martedì 31 gennaio 2012

Costumi di Carnevale, cosplay o sexy shop?

Fino alle medie mi è sempre piaciuto fare i costumi di carnevale in casa. Non è che avessi poi molta scelta, visto che all'epoca sembravano costare uno sproposito, e che quelli pronti che mi erano stati regalati erano orridi... anzi, spero vivamente che tutte le mie foto vestita da spagnola o odalisca siano andate distrutte.
Le mie amiche ricordano ancora il mio travestimento da appestata del '600 e da corvo (con i sacchi della spazzatura a volte si possono fare cose inaspettate!), mentre io ho sempre ammirato il costume in gommapiuma da spermatozoo di mio fratello... molto laborioso immagino, e spero che invece lui abbia conservato una foto da qualche parte di questo capolavoro.
Tornando dal lavoro oggi, sono rimasta ipnotizzata davanti alla vetrina della cartoleria vicino casa: qui nel quartiere è un punto di riferimento perchè ha qualsiasi cosa, dal quaderno al giochino, dai pennarelli al raudo più distruttivo che fa tremare i vetri a Capodanno. La vetrina viene allestita a seconda della stagione, quindi se a settembre ci sono gli zainetti, a Carnevale ci sono tanti costumi in bella mostra.
Già in occasione di Halloween avevo notato una tendenza all'attillato, allo scollato, ma alla fine Halloween è più una festa "da grandi", dove trova spazio anche il costumino da sexy strega vicino alla maschera tipo Scream.
Oggi, anche se il tempo sembra più natalizio, e in barba al calendario ambrosiano, l'allestimento carnevalesco è stato completato: ripiano altezza bambino con costumi Winx/ Ben Ten et similia, per il resto tappezzeria costituita da costumi per adulti.
Per adulti non nel senso di taglia grande.
Secondo il baffuto cartolaio dalle spiccate doti di vetrinista, questo qui a sinistra è il classico costume da Alice nel Paese delle Meravliglie...uguale uguale a quello della bimba biondina del cartone, vero? Oppure, perchè non indossare un costume da diavolessa? Ma certo, ecco qui a destra la proposta adatta proprio al rigore invernale. Non è che sto scrivendo queste osservazioni perchè sono bigotta: non mi interessa se vuoi vestirti così ad una festa o a casa tua per altri motivi, però secondo me non è una bella cosa far assomigliare una cartoleria al sexy shop di Viale Monte Ceneri. Lo so, mi manca lo spirito, sono pesante, però non mi piace sentirmi dire "mamma, anch'io da grande voglio mettermi quel costume là", mentre il ditino cicciotto di mia figlia indica una tutina attillatissima effetto vinile con annessa parrucchetta biondina e sguardo malizioso da "adesso trombami!". L'accostamento con il mondo e l'immaginario infantile mi sembra improprio, anche se purtroppo rientra nell'estetica che abbiamo imparato a conoscere da Colpo Grosso in avanti. Io, da brava madre oscurantista, liquido qualsiasi balletto scosciato come "roba da cretine", qualsiasi valletta ochetta come una "scema che vuole mostrare le ciucce", e spero che capisca. Accenderei pure dei ceri, ma sono atea. 
Facendo un giro in via Sarpi, il noto quartiere cinese di Milano, ho visto un sacco di vetrine con questi costumi, che probabilmente in origine dovevano essere dedicati al cosplay, ma credo che qui vengano utilizzati per altri fini...insomma, non esattamente per il raduno dei fan di Star Trek.
In Giappone c'è un nutrito gruppo di ragazzi e ragazze che si incontrano il sabato pomeriggio sfoggiando i loro costumi, che però in molti casi sono piuttosto lontani dall'immagine super sexy: andatevi a vedere la voce di Wikipedia Moda Lolita: nulla a che vedere con abitini succinti da scolarette porcelle, anzi! Poi, beh, guardando le foto ti chiedi se il senso del ridicolo manchi completamente a certe persone, ma questa è un'altra storia. Anche a Dusseldorf ho visto alla stazione dei treni parecchi cosplayer, che però erano coerenti con la voglia di interpretare il proprio personaggio preferito... compresa una tizia, che probabilmente aveva il mito di Rita Rusich nell'indimenticabile Attila. flagello di Dio, e quindi con -15° e una tempesta di neve in corso, se ne stava a ciondolare con un abitino scamosciato e stivaletti hand made con interno in pelo. Comunque, poteva permetterselo: no so in quante in zona potranno indossare il costumino da Alice senza sembrare travestite da panzerotto.

lunedì 30 gennaio 2012

Dai diamanti non nasce niente, ma dal maglione infeltrito...

A volte mi parte l'embolo e sbatto tutto in lavatrice, senza distinzione alcuna, pur di non vedere la cesta sotto al lavandino strabordante di panni e calzini. A volte mi va bene, altre volte nella benna della ruspa mi rimane anche qualche maglione e allora lì va decisamente peggio.
L'anno scorso avevo preso un maglioncino color glicine, scelta perdente per chi non ha il petto sottile da ballerina, e al primo lavaggio è diventato misura 12 anni. Ovviamente non riuscirò a dimagrire a tal punto da indossarlo, inutile conservarlo per tempi migliori, e poi è nuovo...mumble, mumble, che fare?
Ovvio, riciclare!
C'è un sito in lingua inglese, dal quale pesco parecchie ispirazioni per progetti di questo tipo, makeit-loveit, dove ci sono numerosi tutorial interessanti per rinnovare vecchi abiti.
Ho trovato in questa pagina quello che cercavo e dal mio maglioncino glicine ormai spugnoso, ho ricavato un nuovo capo per la Isa.
Armatevi di santissima pazienza e tentate di tenere alla larga i vostri familiari, perchè ci vuole un po'di tranquillità per ottenere un lavoro ben fatto: come vedrete dal risultato, io non ero affatto sola.
Le mie foto e spiegazioni non sono il massimo dell'esaustività, lo ammetto, quindi se qualcosa non sembrerà chiaro, andate sul sito in inglese, non mi offendo!
Allora.....
Prima di tutto ho preso una maglia di Isa per avere una sorta di dima e farmi un'idea delle proporzioni, l'ho sovrapposta al maglione, facendo combaciare i due fondi e ho tagliato quello che dovrà essere il busto del nuovo capo, praticando anche i tagli corrispondenti all'attaccatura delle maniche.
Stesso procedimento per le maniche: ho fatto combaciare i polsini della maglia di Isa con quelli del mio maglione e ho tagliato, riducendo ovviamente la circonferenza.


