venerdì 23 novembre 2012

Ho visto mucche felici...

Quando ho voglia di farmi un giretto in campagna, senza dover macinare chilometri e chilometri di strada, solitamente vado dalle parti di Morimondo o di Gaggiano. A guardare bene, il grigio di Milano è limitato in alcuni punti da aree verdi agricole inaspettatamente attive e popolose. Chi viene da fuori pensa che Milano sia cemento, ma in realtà la perdita della vocazione contadina è un fatto relativamente recente e a casa mia rimane ancora il ricordo della tal cascina in via Lorenteggio, con la chiesetta antica dove andavano a nascondersi i bambini, piuttosto che dei fossi con le rane in mezzo a campi di nulla. Cose di prima della guerra, cose di Milano prima del boom, cose che io non ho mai visto, ma che ho solo annusato attraverso il lessico familiare della mia infanzia. 
Qualche mese fa io e Fabio abbiamo portato la Isa in una cascina a vedere gli animali. C'erano i soliti asini un po'puzzolenti, con il ciuffo o la frangetta, i vitellini che dietro ai cancelletti aspettavano il biberon di latte, e una sfilza di mucche con gli occhi tristi, che spingevano con il muso e la testa per aprirsi un varco al di fuori del recinto, dove a terra, in una sorta di canale di scolo, c'era sparpagliato un pastone marroncino. Ci hanno fatto una pena infinita. Non solo per la fine a cui sono destinate, ma per la vita che devono condurre. Un'osservazione tra tutte, che detta da una bambina di cinque anni fa davvero effetto: perché i vitellini stanno da soli di là e prendono il biberon, quando qui ci sono le loro mamme? La gita in fattoria ha perso il connotato festoso che aveva inizialmente. Alla faccia dell'allevamento bio! Abbiamo rilevato la stessa incongruenza anche in un'altra cascina, che offre nei fine settimana delle attività didattiche per bambini. Anche questa si fregia del bollino bio, ma anche qui abbiamo notato la stessa cosa: vitellini in recinti singoli, separati dalle madri; mucche nutrite con pastoni dall'aria non propriamente naturale e chiuse in un recinto parecchio affollato. 
Tutte le volte che vedo gli animali delle cascine, mi riprometto di diventare vegetariana, ma l'abitudine, la pigrizia e la golosità, remano contro i miei ottimi propositi etici. 
Non mangio tutta la carne: non mangio conigli, cavalli, maialini, vitelli, agnelli e capretti per convinzione, e in particolare non voglio cibarmi di cuccioli. Però sono un'orribile consumatrice di genitori di cuccioli, basta che non siano al sangue.
Una sera abbiamo visto, miracolosamente in prima serata, il film Fast Food Nation (guardatelo, non è affatto male!), che per un bel po' ci ha tenuto alla larga dai vari Mac Donald's, ma poi, si sa... quando è domenica sera e non hai un cacchio in casa...o quando la bambina è invitata ad una festicciola...sì, lo ammetto, la mia etica trova delle barriere, delle scuse ben squallide...non riesce a superare lo scoglio del crispy mac bacon o del più banale panino col salame. 
Ci siamo visti anche Super Size Me, ma anche lì...un po'di astinenza e poi... eppure credo di essere una persona sensibile, che prova empatia per tutti gli esseri dell'orbe terracqueo (a parte i lumaconi in giardino e i topi che vogliono entrarmi in casa), ma, a prescindere da tutte le disquisizioni sulla salubrità o meno dei fast food e sul loro impatto socio ambientale,  è come se la bistecca che mi ritrovo nel piatto fosse un frutto che cresce in qualche cespuglio o su un albero. Periodicamente mi ci metto, ma niente da fare, alla fine cedo all'etto di Golfetta.
