è conduttiva. 
Però io ho la fissa del fai da te, del cucito e del riciclo e quindi il workshop di Serpica Naro, che si è tenuto giovedì sera presso lo spazio Medionauta, è capitato a fagiolo. 
Insomma, perché non allungare la vita personalizzando i propri guanti con il filo conduttivo, che è pure argentato e sbrilluccicoso?
Special guest: LaVale nel ruolo di manista
Serpica ci ha messo a disposizione il materiale, in particolare appunto il filo conduttivo e, sotto la guida di Claudia (la quale mi suscita continui ooooooooooooooooh di meraviglia, tutte le volte che mi mostra qualche sua nuova idea), abbiamo realizzato il nostro progetto. Tra tutte le chiacchiere non è che sia stata attentissima alla qualità del mio punto a catenella: in quel momento mi stavo godendo il fatto di fare qualcosa insieme alle mie amiche,  cosa che di certo non puoi provare andando ad acquistare il prodotto bello pronto in negozio! 
Alla fine mi è venuto un bolo immondo di fili, al quale ho cercato di dare la forma di stella sull'indice e di cuore sul pollice: non è così semplice individuare il punto del dito che utilizzi di più, perché le operazioni che puoi compiere sul tuo schermo sono diverse e influiscono sulla posizione della mano. Inoltre tutto questo cambia a seconda dell'oggetto che stai usando, infatti il guanto che ho fatto per Fabio, realizzato ricalcando di fatto il mio, non va bene sul suo telefono: quindi, come sempre in queste cose, bisogna pensarci un attimo prima di mettere mano all'ago.
Quando stamattina sono stata ostaggio del tram 12, che per arrivare in centro ci ha impiegato 70 minuti, almeno sono riuscita ad avvertire in ufficio senza farmi ibernare le falangi: il bolo immondo di filo conduttivo funziona!

mercoledì 1 febbraio 2012

Febbraio: una foto al giorno

Quando Fabio mi ha regalato per Natale un IPhone (usato, perchè alla fine, avendo sempre avuto cellulari da 60 euro o giù di lì non mi cambia molto se è l'ultimissimo modello o il penultimo...sono più contenta di averlo fatto risparmiare!), la prima cosa che ho fatto è stata scaricare l'app Instagram.
Questa applicazione mi è sembrata una rivincita, visto che, grazie ai filtri disponibili, riesco a fare scatti abbastanza vicini come risultato alla macchina analogica Lomo, che mi sono decisa a vendere tre mesi fa. Era inutile tenerla lì, chiusa in un cassetto: sono un'inetta ad usarla e le stampe costano troppo. Peccato, perchè avevo comprato in offerta il mega pacco deluxe , con una sfilza di ottiche da far invidia ad un fotografo del National Geographic...ma in mano mia...roba sprecata! Mi piace la fotografia, ma le reflex digitali costano troppo e ho pochi soldi da investire per lo sviluppo se uso la mia vecchia analogica, quindi un surrogato digitale mi riesce a fare comunque contenta.
La mia amica Paola fa delle bellissime foto e usa Instagram. Qualche giorno fa ha condiviso l'immagine qui sopra, con le indicazioni per partecipare al February Photo a Day Challenge, al quale ovviamente può partecipare anche chi non ha Instagram, visto che basta postare la propria foto ad esempio su Twitter con l'etichetta #febphotoaday. Mi piacciono queste cose perchè ti danno uno spunto per andare a curiosare su come vedono il mondo altre persone: c'è chi posta la propria foto da Milano, da Tokyo o da New York e, mentre fuori scende la neve, posso vedere un cielo azzurrissimo a Rotterdam. E' bello poter vedere il mondo con gli occhi di qualcun altro, perchè i punti di vista sono sempre diversi, inotre l'utilizzo dei filtri ti permette di aumentare maggiormente l'espressività del tuo ritratto. L'assegnazione di un tema ti spinge a guardare la realtà in un modo che va oltre la quotidianità, un po' come quando vedi la tua città, ritratta da un turista che la sta visitando per la prima volta, e ti rendi conto che hai dimenticato la sua bellezza solo perchè la vivi tutti i giorni.
Ovviamente è una questione di gusti, inoltre la fotografia fatta col cellulare fa sentire un po'tutti grandi fotografi, quindi c'è un fiorire di scatti atroci (e ci metto anche i miei), con assurde pretese artistiche. Non voglio fare trattati di estetica o di tecnica fotografica, perchè non sono la persona giusta e non mi interessa. A me piace condividere foto in tutto e per tutto istantanee, come le vecchie Polaroid, perchè mi permettono di mostrare ciò che sto vedendo a chi voglio bene e magari non è vicino a me.
Comunque, tornando all'argomento principale, il tema di oggi era "your view today": io ho caricato questa foto, che ho scattato vicino a casa. Lo so, la citazione della copertina del disco Abbey Road è molto labile, però ho scattato pensando a quell'immagine, canticchiando pure Something di George Harrison.
Quando nevica qui a Milano mi piace osservare i tram con la livrea vivace che spicca nel bianco, i solchi dei binari che si perdono lontani e i filari simmetrici degli alberi che li costeggiano. Mi piace il mio quartiere perchè è popolare e non è "da bere", perchè mi ricorda quello in cui sono cresciuta. Vai a vedere altre foto con la medesima etichetta e pensi che c'è altro là fuori, persone con sensibilità diverse, paesaggi, prospettive... io ho mostrato come vedo il mio quotidiano, ma vale sempre la pena non accontentarsi del proprio particolare.