A quel punto, ho assemblato.
E non è stato facilissimo. Ho scelto un punto elastico, l'overlock, che alla fine è lo stesso che presentava il maglione in origine: studiatevi per bene il capo che avete in mano, se, come  me, ne capite poco, perchè alla fine è l'unico "libro di testo" da cui imparare. Il giro manica è una brutta bestia: io non amo imbastire, mi manca la pazienza, metto in compenso un mucchio di spilli, come se avessi a che fare con una bambolina voodoo, ma alla fine credo sia la parte che mi è venuta meglio.
L'importante è PENSARE mentre si costruisce il capo, altrimenti ti ritrovi a cucire con la stoffa mezza dritta e mezza al rovescio (come faccio di solito quando entro in modalità "pilota automatico" e intanto rispondo alla Isa e contemporaneamente ascolto Fabio)...scolpitevi anche voi il mantra che mi ha insegnato la mia maestra: la stoffa deve essere messa DRITTO CONTRO DRITTO!

Ho avuto i problemi maggiori invece con il colletto: ho mantenuto lo scollo a V sul davanti, ho recuperato la parte dietro del colletto e ho provato a cucirla sul retro, ma mi è venuta un po'una schifezza...non a caso sono stata ribattezzata Disegual dalle mie amichette del cucito.
Per mettere la pezza, in tutti i sensi, ho creato uno sbiechino utilizzando una stoffa fantasia acquistata sul sito Fabric Rehab, che mi è servita anche per la decorazione sul petto: alla fine da un errore è anche venuta fuori un'idea carina!
Per la decorazione di cui vi dicevo, ho utilizzato un quadratino di pannolenci viola, un fiorellino di stoffa, e un bottone, che non manca mai quando devo fare un'applique... insomma, nulla di trascendentale, si tratta pure sempre si un golfino da bambina, mica un abito per la prima della Scala!



Il risultato mi sembra apprezzabile, per essere il primo esperimento: credo che dai maglioni vecchi potranno venire fuori altri spunti...è ora di mettere in ordine l'armadio!

venerdì 27 gennaio 2012

MioMao, la mia madeleine

Proust nella sua Recherche du temps perdu si calava nei propri ricordi grazie al sapore evocativo di una madeleine, io invece guardando il cartone animato Mio Mao su Rai Yoyo. Non è un caso che lui sia uno scrittore capitale della storia della letteratura e io una segretaria che scrive il suo blog.
A parte questo ardito parallelo, ho scoperto che stanno ritrasmettendo questo cartone animato, che in casa mia era uno dei pochi ad essere bene accetto, oltre a La stella della Senna e Lady Oscar, che avevano agli occhi dei miei genitori una qualche pretesa storica, ed essendo ambientati in Francia, di certo non potevano essere frutto di quelle menti contorte e violente dei disegnatori giapponesi. A mio fratello era andata male perché mio padre pensava che i cartoni a tema robottoni lo avrebbero reso un demente violento e quindi erano tema di "accese" discussioni. Discussioni...monologhi! Mia mamma mi canticchiava l'ipnotica sigletta Mio Mao/ Mio Mao/ lalla la la là, e probabilmente avrò visto qualche episodio quando ero molto molto piccola. Quando oggi la Isa mi ha fatto vedere il cartone, ho avuto la classica stretta al petto che mi viene quando ricordo qualcosa di remoto, che perde i contorni e si fa indefinito, una sensazione. E mi fa ancora più effetto sentire la sigla canticchiata ora da mia figlia. Ho letto in Ancora dalla parte delle bambine di Loredana Lipperini che il fatto di riproporre ai trentenni in età fertile prodotti di consumo commercializzati durante la propria infanzia, rientra in una strategia di marketing molto collaudata, perché da genitori saranno più propensi ad acquistare proprio quei prodotti per i propri figli: mi sembra un'osservazione azzeccata, vista l'infinità di puttanate che trovo in edicola e pensavo estinte dai tempi della quinta elementare.
Mio Mao è una serie andata in onda a partire dal 1970 e racconta le avventure della gatta Mio e del gatto Mao (casualmente rosso), realizzati in plastilina e animati grazie alla tecnica dello stop motion, di cui ho parlato già in un post precedente. Le storie sono molto semplici, la lingua utilizzata è un miscuglio di parole delle principali lingue europee, una specie di Esperanto, caratteristica anche di un altro cartone per bambini realizzato con la medesima tecnica, Pingu. Nulla di trascendentale comunque, visto che ormai siamo abituati a ben altro, con cartoni animati che insegnano l'inglese, che insegnano l'arte, che invitano i bambini a fare sport. 
Ma io sono una classica madre trentenne facile preda dell'esperto di marketing e quindi, dopo aver cantato la sigletta in coro con la Isa, dopo essermi sorbita svariate puntate su Youtube, ripetendo con voce carica di nostalgia che anch'io da bambina guardavo proprio quel cartone, ho subito scaricato l'app per IPhone pubblicizzata su un banner. Se siete genitori o zii nostalgici, inconsapevoli prede anche voi, dateci un'occhiata e ditemi se vi fa venire in mente qualcosa.

giovedì 26 gennaio 2012

Rimedi per lo stress da eccesso di comunicazione

Ormai tenere i contatti con gli amici sta diventando un secondo lavoro. Il mio cervello, programmato per comunicare con una persona per orecchio, non ce la può fare a stare dietro a tutti gli account di posta che, malauguratamente, mi sono creata nel tempo (uno del lavoro, uno privato, un altro per ICloud, e poi credo anche un altro ancora). In più aggiungi Facebook, Twitter, Instagram e poi i normali sms, What's App, Skype...insomma, oggi ho proprio fuso il cervello. Visto che ho l'occhio a mezz'asta e non credo proprio che riuscirò a leggere o a dedicarmi a qualcosa di pratico, mi dedicherò a quello che mi fa tornare i livelli di stress nella norma senza troppo sforzo...
1. giocare a Fruit Ninja (e se non lo conoscete, scaricatevelo dall'App Store o dall'Android Market!), perchè spiattellare con il semplice tocco del proprio dito frutti volanti rilassa, eccome se rilassa!
2. ascoltare il brano Diritto al tetto dei Ministri, che non è proprio come sentire il cinguettio degli uccellini o il lento scorrere di un fiume, ma mi fa stare bene. Già che ci sono mi ascolto tutto l'album Tempi bui.
3. guardare qualche video di Simon's Cat. Simon Tofield non solo è l'autore delle animazioni, ma anche il "rumorista"e anche in questo è bravissimo: chi ha un gatto non può che apprezzare.
4. chiudere la serata ascoltando l'album Riot on an Empity Street dei Kings of Convenience, in particolare Misread.
A questo punto, posso andare a letto e fare la cosa che mi rilassa davvero di più, cioè appoggiare la testa sul petto di Fabio e chiudere gli occhi. Che ci volete fare, non sono una scorza dura.