Il colpo di grazia per la mia labile coscienza animalista è stato leggere Se niente importa di Foer, che spiega dettagliatamente quali siano le modalità con cui vengono condotti gli allevamenti intensivi, in particolare di pollame e di maiali. Si tratta di un libro allo stesso tempo giornalistico e filosofico, che vuole dimostrare, alla luce di fatti documentati e dimostrabili, come il vegetarianesimo sia la scelta logicamente più corretta.
L'autore è convincente e fornisce anche una scappatoia per i "drogati" carnivori: se proprio non puoi fare a meno di consumare carne, almeno scegli gli allevamenti che assicurano un alto tenore di vita (sostanzialmente libero accesso al pascolo, socialità adeguata a seconda della specie e cibo non manipolato) e una buona morte al bestiame.
Ho iniziato a comprare molta meno carne per la famiglia, anche se la fettina al burro mi ha sempre risolto la cena in extremis, mannaggia. 
Non ne abbiamo bisogno. Siamo abbastanza iper nutriti e iper proteici. Purtroppo per ora l'accesso a carne di provenienza sicura, da aziende ad esempio che abbiano operato scelte etiche nei confronti dei loro capi, è piuttosto difficile, perchè il bollino del biologico non assicura che gli animali vengano realmente allevati al pascolo, o, nel caso dei polli, "a terra": quando leggiamo questa dicitura, vuol dire che gli animali possono accedere all'aria aperta perchè c'è uno spazio esterno al capnnone o alla stalla, ma non possiamo sapere di che spazio si tratti, né se siano sottoposti a trattamenti crudeli, come la recisione del becco, oppure l'estrazione dei denti (nel caso dei maiali). Anche le mucche che abbiamo visto quella domenica erano all'aria fresca, ma decisamente non a brucare l'erbetta.
Però io ho visto mucche felici e ho dovuto aspettare la bellezza di 33 anni per toccare con mano che non è possibile solo nei film o nei documentari sulla Nuova Zelanda. In Trentino Alto Adige, in Svizzera, in Austria e in Scozia, tutti paesi che abbiamo toccato per vacanza o per lavoro negli ultimi tre mesi, abbiamo visto animali liberi nei prati, sul ciglio della strada o in grandi aree verdi con bassi recinti in pietra, che più che servire a delimitare lo spazio alle bestie, erano necessari per proteggerle, ad esempio, dal vento scozzese che soffia davvero forte. In Austria i recinti dei pascoli sono fili di plastica azzurri tirati tra paletti di metallo, e le mucche brucano la loro erba ad alta quota in tutta tranquillità, scavalcano qualche fiumiciattolo, oppure riposandosi accanto ai vitelli. Tutto molto bucolico. Di certo una buona vita per questi animali. Non so che tipo di morte li attenda, ma in queste realtà si respira rispetto per il bestiame, non certo perchè gli allevatori svizzeri o scozzesi siano tutti degli attivisti della PETA, ma perchè si tratta di un investimento, anche parecchio dispendioso, ben gestito. Se campi bene tu, campo bene io. E' un patto atavico: ti assicuro protezione dai predatori, cibo e cure, tu alla fine mi darai in cambio la tua carne. 
E' una realtà meno industriale e più umana. L'allevamento che viene praticato nei dintorni di Milano, per quanto voglia darsi arie di sostenibilità, manca di questo aspetto, anche se spero di sbagliare e di essere smentita da esempi "virtuosi". Si cerca di trarre profitto da aree limitate, concentrando gli animali in spazi troppo ristretti, che non consentono una nutrizione e una situazione sanitaria adeguate, né una socialità allineata con le necessità delle bestie.
Nonostante queste mie riflessioni, rimango comunque un mostro sanguinario mangia salumi, lo so, però è già un passo porsi il problema e non subire passivamente il cibo, buttandolo nel carrello a casaccio. Voi ci pensate agli occhi tristi delle mucche quando andate a fare la spesa, o sono io ad avere le fisse?


