Non tutti i libri fanno venire l'insonnia.
Alcuni sono veramente soporiferi, per argomento, per trama, per stile, o per tutte queste cose insieme (e allora è meglio che lo scrittore in questione cambi mestiere). I libri tosti invece ti tengono sveglia fino a tardi, ti fanno inventare malattie inesistenti per rimanere a casa e finire le ultime pagine che ti mancavano, ti fanno riflettere mentre peli le carote per cena. Middlesex di Jeffrey Eugenides mi sta facendo questo effetto.
Sono solo a un terzo della storia e ho già fatto un sacco di orecchiette nell'angolo inferiore delle pagine (angolo inferiore=pagina da rileggere per la sua bellezza o per le informazioni che mi possono servire per seguire meglio l'evoluzione della storia...purtroppo massacro i libri!), per motivi molto differenti.
Per la trama vi rimando al link di Wikipedia in alto, anche perchè non ho ancora finito di leggere il libro e sarebbe disonesto farne un riassunto! Comunque, il racconto si apre con la descrizione della fuga dall'Asia Minore dei nonni del protagonista, durante la guerra fra Greci e Turchi del 1922: essendoci di mezzo i turchi, rinomati impalatori , la descrizione è molto dramamtica e a tratti cruenta; soprattutto rende bene l'idea dell'avanzare dell'esercito in città (Bitino), che spinge la popolazione greca e armena fino al porto, spingendola col fuoco fino all'acqua, fino a buttarsi in acqua e annegare, pur di non finire nelle mani del nemico. Ho chiuso il libro con un'angoscia molto forte: alla fine questa storia riguarda anche me, anche i miei nonni sono scappati dalla Turchia per lo stesso motivo, per la stessa guerra. In casa non ci siamo mai sentiti Greci, mio padre, nato ad Atene da mamma di origine greca, non è assolutamente tipo Grosso grasso matrimonio greco, anzi...beh, le origini della mia famiglia sono parecchio complicate e qui ve le risparmio...comunque, credo che certe storie, così drammatiche e violente, ma anche solo lo "sradicamento" dal proprio paese, rimangano nel dna di una famiglia. I mei genitori sono anziani rispetto a quelli delle mie amiche, hanno vissuto la guerra in prima persona, da ragazzini, e hanno avuto storie molto complicate, da "sradicati" appunto: fa un certo effetto quando tua mamma ti racconta che da bambina andava nel rifugio antiaereo, o tuo papà di racconta di aver assistito alla fucilazione della vicina di casa...è diverso da un racconto così, per sentito dire. Così certe vicende della tua storia familiare ti entrano dentro e ti rimane una certa sensibilità verso determinati argomenti: la guerra, dover lasciare tutti i tuoi affetti all'improvviso, non sapere dove siano i tuoi familiari, i tuoi amici. Oppure esiste la reincarnazione e certe cose le ho giù vissute, ma se esiste la reincarnazione è più probabile che nella mia vita precedente sia stata un fermento dello yogurt.
Come dicevo, dopo aver chiuso il libro, ho inizato a fare pensieri su come mi comporterei io se fossi in una situazione così, su cosa significa essere un civile in tempo di guerra, sottoposto all'arbitrio del conflitto, soprattutto su cosa significa essere genitori e doversi prendere cura dei propri figli nel pericolo continuo e nel bisogno. Il povero Fabio si è sorbito tutta la mia angoscia, è rimasto sveglio (sommo sforzo per lui) e mi ha tranquillizzato come poteva, anche se proprio non riusciva a capire molto bene il motivo di tutto questo: al risveglio ho pensato che siamo fortunati, a vivere qui, ora, nonostante tutto. Capisco perchè i più anziani hanno un vago e mal celato disprezzo per noi, che abbiamo tutto e non ci basta mai.
P.S. Sono arrivata ad un brano in cui viene descritta la catena di montaggio alla Ford di Detroit...raramente ho letto pagine così belle!
Ciao!
RispondiElimina:)
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