martedì 24 gennaio 2012

Wallace mon amour


Quando vedo un libro di Wallace non posso esimermi dal comprarlo. Deve essere mio, basta che ci sia il suo nome sopra e in automatico estraggo il portafogli con una velocità degna del miglior Callaghan con la sua pistola. Per mia somma sfortuna, vicino all’ufficio, sulla strada che mi porta alla filovia, c’è una grande libreria con dei commessi molto gentili: ho accompagnato la mia pusher letteraria Adele (è lei che mi consiglia i libri migliori) a prendere un libro, e non ero intenzionata minimamente a fare acquisti. Prima ho sfogliato un assurdo libretto illustrato con coniglietti aspiranti suicidi, che devo dire mi ha parecchio divertito, poi lì alla cassa, dietro opuscolini vari ed edizioni super tascabili, l’ho visto: un piccolo libretto verde con la scritta bianca David Foster Wallace- Un'intervista inedita . Subito comprato, senza battere ciglio. Da quando Wallace è morto nel 2008, sono uscite parecchie raccolte di interviste e racconti inediti. Da ultimo è stato pubblicato The Pale King, romanzo incompiuto, che giace sul mio comodino perché troppo complicato per essere letto in tram. Tutto questo fiorire editoriale è cosa buona, se si pensa ai racconti pubblicati negli USA su riviste letterarie e qui in Italia mai tradotti, ma in altri casi si tratta del cosiddetto raschiare il fondo del barile e prova ne è la pubblicazione appena comprata: si tratta di un’intervista telefonica rilasciata ad un giornalista russo in occasione del decennale dell’uscita di Infinite Jest…54 paginette scritte larghe larghe. Insomma, il signor Karmodi si è ritrovato questo materiale e ha semplicemente pubblicato l’intervista. La sua fortuna è che Wallace appena apriva bocca diceva cose interessanti, brillanti e intelligenti, e forse è proprio per questo che si è suicidato, perché era troppo geniale, come buona parte dei depressi. Quindi alla fine ho letto in un sorso l’opuscolo, con un po’di fastidio per le domande dell’intervistatore, ma con la solita fervente ammirazione per lo scrittore. 
Ho letto un altro libro che riportava una lunghissima intervista fatta da David Lipsky a Wallace, una sbobinatura in tutto e per tutto, con pause e puntini di sospensione, dal titolo Come diventare se stessi: inizialmente mi sembrava una cavolata commerciale, ma continuando la lettura ho molto apprezzato il ritratto dell’uomo che ne emerge. Il giornalista si mette parecchio in gioco dal punto di vista personale, spiegando con brevi annotazioni efficaci anche i numerosi e sottili meccanismi psicologici che si celano dietro al rapporto intervistatore- intervistato: alla fine l’intervista, in realtà mai pubblicata da Rolling Stone, che l’aveva inizialmente commissionata, risulta essere il ritratto più vero, rispettoso e sincero di Wallace, tra tutto ciò che ho letto fino ad ora su di lui. In particolare emerge la sua costante preoccupazione di quale immagine potesse dare agli altri di sé, come già afferma in E Unibus Pluram: gli scrittori americani e la televisione (saggio veramente illuminante, leggetelo!)

"Gli scrittori tendono a essere una razza di guardoni. Tendono ad appostarsi e a spiare. Sono osservatori nati. Sono spettatori. Sono quelli sulla metropolitana il cui sguardo indifferente ha qualcosa dentro che in un certo senso mette i brividi. Qualcosa di rapace. Questo è perché gli scrittori si nutrono delle situazioni della vita. Gli scrittori guardano gli altri esseri umani un po' come gli automobilisti che rallentano e restano a bocca aperta se vedono un incidente stradale: ci tengono molto a una concezione di se stessi come testimoni.
Ma allo stesso tempo gli scrittori tendono ad avere un'ossessiva consapevolezza di sé. Dal momento che dedicano molto del loro tempo produttivo a studiare attentamente le impressioni che ricavano dalle persone, gli scrittori passano anche un sacco di tempo, meno produttivo, a chiedersi nervosamente che impressione fanno loro agli altri."

Non posso mettermi a citare tutti gli i suoi scritti, vorrei copiarvi qui tutto il discorso fatto ai diplomandi di un college in cui insegnava, dal titolo Questa è l'acqua, un faro nella notte per tutti gli inutili umanisti come me: Wallace è un autore tanto brillante e divertente, quanto difficile e a volte addirittura ostico, ma davvero, fate uno sforzo, leggetevi il libro di Lipsky per imparare a conoscerlo e leggetevi i suoi saggi (per esempio le raccolte Considera l'aragosta e Tennis, tv, trigonometria e tornado) per imparare ad amarlo. A volte cimentarsi con le sue pagine è come scalare una parete rocciosa o una montagna davvero impervia, ma apprezzerete la sua scrittura e la sua profondità, esattamente come, giunti alla meta, si ammira dalla vetta un panorama indimenticabile.

lunedì 23 gennaio 2012

Il tempo pagato

Sabato mattina ho oziato. Non esattamente l'otium romano, con letture erudite e riflessioni esistenziali...ho proprio oziato all' occidentale edonista del XXI secolo: sono andata all'hammam con un'amica.
Fino a qualche tempo fa non mi sarei nemmeno sognata di andare a sprecare dei soldi in una cosa del genere, ma si vede che il buono regalo ricevuto a Natale è arrivato proprio al momento giusto. Forse mi sono solo rammollita.
Vi risparmio la descrizione dettagliata di come funzioni questo hammam milanese, ci sono di mezzo troppo sudore e ciccia budinosa (compresa la mia). Diciamo però che ho scoperto che a volte il lusso di non pensare è davvero un lusso in tutti i sensi.
Beh, c'è in giro un mucchio di gente che non pensa mai di natura, gratis insomma, o che spegne qualsiasi barlume di ragione lobotomizzandosi alla grande davanti a Verissimo (o a Point Break...vedi Hot fuzz), questo è vero. Lo svaporamento  di qualsiasi capacità cognitiva in mezzo ai fumi balsamici del calidarium nebbioso, l'incapacità di elaborare una frase con soggetto-verbo-complemento, a parte "oh, come sto bene", non mi hanno fatto sentire stupida, o almeno, non più di quanto mi senta stupida a svolgere certi compiti inutili in ufficio. Lì ho solo pensato che ero contenta di chiacchierare con la mia amica, di esserle vicina, di prendermi cura di me stessa in una stanza senza orologio, per il solo gusto di farlo, non per una mera questione di igiene. E soprattutto sono stata contenta del silenzio.
Stare bene non è mai tempo perso o sprecato.
Poi però, quando sono tornata con i piedi nella realtà, cioè sulla strada trafficata e grigia, ho pensato che tutto questo benessere, questo silenzio, è solo un'illusione, qualcosa di artificioso, da pagare. Nella vita quotidiana spesso mi sento schiacciata da occupazioni, preoccupazioni, informazioni, scadenze, che mi turbinano nella testa, come i fotogrammi di quei filmati velocizzati in cui si vede una strada che si affolla o si svuota in base alle ore del giorno e della notte. Non è giusto: tutto questo è sempre gratis e senza limiti di tempo. Dovrei mettermi d'impegno allora in una cosa davvero importante e utile: sfuggire a queste logiche di efficienza a tutti i costi, di performance, di cui alla fine non mi importa un bel niente, dovrei cercare di stare bene e di essere un po' più "svaporata"...magari basta staccare l'orologio dalla parete.