giovedì 20 settembre 2012

Seggiovie, funivie e marmotte: com'è andata a finire.

So che ardete dalla voglia di sapere se alla fine sono riuscita a piantare una delle mie solite figure di palta e che mi credete rinchiusa in qualche prigione austriaca, vista la mia lunga assenza da questo blog...beh, pettegoli, riponete le vostre speranze: sono tornata sana e salva, non ho fatto pessime figure e sono ancora persona gradita alle autorità locali. 
Sono partita un po' prevenuta nei confronti di questa prima vacanza montana e sono lieta di aver cambiato idea: la montagna è piena di cose da fare, anche se sei una neofita come la sottoscritta. La prima parte della settimana è stata baciata da un sole eccezionalmente caldo, così abbiamo deciso di fare l'abbonamento al sistema di funivie locali che in estate ti portano fino in Svizzera (in inverno la rete funziona a pieno regime ed è veramente estesa). 
Secondo i 120 abitanti di Ischgl (tutti albergatori multifunzione, visto che sono anche insegnanti di sci, guide turistiche moto e bicimunite, cuochi perfetti), se non fai la Silvretta Card sei uno stronzo. Questo è anche quello che pensa la sbalordita signorina dell'ufficio del turismo, che ci tratta da deficienti perché le parliamo in inglese. I tirolesi ti guardano con sospetto se parli l'idioma della perfida Albione, mentre sono molto più gentili e conviviali appena farfugli qualcosa nella loro lingua. Decido che vale la pena mettere alla prova il mio tedesco e devo dire che me la sono cavata, anche se la mia insegnante avrebbe rabbrividito a sentire tutti i verbi messi a casaccio nella frase. 
Ammortizzare il costo della Silvretta Card è stato un ottimo incentivo per muoverci. Abbiamo preso tutta una serie di aggeggi appesi a cavi d'acciaio: dalla funivia alla seggiovia a tre posti, a quella a cinque posti, fino ad una enorme funivia a due piani (che però porta ad una triste località svizzera duty free). I paesaggi sono ovviamente splendidi e guardando in basso puoi vedere anche qualche tasso o marmotta nei prati bucherellati dalle tane. Ci abbiamo provato col trekking, ma i risultati sono stati un po' scarsi. Sul confine tra Austria e Svizzera  abbiamo tentato una  discesa a piedi verso un lago, il livello però non era alla nostra portata:  sentiero con terreno difficile tra le rocce e con una pendenza esagerata; a farci sentire definitivamente degli inetti ci hanno pensato famigliole biondissime con bimbi cinquenni al seguito, che si lanciavano bardati da cross con le loro mountain bike nelle discese ripidissime e sassose della Silvretta Arena, praticamente il paradiso di tutti gli appassionati di bicicletta che non vedono l'ora di spaccarsi qualcosa in qualche crepaccio.

Abbiamo optato per qualche passeggiata blanda ad altitudini meno elevate e abbiamo scoperto che ad esempio intorno ad un lago puoi trovare un piccolo parco acquatico per bambini, con zattera per giocare ai pirati, grotte in cui nascondersi, fontanelle per rinfrescare i piedi provati dagli scarponcini, il tutto senza custode, ben tenuto, curato e soprattutto frequentato con rispetto dalle persone. A Milano avremmo trovato la fune della zattera tagliata, la grotta con le pareti piene di scritte e disegnetti di organi genitali maschili, la griglia presa d'assalto da orde vocianti. Invece lì tutto tranquillo. Idem nella zona per bambini di Ischgl, dove una ragazza che non arrivava a vent'anni sorvegliava un grande spiazzo con tappeti elastici, motorette a gettone, un gonfiabile per bambini. Tutto gratis. E al tavolino del ping pong c'erano tutte le palline, gli skateboard venivano riposti in ordine dopo l'uso in una scatola e nessuno si sognava di fregarsi queste cose! In questo vedi la differenza con l'Italia... 

Fabio si è fatto qualche giretto con la moto a noleggio, confermando l'impressione che anche i motociclisti qui ne hanno di cose da fare, visto l'ottimo manto stradale, il mix di curve e il panorama.
Quando però arriva il brutto tempo, con la Silvretta Card puoi fare ben poco: beh, questo ovviamente valeva per noi, visto che, nonostante i nuvoloni bassi che circondavano il paese, abbiamo comunque visto coppie di qualsiasi età andare a camminare nei boschi. 
Non eravamo pronti a tanto, così evitando accuratamente i musei di cultura contadina che pullulano in tutta la valle,  abbiamo cercato sulla guida qualche città da visitare.
Poco distante da Ischgl c'è la cittadina di Landeck, che pare immeritatamente bistrattata da tutti i turisti. Proviamo ad andarci, visitiamo il castello e lì ci cucchiamo, nostro malgrado, uno dei terribili musei di cultura contadina di cui sopra. 
Questo è organizzato molto bene, perché ha anche una piccola caccia al tesoro per rendere più interessante il percorso ai bambini: il vero problema è che questa cultura contadina è di una tristezza epocale, altrochè Dolce Remì! 
Il depliant per bambini racconta di povertà, di bambini costretti ad andare a lavorare in Germania nei mesi estivi e che a volte morivano sui passi di montagna (i cosiddetti Schwabenkinder), di nomadi locali, dei Karrner, perseguitati e trucidati dai nazisti dietro segnalazione della brava gente tirolese. Il tutto condito da Madonne con petto sanguinante e corona di teschi umani. Diciamo che è stata una visita difficile, con molte, colpevoli, omissioni da parte mia. 
Allontanandoci di un centinaio di chilometri da Ischgl, abbiamo visitato Innsbruck, bellissima città con una scenografia naturale da favola, punteggiata dall'oro degli edifici storici di Maria Teresa, che patisce però l'eccessivo turismo dall'Italia portandone tutti i segni, tra cui pacchiani negozi di souvenir con completini tirolesi made in P.R.C. e marmotte parlanti.
Consiglio invece la cittadina medievale di Halle In Tirol, con il museo secchionissimo della zecca.
La gita più bella è stata a Bregenz, la capitale del Voralberg, che sorge sul lago di Costanza. Di solito il lago con il brutto tempo è un po'triste, no? Ecco, forse per chi è abituato a non molti giorni caldi all'anno, le cose stanno diversamente. Lungolago gremito di persone, bancarelle dove comprare tante specialità da mangiare, ma soprattutto una sfilza di barchette elettriche gialle e rosse da noleggiare a prezzo abbordabilissimo per fare un giro sul lago. Ma perché dalle nostre parti non se ne vedono? Beh, tanto per cominciare, se ci fossero costerebbero un botto sicuramente, e poi i ragazzini ci farebbero i soliti disegnini sconci.
Beh, in soldoni, sono felice di aver cambiato idea sulla montagna, sono stata bene: è stata una delle migliori vacanze che abbia mai fatto. Però, come sempre mi accade quando torno da un paese di lingua tedesca, adesso mi è venuta voglia di fare il cervello (A.B.Normal) in fuga. E tutto per delle barchette rosse e gialle.

lunedì 20 agosto 2012

Arrivo a destinazione

Eccoci di nuovo a Ischgl. Il viaggio è stato meno avventuroso questa volta, visto che ci siamo fatti prestare il navigatore e i nomi dei paesi ci risultavano già familiari. La Isa si conferma passeggera da 10 e lode: non un capriccio, vescica salda e vomitata rituale solo a destinazione e pure dentro a un tombino.
Nei pressi dell'albergo ho avuto il mio momento di cedimento: e adesso che cacchio facciamo? Vedevo solo donne di mezza età equipaggiatissime per la montagna tornare dall'escursione, uomini corpulenti a bordo di Honda Goldwing con improbabili carrellini al seguito,contenenti chissà cosa. E noi cosa ci facciamo qui? Siamo arrivati in albergo, dove ci ha accolto Claudia Schiffer in salsa tirolese (anche la casellante lungo la strada pareva uscita da una pubblicità... Peccato il piglio perentorio e accigliato con cui ti chiede gli 8 euro e 50 del pedaggio) e siamo andati nella camera, che abbiamo scoperto essere grande quasi come casa nostra.
Panico.
Ci sono asciugamani ed accappatoi sufficienti per una famiglia di 8 persone,c'è pure una borsa già pronta per il centro benessere e il sapone non è di quelli viscidi degli alberghi da poco...
Il panico cresce.
Sento che qui ci scappa la figura barbina, tipo che porto la bambina in piscina, facciamo troppo casino e ci cacciano. Oppure vado con le mie infradito del mercato, che quindi non sono a norma, e mi cacciano. Insomma, mi prefiguro situazioni in cui ogni ragione è buona per cacciarmi con biasimo... Forse è la sindrome da italiano all'estero in paese civile popolato da persone bionde, educate e belle.
Decidiamo di fare quattro passi: c'e poca gente in giro, anche se probabilmente il motivo è che qui dopo le 5 spariscono tutti a preparare la cena. Poi sentiamo della musica e ci imbattiamo nella festa della Croce Rossa locale, dove buona parte dello staff e degli avventori indossa il costume tipico. Un gruppo suona, la gente è alticcia e batte le mani. Passano piatti con torte che paiono frittelle enormi con una grossa ferita di marmellata rossa. Passa la macchina della Polizei e un tizio li manda a cagare così, gratuitamente, e io e Fabio subito pensiamo ai poliziotti del film Kops, che si devono inventare reati per tenere aperta la centrale di polizia nel paesino troppo tranquillo e a corto di manigoldi. Ci prendiamo una media e ci mettiamo a guardare. La Isa batte le mani ed è contenta. Guarda i ragazzi al tavolo di fronte vestiti da tirolesi e ci chiede un vestito così per il gatto e il criceto.
La birra a stomaco vuoto inizia ad entrare in circolo e l'ansia via via scema. Viene anche a me da ridere e da battere le mani; prometto alla Isa che troveremo dei costumi per Ozzy e Robo: al limite spoglieremo qualche orrendo peluche a forma di marmotta tirolese.
Il prato è verde, il cielo è azzurro, il sole tra un po' se ne andrà. Secondo me ce la posso fare a non farmi cacciare.