venerdì 20 gennaio 2012

Middlesex: come procurarsi l'insonnia.

Non tutti i libri fanno venire l'insonnia.
Alcuni sono veramente soporiferi, per argomento, per trama, per stile, o per tutte queste cose insieme (e allora è meglio che lo scrittore in questione cambi mestiere). I libri tosti invece ti tengono sveglia fino a tardi, ti fanno inventare malattie inesistenti per rimanere a casa e finire le ultime pagine che ti mancavano, ti fanno riflettere mentre peli le carote per cena. Middlesex di Jeffrey Eugenides mi sta facendo questo effetto.
Sono solo a un terzo della storia e ho già fatto un sacco di orecchiette nell'angolo inferiore delle pagine (angolo inferiore=pagina da rileggere per la sua bellezza o per le informazioni che mi possono servire per seguire meglio l'evoluzione della storia...purtroppo massacro i libri!), per motivi molto differenti.
Per la trama vi rimando al link di Wikipedia in alto, anche perchè non ho ancora finito di leggere il libro e sarebbe disonesto farne un riassunto! Comunque, il racconto si apre con la descrizione della fuga dall'Asia Minore dei nonni del protagonista, durante la guerra fra Greci e Turchi del 1922: essendoci di mezzo i turchi, rinomati impalatori , la descrizione è molto dramamtica e a tratti cruenta; soprattutto rende bene l'idea dell'avanzare dell'esercito in città (Bitino), che spinge la popolazione greca e armena fino al porto, spingendola col fuoco fino all'acqua, fino a buttarsi in acqua e annegare, pur di non finire nelle mani del nemico. Ho chiuso il libro con un'angoscia molto forte: alla fine questa storia riguarda anche me, anche i miei nonni sono scappati dalla Turchia per lo stesso motivo, per la stessa guerra. In casa non ci siamo mai sentiti Greci, mio padre, nato ad Atene da mamma di origine greca, non è assolutamente tipo Grosso grasso matrimonio greco, anzi...beh, le origini della mia famiglia sono parecchio complicate e qui ve le risparmio...comunque, credo che certe storie, così drammatiche e violente, ma anche solo lo "sradicamento" dal proprio paese, rimangano nel dna di una famiglia. I mei genitori sono anziani rispetto a quelli delle mie amiche, hanno vissuto la guerra in prima persona, da ragazzini, e hanno avuto storie molto complicate, da "sradicati" appunto: fa un certo effetto quando tua mamma ti racconta che da bambina andava nel rifugio antiaereo, o tuo papà di racconta di aver assistito alla fucilazione della vicina di casa...è diverso da un racconto così, per sentito dire. Così certe vicende della tua storia familiare ti entrano dentro e ti rimane una certa sensibilità verso determinati argomenti: la guerra, dover lasciare tutti i tuoi affetti all'improvviso, non sapere dove siano i tuoi familiari, i tuoi amici. Oppure esiste la reincarnazione e certe cose le ho giù vissute, ma se esiste la reincarnazione è più probabile che nella mia vita precedente sia stata un fermento dello yogurt.
Come dicevo, dopo aver chiuso il libro, ho inizato a fare pensieri su come mi comporterei io se fossi in una situazione così, su cosa significa essere un civile in tempo di guerra, sottoposto all'arbitrio del conflitto, soprattutto su cosa significa essere genitori e doversi prendere cura dei propri figli nel pericolo continuo e nel bisogno. Il povero Fabio si è sorbito tutta la mia angoscia, è rimasto sveglio (sommo sforzo per lui) e mi ha tranquillizzato come poteva, anche se proprio non riusciva a capire molto bene il motivo di tutto questo: al risveglio ho pensato che siamo fortunati, a vivere qui, ora, nonostante tutto. Capisco perchè i più anziani hanno un vago e mal celato disprezzo per noi,  che abbiamo tutto e non ci basta mai.

P.S. Sono arrivata ad un brano in cui viene descritta la catena di montaggio alla Ford di Detroit...raramente ho letto pagine così belle!

Buoni motivi per non buttare una scatola.



prima...
Oggi pomeriggio ho aperto il pensile della cucina destinato al vizio: ci teniamo l'occorrente per la colazione, l'occorrente per farci venire le carie e il diabete, l'occorrente per farci il cicchetto serale. La stratificazione geologica post festività aveva reso i ripiani un ammasso informe dall'odore dolciastro, quindi in uno slancio di dignità ho sistemato gli scaffali. La situazione non era così disperata, così in poco tempo ho dato degna collocazione a tutto e buttato via un po'di caramelle che giacevano in qualche barattolo nascosto dall'anno precedente (da noi arrivano ogni anno svariate befane, particolarmente munifiche).

dopo!
Solitamente conservo i contenitori di vetro, perché possono sempre tornare utili, quelli di carta e plastica invece, se non adatti a contenere i giochini infinitesimali della Isa, li butto via. A Natale mi hanno regalato una scatola con un mix di cioccolatini, che sono ovviamente terminati da parecchio: questa volta ho deciso di riciclarla e farne un contenitore per la mia bigiotteria: un'occasione per utilizzare un po' di quella stoffa che tesaurizzo nella cesta!
IL PROGETTO:

Prima di tutto ho pulito la scatola e ho preparato il materiale occorrente: stoffa (io ho utilizzato del cotone), rotella taglia tessuto, il piano da taglio, delle forbicine per le rifiniture e il vinavil.
Ho utilizzato la scatola come dima per ricavare la forma del rettangolo di stoffa che deve essere posizionato sul fondo. 