domenica 19 agosto 2012

Affrontare la montagna

Mai fatte vacanze in montagna. Ci sono stata in gita con la scuola media, due volte, e sarà per questo che l'associazione di idee vacanza- montagna mi riesce difficile.
Quest'anno però Fabio ha ricevuto un invito dall'Ufficio del Turismo del Paznaun per un articolo di turismo (no, non è una località pugliese, è una valle austriaca!) e quindi abbiamo deciso di unire l'utile al dilettevole e di trascorrere lì un'ultima settimana di vacanza prima del fatidico rientro al lavoro.
Torneremo a Ischgl, dove siamo già stati in moto a giugno (vedi post).
Quando si tratta di vacanza al mare, fare la valigia per me è un attimo, anche se l'ingombro dei bagagli cresce in maniera incontrollata: provate voi a farci stare un materassino, i braccioli, secchielli e palette in un'unica valigia! E il corredo del gatto? La lettiera, il sacchetto di sabbia, il cibo comprato con lo sconto con settimane di anticipo, perché non vuoi farti pelare nel negozietto locale, che tanto non ha mai la marca che mangia Ozzy? Per questa settimana invece abbiamo deciso che dobbiamo stare nella misura aurea delle tre borse: un piccolo trolley, una valigetta a mano e un porta casco convertito a porta scarpe. Questa è la dotazione di valigie, rigorosamente spaiate e tutte diverse, che abbiamo a disposizione a casa nostra. Il resto andrebbe in sacchetti più o meno discreti, ma, visto che non ci sono materassini di mezzo e il micio rimarrà a casa per riprendersi dallo stress di due settimane confinato in appartamento, non ci sono scuse. 
Il fatto è che non ho la più pallida idea di cosa metterci in quelle stramaledette valigie! Se guardi le previsioni del tempo, la temperatura varia da 12 a 29 gradi, quindi vuol dire che puoi aver bisogno di tutto, dal pile al costume da bagno! E quindi? Stamattina ho cercato di trarre ispirazione del settore "escursionismo" del Decathlon di Bollate, ma anche lì...ogni prodotto ha una foto per mostrarti quali sono le sue condizioni ideali di utilizzo, ma se tu non sai cosa ti aspetta, come fai a scegliere? Fabio ha escluso che faremo come quelle famigliole baldanzose del settore "campeggio", tanto meno ci serviranno scarponi e bacchette del settore "escursionismo", scordiamoci lo sguardo avventuroso del settore "montagna". 
Mi arrendo. Le nostre normali scarpe da tennis? Ma se poi ci facciamo male alle caviglie su qualche sentiero? E se poi viene a piovere? E se fa troppo caldo e noi siamo troppo coperti? E se fa troppo freddo e noi siamo troppo scoperti? 
Il rischio di sembrare Totò e Peppino appena arrivati alla Stazione Centrale di Milano è tangibile.
Ok, calma e gesso, un bel respirone e vediamo di essere pratici. Raccogliamo le idee e acquistiamo qualche capo che sembra intelligente, di quelli che lavi la sera e la mattina sono belli asciutti e in ordine anche senza stirarli.
A casa la valigia non è più un problema: sistemo le solite magliette, i soliti pantaloni...il nostro non è un guardaroba da sciantosi, anzi...
Però aspetta, controlliamo se c'è la piscina nell'albergo...come ti hanno detto che si chiama? Andiamo a vedere il sito e i giudizi su Tripadvisor e lì lentamente l'agitazione si impossessa delle mie stanche membra sudate (oggi a Milano 40 gradi belli freschi...). 
E' un 4 stelle. 
Cazzo.
Ma allora la sera bisogna andare a cena tutti tirati a lucido...e noi siamo in versione Yeti, Big Foot! E adesso? Mi ritornano le ansie da tallone screpolato che mi erano venute tra le sciure in vacanza ad  Alassio, il disagio da scarpa da tennis consunta tra i tacchi 12, il male di vivere da maglietta dell' H&M a 4 euro nel marasma dei vestitini di seta griffati che valgono un mese del mio stipendio. 
Va bene, torniamo con i piedi per terra. Chi se ne frega. E' mai stato un problema? E' una vita che sono fuori luogo.
Aggiungo un paio di robette che non si stropicciano, cerco di piegare meglio che posso due camicie di Fabio. La Isa è a posto, perché finché è piccola posso far stare in valigia abiti per tutte e quattro le stagioni di ogni fascia climatica a disposizione sul globo terracqueo. 
Voglio tener fede alla mia promessa iniziale: tre borse piccole, non si sgarra. 
Adesso vediamo se si chiudono.


martedì 14 agosto 2012

A caccia di stelle

Lo so, lo so... è una convenzione, ma io la notte di S.Lorenzo se non vedo una stella cadente un po' ci rimango male. Ci rimango ancora peggio se il tempo è nuvoloso, oppure se sono in un luogo dove le troppe luci impediscono di osservare il cielo, perché penso che, mannaggia, sicuramente avrei visto stelle a bizzeffe. Alassio sicuramente non è il posto migliore per piazzare il telescopio: neon a volontà, illuminazione non propriamente discreta, a volte fasci luminosi che si proiettano verso Marte, forse per comunicare con gli extraterrestri...Bisognerebbe andare sulle alture a ridosso della costa, ma se sposti l'auto rischi di girare a vuoto fino a tarda notte, per trovare poi un posteggio rocambolesco a rischio di fiancata su qualche salita lontanissima.
Abbiamo quindi evitato scampampagnate tra amici cinghiali e abbiamo deciso di fare una passeggiata verso il molo.
Pensavo che le spiagge di sera fossero piene di ragazzini pomicioni e di combriccole cannaiole e invece mi sa che da queste parti sono tutti troppo concentrati a farsi vedere in giro in tiro e nessuno arriva al sodo!
Nella piazza principale c'era un DJ che sulla base del "Pulcino Pio" (mi rifiuto categoricamente di mettervi il link alla canzone, vi preferisco ignoranti su questo argomento) faceva ballare persone dai 3 ai 70 anni. Palco illuminato a giorno ovviamente. Intorno stabilimenti chiusi già dalle 19 e accesso alle spiagge praticamente impossibile, vista la presenza di cancelletti tra le cabine. Esistono solo un paio di angolini liberi, ma sono angusti e in punti molto scomodi.

Probabilmente è anche vietato rimanere in spiaggia oltre l'orario di chiusura, ci saranno vigili sub che emergono dalle acque e danno multe ai temibili usurpatori di sedie sdraio, mah.
Comunque, sfidando la legge, io e Fabio ci siamo lasciati alle spalle la discoteca a cielo aperto, le signore ingioiellate e i ragazzini con i portafogli a fisarmonica farciti dal papi, e siamo andati sulla battigia verso il porto.
Improvvisamente la musica molesta si è attutita fino a diventare appena percettibile: voci di persone impegnate in chiacchiere discrete, risate di ragazzi seduti ad un tavolino, un gruppo musicale che suona musica un po' surf col cantante che, poverino, si impegna, ma è proprio stonato. C'erano due sdraio spostate fino quasi alla riva del mare che sembravano quasi chiamarci e lí ci siamo seduti a guardare il cielo, pensando a ipotetici viaggi agli estremi opposti della Terra, raccontando desideri impossibili, con in sottofondo solo il rumore dell'acqua che si arrotolava ai nostri piedi.
A questo serve forse la notte di S.Lorenzo, a ricordarsi di guardare il cielo e fare progetti con chi ami, sperando che si avverino, esattamente come facevi a 18anni e come speri che sarai ancora in grado di fare a 80.
Stelle cadenti non ne abbiamo viste e anche per quest'anno i desideri non si avvereranno, ma almeno ci abbiamo provato.

lunedì 13 agosto 2012

Sul Muretto di Alassio....