Ho cosparso il fondo con il vinavil (andrebbe spalmato con un pennellino per rendere la superficie più uniforme, ma stasera sono a corto di materiale!) e ho posizionato la stoffa, facendo una leggera pressione.
Con la striscia di stoffa avanzata, ho fatto la decorazione del coperchio, utilizzando lo stesso procedimento e servendomi delle forbicine da stoffa per pareggiare i bordi.
Ci ho impiegato davvero poco e mi sembra che il risultato sia soddisfacente. Ho già puntato dei contenitori bianchi presi all'Ikea... probabilmente durante il fine settimana faranno una brutta fine. Oggi vi ho dato una scusa per mangiare gli ultimi cioccolatini di Natale, mi dovete un favore!

giovedì 19 gennaio 2012

La rivolta contro il total white

A casa mia, quando ero piccola, i colori erano vietati. Non dico ovviamente in tutto, ma nell'arredo decisamente sì. Mio padre faceva il designer e in teoria avrebbe dovuto avere parecchio gusto per il colore, e invece nulla... pareti rigorosamente bianche e mobilia wengè. Se per sbaglio la sedia si accostava al muro macchiandolo, allora mi mettevo d'impegno con mia sorella e mio fratello a cancellare la traccia del misfatto, perché altrimenti erano guai. Mai visto un quadro appeso, vietato qualsiasi poster. Avevamo alcune lampade di Castiglioni perché mio padre aveva lavorato con lui, ed era veramente una tragedia doverle pulire sotto il suo sguardo super severo. Sul terrazzo tendoni immutabili a strisce bianche e verdi con due sdraio intonate, ma questa era l'unica concessione.

Sarà perché eravamo in cinque in cinquanta metri quadrati, e quindi ci voleva una certa neutralità di fondo, sarà perché i mobili erano stati comprati cambiale su cambiale, il fatto è che non abbiamo mai avuto molte possibilità di "interpretare" il nostro spazio. Beh, in effetti non c'era nemmeno lo spazio da interpretare. Così ora guardo con invidia a chi osa decorare, colorare, sperimentare, a chi riesce a fare accostamenti con materiali e tinte senza apparente sforzo: io alla fine mi vesto sempre di nero, mentre la mia casa "da grande", forse per reazione, è un'accozzaglia di colori, che è lontanissima da quel risultato che ho in testa, ma chissà come mai, alla fine mi accontento di com'è fatta una cosa comprata e non la miglioro, perché magari la rovino. 

Ora però mi sono proprio stufata, quindi nel fine settimana ho intenzione di fare qualche cambiamento in casa (non so bene cosa ne penserà Fabio): tanto anche se sbaglio, o se viene una cosa un po' storta, non muore nessuno, no?  

mercoledì 18 gennaio 2012

Lavori in corso

Gli ingranaggi sono in moto e stanno facendo davvero molto rumore... mi sa che c'è parecchia ruggine!
Allure di V. Muratyan
Non so per quale motivo, ma ho preso la ferma decisione che mi confezionerò un abito per un matrimonio a cui dovremo partecipare in aprile. Non so perché io mi voglia fare del male, non sono così esperta da poterci riuscire senza esaurimenti nervosi e scatti d'ira, e probabilmente finirò da Zara all'ultimo momento per cercare qualcosa a portata di tasche. 

La balzana idea è partita da un'immagine vista sul blog di Vahram Muratyan, graphic designer che ha messo a confronto Parigi e New York attraverso dei disegni davvero brillanti. Nell'illustrazione "Allure" si vede il famoso little black dress, che tutte le fanciulle eleganti dovrebbero avere nell'armadio...io ho un bellissimo vestitino nero nell'armadio, ma lì giace dal dì in cui Madre Natura, in combutta con il terribile  Mr. Pane&salame, decise che mai più avrei indossato la taglia 42, si parla di ere geologiche fa. Lì la mente ha fatto un balzo, pensando a questo matrimonio, non proprio imminente, ma quasi, e al fatto che non ho nulla che mi stia bene da mettere. 

Momento di ribellione: basta, sono stufa dei soliti vestitini comprati in fretta e che mi stanno pure male. Basta col consumismo da matrimonio. Un bel vestito sartoriale e via, per tutte le occasioni importanti userò quello. Poi, momento di Hybris... ME LO FACCIO IO! 
Così ho scartabellato i miei Burda, ho cercato qualche ispirazione nel sito di Elsie, che mi piace molto, e alla fine ho partorito con somma fatica un disegno banale e scialbetto. Ovviamente, dopo aver lavorato così alacremente ho scoperto che per pochi dollari si trova un modello uguale su modcloth... forse conviene decisamente lasciare perdere e vedere se spediscono in Italia.

Anche la Isa intanto è molto impegnata, ma fortunatamente non con pensieri così futili. Per la prima volta le ho comprato una noce di cocco: è stata felicissima di bere il suo latte con la cannuccia "come le sirene" (non so bene che sirene frequenti) e di vedermi spaccare il frutto, anche se in un impeto di violenza cieca (ho pensato alla testa di alcune persone mentre brandivo il martello). Ma è stata ancora più felice quando abbiamo trovato un seme. Spero sia un seme e non il bozzolo di un qualche insetto schifoso.

Il seme in questione è stato messo in un vasetto, munito di bandierina di riconoscimento e posto in un inespugnabile recinto di lego. Ha deciso che non porterà più bambole all'asilo, ma solo il suo cocco, e continua a guardare la terra, sperando di veder nascere un germoglio. Chi sa come si coltiva un cocco, è pregato di mettersi in contatto con la sottoscritta.

martedì 17 gennaio 2012

I capelli e la solidarietà femminile

Da quando ho iniziato a lavorare nel mio mefitico ufficio, in mezzo a laboratori e cappe chimiche mal funzionanti, mi sono venuti i capelli bianchi. Non molti, intendiamoci. Inizialmente tre, tre di numero, poi sono aumentati, fermandosi ad una più che dignitosa dozzina. Ovviamente questa sporca (non in senso letterale) dozzina è tutta collocata intorno alla scriminatura, in modo da essere più evidente sotto la luce impietosa della lampada del bagno. Sono sempre stata una fan dell'henné, ed ho sperimentato tutte le tonalità di ramato disponibile sul mercato mondiale:  ultimamente però il pastone immondo sulla testa iniziava a darmi noia, così ho iniziato a comprare in erboristeria una tinta fai da te. Anche qui mi sono sbizzarrita con un po' di rossi, di castani e anche un audace color violetto mirtillo, che però non ha riscosso particolare successo a casa.
Anjelica Huston nei panni di Morticia Addams
Sabato, stufa di vedere intrusi argentati tra i miei capelli, già sufficientemente zebrati per i troppi esperimenti tricologici, ho capito che era giunto il momento di rinfrescare la situazione e ho acquistato la fatale confezione. Ma sì, questa volta provo il "bruno"... che sarà mai, sarà un castano scuro.
No, non lo è. E' nero. Nero nero. Quel nero da settantenne che pretende di far credere che i capelli, neri, nerissimi, che ha in testa sono i suoi originali. Insomma, ho scoperto sulla mia pelle, anzi sui miei capelli, che c'è nero e nero e se non sei propriamente una venere, l'effetto non è quello tipo misteriosa orientale dalla capigliatura corvina, ma è questo... "nero vecchia pretenziosa" (dovrei brevettare la dicitura e proporla alla L'Oreal). E' un nero che mi fa ricordare tutte le foto delle mie prozie greche, dotate di capelli-sopracciglia- baffi spessi, evidenti e neri. Insomma, sono un fallimento darwiniano: tra me e le parenti elleniche nate negli Anni 30 non c'è stata alcuna evoluzione.
Questa mattina ho messo un post su Facebook, in cui riassumevo in due parole la mia disavventura, e buona parte delle mie amicizie femminili mi ha dimostrato piena solidarietà in questo momento difficile della mia vita. Se avessi scritto che mi ero rotta una gamba, non avrei ricevuto così tanta partecipazione. In fondo c'è di vero che tutte le donne prima o dopo hanno infierito sui propri capelli: per sentirsi più seduttive con un nuovo fidanzato, per tirarsi sù dopo che lo stesso fidanzato le ha scaricate, per riprendersi da una batosta qualsiasi, per sentirsi diverse o esattamente come prima, solitamente prima che il bastardo in questione rovinasse loro la vita. Di solito c'entrano comunque gli uomini e il bello è che raramente un uomo si accorge di pettinature o colori di capelli rinnovati. 
In questo caso c'è di buono che la tinta in questione non dipende da un imminente divorzio o da un esaurimento nervoso: l'ho fatta solo per incrementare minimamente la mia già provata e traballante autostima. I capelli non mi hanno aiutata, ma i commenti e i consigli partecipati delle mie amiche decisamente sì. La solidarietà femminile esiste.

lunedì 16 gennaio 2012

Hot fuzz!

Non so cosa ne pensiate degli action movies: chiacchierando con amici ed amiche molto più intellettuali di me, a volte penso di essere una buzzurra cinematografica, visto che almeno una volta in vita mia mi sono sorbita un qualche film con Steven Seagal, l'unico in grado di decapitare un uomo con una carta di credito insieme a Chuck Norris, conosco quasi a memoria le battute di Grosso guaio a Chinatown e Die Hard- Trappola di cristallo, e ho guardato parecchie volte Point Break, in un momento di infatuazione adolescenziale per Keanu Reeves. 
Io la domenica mi intristisco e non è il caso di peggiorare ulteriormente le cose con Lars Von Trier, quindi ho cercato nel mio archivio post 2006 (anno in cui è nata la Isa, spartiacque tra il periodo "cinema due volte la settimana" e il periodo "cos'è un cinema?") e mi sono vista il film Hot fuzz di Edgar Wright. E' la rivisitazione dei film d'azione americani, ma non una semplice e banale parodia, bensì un film dove il montaggio è serratissimo, la trama è divertente, il finale non è banale e inoltre ci sono parecchie trovate nonsense geniali (come il conflitto "a fuoco" tra poliziotti e commessi del supermercato verso la fine del film). 

La trama in breve: Nicholas Angel è il poliziotto più efficiente  di Londra, e proprio a causa di questo viene silurato da colleghi e superiori invidiosi, che lo mandano a Sanford, città rinomata per essere la più tranquilla e con il più basso tasso di criminalità d'Inghilterra. Ma anche qui accadono avvenimenti strani: morti molto sospette liquidate da tutti, poliziotti compresi, come semplici incidenti, sulle quali il sergente Angel comincia ad indagare, in un crescendo di situazioni rocambolesche, che lo porteranno a scoprire che dietro le apparenze del classico villaggio della campagna inglese, dietro ai sorrisi cortesi dei vicini, si nasconde un inquietante intrigo.

Moltissimi sono i colpi di scena, le scene un po'splatter alla Sam Raimi e le citazioni "colte"da film come Point Break:  impossibile raccontarvi tutto perché vi rovinerei il finale, e il finale, con la grande sparatoria nel villaggio, con insospettabili vecchiette che imbracciano il fucile, è davvero molto, molto divertente! La prossima domenica sera non fate gli intellettualoidi (tanto non ci crede nessuno): guardatevi Hot fuzz e magari, tanto per restare in tema di poliziotti in villaggi dove non succede nulla,  concludete la serata rispolverando Kops di Josef Fares (il regista di Jalla Jalla!)... vedere Benny super Cop prepara meglio al lunedì|

sabato 14 gennaio 2012

L'etica degli zainetti

So che siamo molto lontani da settembre, ma mi perdonerete: devo iscrivere la Isa alla prima elementare e in questi giorni mi sto facendo trasportare dal vorticoso e limaccioso fiume delle chiacchiere da giardinetti di madri molto più "sul pezzo" di me. Stufa delle deliranti considerazioni sulle presunte qualità di questa o quella struttura (stiamo parlando delle elementari, non di una facoltà universitaria!), e non  riuscendo a sdrammatizzare a dovere con queste ruggenti mamme tigri, stasera, grazie all'articolo che ho trovato sual sito fastcodesign, ho cercato di vedere l'argomento sotto un altro punto di vista: quanto ci fa sprecare la scuola? Non si parla di tempo, intendiamoci, ma di quanti rifiuti e sprechi produciamo ogni 6 settembre, o giù di lì.
Corredato da un'illustrazione particolarmente efficace, il testo invita a riflettere su quanto consumano, e sprecano, studenti e genitori per tutto quello che c'entra con la scuola, dai quaderni all'abbigliamento, dall'elettronica ai trucchi. La statistica, forse un po'superficile per certi aspetti, si conclude con alcuni consigli di buon senso  su come incidere meno sull'ambiente con i propri acquisti. 
Il consumo critico mi sta particolarmente a cuore e cerco di metterlo in pratica meglio che posso, ma qui la questione è un'altra: a parte le spese per il materiale vero e proprio, sul quale è più semplice operare scelte etiche, a parte la scelta di lasciare sempre a casa l'auto per gli spostamenti, si pone la questione dell'abbigliamento e degli accessori, che purtroppo, e l'abbiamo sperimentato un po'tutti sulla nostra pelle, concorrono a fare di bambini e ragazzini degli esclusi dal gruppo dei compagni. Il problema si pone già in tenera età, figuriamoci alla scuola media...ve la ricordate la canzone  Tapparella di Elio e le Storie Tese, vero?
Da genitore la questione si fa referendaria: volete voi che i vostri figli siano quelli con lo zainetto di bamboo, senza Gormiti o Barbie, senza l'astuccio a quattro piani, tipo torta nuziale, dei cucciolinimorbidosi, senza quelle belle scarpe neon con lampadine-rotelline-ombretto-rossetto, fatte a loro volta da bambini che mai e poi mai potranno averle, se non vendendo un rene?
Volete voi quindi che i vostri figli siano considerati degli sfigati? 
Fino a qualche anno fa avrei detto incondizionatamente sì, poi però sarei sembrata Fiona di About a boy... 
Alla fine ho  risolto in maniera molto salomonica: compro semplicemente meno, penso a cosa serve davvero e cerco di spiegare i miei motivi con moooolta pazienza a mia figlia, anche quando sbraita, in piena crisi di astinenza, di fronte alla vetrina della cartoleria, perchè vuole lo stesso giochino cretino dell'amichetta. Poi magari cedo comunque, e lo testimonia il fatto nella cameretta in pratica si fa fatica a trovare posto per i piedi, ma almeno ci provo a resistere, o almeno a scegliere davvero.
Intanto eviterò accuratamente le pubblicità sull'argomento, vedrò di fare un discreto pressing psicologico sulla dubbia bellezza del total pink della Barbie, ma  lo so che tanto alla fine a settembre, per un suo sorriso, le comprerò comunque lo zainetto di quelle zoccole delle Winx. 

venerdì 13 gennaio 2012

L'eleganza delle parolacce

Solitamente leggo più libri contemporaneamente, a seconda di dove mi trovo. Leggo i libri più impegnativi a casa di sera (proprio ieri ho citato Infinite Jest di Wallace, che giace sul mio comodino ormai da tempi immemori, insieme a Il re pallido, sempre di Wallace...io amo Wallace!), mentre per gli spostamenti casa-ufficio, mi limito a testi più leggeri, dal punto di vista fisico o, più banalmente, letterario.
Da L.Littizzetto, F.Valeri, L'educazione delle fanciulle
Visto che sono in un momento un po' vintage e Franca Valeri mi è sempre piaciuta moltissimo, ho comprato il libro L'educazione delle fanciulle, un dialogo tra Luciana Littizzetto e Franca Valeri sulle donne, su come sia cambiato l'approccio alla vita, all'amore e ai rapporti con l'altro sesso.
Un testo leggero, divertente, dove vengono accostate le riflessioni esplosive della Littizzetto a quelle più "inglesi" della Valeri, perfettamente calata nei panni della signorina snob, con un risultato che a volte, credo volutamente, sembra quasi incoerente. Ho letto in queste pagine un box molto divertente, scritto dalla Littizzetto, a proposito delle parolacce, e spero di non incorrere in qualche grana, pubblicandolo qui.
Purtroppo in alcuni casi faccio un ampio uso delle parolacce, probabilmente in ufficio credono che sia affetta dalla sindrome di Tourette, ma se sono in un momento di forte frustrazione, non posso farne a meno...mi scappano.
Fabio non mi aiuta, perchè anche lui è un estimatore del linguaggio colorito ed è del parere che se nostra figlia le sente in casa, non le troverà così proibite da usarle in abbondanza solo per farci uno sgarbo. Per ora, per fortuna, il suo pensiero sembra funzionare: so che la Isa ha un vocabolario interiore di parole volgari che però non usa, se non limitatamente al dantesco "culo", ma riferito a quello del nostro gatto.
Alla fine si tratta di una questione di registro linguistico: con le maestre di mia figlia mai mi sognerei di sproloquiare, idem discorrendo di libri o per lavoro. Ma quando sei arrabbiato, o per la lamentela vibrante, si tratta di una questione di efficacia, il discorso perderebbe in verve! La lingua italiana è famosa per offrire un'infinita varià di parolacce, e se le ha usate persino Dante nel suo Inferno, allora un po'il senso di colpa mi passa.

giovedì 12 gennaio 2012

Dalla libreria allo stop motion

Per fortuna esiste Flipboard.
Quando sono sui mezzi pubblici e il libro che sto leggendo è troppo pesante da portare nella borsa (Infinite Jest di Wallace in effetti è un esercizio non solo mentale, ma anche fisico, vista la mole!), per la gioia dei borseggiatori, mi perdo nelle notizie che questa favolosa App per Iphone raccoglie.
Sul sito tissy, che raccoglie spigolature interessanti dal web, ho trovato il video The Joy of Books , realizzato da una coppia di librai di Toronto per farsi un po'di sana (in questo caso lo è davvero!) pubblicità: è una storia alla Toy Story, dove i libri, una volta chiusa la libreria, si animano in danze allegre e variopinte sulle note di Grayson Matthews.
 Il video è girato in Stop Motion, una tecnica che io adoro, utilizzata non solo per le animazioni, ma anche per parecchi video musicali, ad esempio dei Coldplay: spulciando nel web ho ripescato questo video di Oren Lavie, che nel 2010 ha ricevuto una nomination ai Grammy, dal titolo Her Morning Elegance : vale la pena dargli un'occhiata! 
Il film Coraline e la porta magica è un bellissimo esempio di animazione in stop motion ed è stato il primo ad essere girato in stereoscopia con una doppia fotocamera digitale: il regista è lo stesso di Nightmare before Christmas, sembra un film per bambini, ma in realtà è un racconto surreale con risvolti addirittura freudiani...dopo averlo visto, ho fatto dei sogni piuttosto agitati!

L'orchestrina

Ho frequentato una scuola media a orientamento musicale e andarci mi piaceva davvero tanto. Mi avevano fatto un test attitudinale ed ero stata assegnata alla classe di pianoforte. All'inizio ero felice: mi impegnavo, facevo esercizio un'ora al giorno e non mi pesava, ma poi, ad un certo punto, l'insegnante di pianoforte mi ha fatto chiaramente capire che ero scarsa. Punto. Sei scarsa. Non sarai mai come la tua compagna Anna, che in più è pure simpatica, carina, bionda e con gli occhi azzurri. 
Le ingiustizie della vita. 
Alla fine dei tre anni odiavo il pianoforte, mi faceva venire l'ansia, e ogni benedetta settimana uscivo dall'aula con un senso, non troppo vago, di frustrazione e umiliazione addosso.
Ora il mio pianoforte serve da appoggio per i giocattoli nella cameretta della Isa e attende tempi migliori.
Fabio invece è un vero appassionato di chitarre, nonostante l'insofferenza palese che i suoi genitori hanno sempre dimostrato: suona in un gruppo, prende lezioni e ha un discreto "parco strumenti", appeso in bella mostra sopra al nostro divano, al posto dei quadri o dei poster. Inoltre periodicamente arriva qualche amplificatore, qualche cassa, che poi spariscono, scambiati con altro.
Nonostante le mie frustrazioni musicali da mediocre esecutrice, sono convinta che la musica sia fondamentale nella vita di ciascuno e che sia un peccato non coltivare questo interesse. In generale, avere interessi ci tiene lontani dal senso di solitudine che ogni tanto fa capolino e quindi sto cercando di regalare a mia figlia questo per il suo futuro: una passione, un interesse, che possa accompagnarla nei giorni più belli e in quelli peggiori. Così, appena le salta in mente qualcosa da fare, cerco di assecondarla e di non "smontarla" mai.
Ogni volta che accompagniamo Fabio in qualche negozio di strumenti, passiamo il nostro tempo davanti alla vetrina dei flauti e allo scaffale delle percussioni, cercando i nomi degli strumenti meno consueti: abbiamo una discreta collezione di tamburelli, maracas, nacchere e kazoo, che poi usiamo a casa facendo improbabili concertini. 
La musica è un linguaggio innato, che ci appartiene da quando sentiamo per la prima volta risuonare il battito del cuore nella pancia di nostra madre. Non deve essere un'imposizione, un ricatto, qualcosa che ci mette alla prova misurando il nostro valore: suonare in tedesco si dice spielen, in inglese play, cioè giocare, e noi a casa nostra giochiamo con la musica, cantando, suonando, facendo filastrocche cretine.
La settimana scorsa la Isa mi ha chiesto una fisarmonica...una richiesta originale per una bambina di cinque anni, che quindi valeva la pena accontentare: fortunatamente esistono molti strumenti musicali per bambini a prezzi decisamente ragionevoli, e così oggi l'ho accontentata. Il denaro usato per comprare libri e strumenti non è mai sprecato e ancora di più l'ho pensato vedendola suonare le sue melodie sconclusionate, facendo piroette in mezzo alla cucina.

Aiutarti io posso!

Stavo cercando un segno del destino oggi, così, solo perchè ero in ufficio e lì hai sempre bisogno della speranza che qualcosa cambi, ed ecco che mi è piombato addosso questo segno, sotto forma di una mail. Un'amica del corso di cucito, la mia insegnante, mi ha chiesto di correggere la bozza di un progetto, al quale vorrei partecipare anch'io, e più scrivevo, limavo e cercavo le parole, più pensavo a cosa potrei fare per questa iniziativa: insomma, cosa SO fare? cosa VOGLIO fare? Ok, con il cucito sono parecchio indietro rispetto allo standard che mi sono prefissata, quindi fare la piscinina, cioè l'aiutante di bottega, sarebbe un buon inizio. Ma oltre a questo? Forse è il momento di tirare fuori quello che so veramente fare, ma vai a capire di cosa si tratta! Così il segno del destino è arrivato, non me lo voglio far scappare, ma qui la situazione si sta facendo quasi psicanalitica. Mi sono affidata al mio Yoda da tavolo, una specie di Magic 8 Ball , molto invidiato da tutte le colleghe dell'ufficio: il responso, secondo il disegnino esplicativo, è "credo di sì". Non so a cosa si riferisca, ma almeno una cosa buona c'è: per scrivere questo post ho imparato che dentro alla Magic 8 Ball c'è un dado a forma di icosaedro

mercoledì 11 gennaio 2012

Come trarre moderne ispirazioni dal passato...

Ultimamente mi sono molto appassionata agli illustratori degli Anni 50 e 60. In libreria ho scoperto un bel libro per bambini di  Miroslav Sasek, pubblicato nel 1958, che racconta per immagini la città di Parigi . Questo libro fa parte della serie This is, che comprende anche altre località, come Londra, New York, Roma, San Francisco, e che è stata ristampata negli ultimi dieci anni da Rizzoli.

Il testo è a misura di bambino, con annotazioni lievi e spesso buffe su abitanti e consuetudini, le illustrazioni sono di quelle che piacciono a me: pulite, un po'geometriche e mai zuccherose. Le figure sono spesso accostate come parti di un collage, con proporzioni volutamente scombinate e tecniche mescolate, un naif che non è mai compiaciuto, che non prende in giro il piccolo lettore.

Un'illustratrice che si ispira a questo stile, è la svedese Ingela Arrhenius, che ho scoperto proprio oggi curiosando sul web in cerca di stoffe particolari da comprare e tenere nella cesta in attesa di qualche idea fulminante.
Molti sono i libri per bambini, gli oggetti, i poster e i patterns per stoffe che ha creato: si occupa anche di etichette di prodotti comuni e pubblicità e se la vita quotidiana degli svedesi, l'educazione e il gioco dei bambini sono allietati da questo gusto estetico, allora davvero sono due spanne davanti a noi!


martedì 10 gennaio 2012

Buoni propositi?

Mi serve anche un corso di cucina!
Questa mattina mi sono messa d'impegno a cercare qualche buon proposito per l'anno nuovo. Qualcosa mi ronza in testa, forse è una consuetudine stupida, ma il 31 dicembre, per la prima volta in vita mia, mi sono resa conto che ho centrato tutto quello che mi ero prefissata per il 2011: dedicarmi un po' al tedesco, iscrivermi ad un corso per imparare qualcosa di nuovo, coltivare un po'di più le amicizie.
Ometto volontariamente i buoni propositi sentimentali e familiari, perchè quelli mi fanno solo stare male...mi sentirò fino alla morte una pessima madre (anche se so che la mia rosea bimbetta ricambia il mio sconfinato amore) e una moglie ancora peggiore!
Sto prendendo lezioni di tedesco, anche se faccio i progressi di un lombrico, ho frequentato un corso di cucito, che mi ha fatto conoscere delle ragazze molto simpatiche e ha fatto nascere in me nuovi interessi, ho coltivato qualche nuova amicizia, che, in qualche caso, è diventato un legame fraterno.
Posso ritenermi soddisfatta. Avanti così allora? Beh...continuo le lezioni di tedesco, domani sera esco con delle vecchie amiche, giovedì mi vedo con le mie sartine per qualche nuovo progetto, nel fine settimana invito a cena la mia amica con tutta la famiglia...però per quest'anno voglio avviare anche altro.
Vediamo che spunti vengono fuori.