"Sul muretto di Alassio tu trovi gli snob, c'è la Cicci, la Mary ed il Bob..."
Così recita una canzoncina degli anni Cinquanta che celebra la Dolce Vita in miniatura di Alassio, cittadina in provincia di Savona, dove stiamo passando una settimana da vacanza.
Fabio ha vissuto qui da bambino, ha qualche zia che abita qui e quindi ci veniamo almeno una volta all'anno. 
E regolarmente un po' ci pentiamo.
Solitamente stiamo in un agriturismo nell'entroterra di Albenga, tranquillo, lontano dal casino e con ottima cucina, ma in questo caso abbiamo approfittato dell'appartamento preso in affitto dai suoceri, che purtroppo è proprio di fronte al celeberrimo Muretto e sopra un'istituzione locale: il Bar Roma. Qui si sbronzava Hemingway, cinguettava il Quartetto Cetra e Marisa Allasio faceva girare la testa ai ricchi torinesi in villeggiatura. 
Roba d'altri tempi, roba da paparazzi.
Davvero, come recita la canzoncina, un posto pieno di snob, personaggi famosi anche di un certo calibro e signorine col nasino all'insù della ricca borghesia piemontese. 
Se uno non ha genitori un po'anziani e non guarda quei tremendi contenitori di spezzoni televisivi d'antan del dopo Tg1, come nel mio caso, probabilmente non ha la più pallida idea di cosa stia dicendo (per gli intenditori, il riferimento alla Signorina Snob di Franca Valeri è d'obbligo!).
Comunque, gli anni della Dolce Vita sono ormai sepolti, tante cose sono cambiate anche qui, e ne sono testimonianza le centinaia di piastrelline di ceramica che decorano il muretto, con le firme di celebrità: siamo passati dagli autografi di Hemingway e di Luois Armstrong a quelli di Maria Teresa Ruta e di Davide Mengacci... direi un pregnante segno dei tempi.
Beh, se poi pensate che l'evento clou della settimana di ferragosto è uno spettacolo di Paolo Limiti & friends...insomma,non esiste la mezza misura!
C'è un miscuglio di musica lounge ad altissimo volume, una grande ostentazione di abiti da passerella, di cosce tornite, di capelli freschi di parrucchiere, di zeppe costose, di passeggini gemellari e di Rolex. Ci sarebbe da fare un trattato di antropologia guardando la gente che passa per lo struscio serale, ma non trovo le parole... mi mancano! So solo che dopo una settimana qui, mi sento profondamente a disagio perché ho i talloni screpolati e ho portato in valigia capi d'abbigliamento sotto i 9,90€.



giovedì 26 luglio 2012

Tipi diversi

Chi prende abitualmente i mezzi pubblici a Milano sa bene che si possono fare incontri di ogni tipo: l'utenza varia a seconda delle zone toccate dalla linea tramviaria e ci puoi trovare la sciura con i guantini bianchi e la donnona con i gambaletti scesi, l'avvocato in completo elegante e il vecchietto in canottiera, bambini della scuola tedesca con il panierino in vimini e ragazzini sporchi che si dondolano appesi ai sostegni.
C'è un po'di tutto.
A volte sono arrabbiata, di corsa, nervosa, e allora gli altri mi danno fastidio, con i loro odori molesti, il profumo troppo forte o l'allergia congenita alla saponetta; altre volte invece, magari sono in vena di osservare, di scambiare un sorriso solidale con chi affronta con me il calvario di un ingorgo o dei lavori in corso. Semplicemente passo il tempo guardando i miei compagni di viaggio, spiando la copertina del libro che stanno leggendo (ma con gli e-book posso curiosare ben poco!), ipotizzando il perché di una telefonata dai toni così accesi, il motivo di una lacrima o di un sorriso abbozzato, la destinazione di quel viaggio in base all'abbigliamento o al contenuto di un sacchetto semirovesciato. Sui mezzi pubblici a Milano c'è una carrellata così vasta di varia umanità, che sarebbe impossibile farne un catalogo...
Nel giro di 24 ore ho fatto due incontri che mi hanno fatto distogliere dai miei pensieri e dalle mie letture... indovinate quale mi ha colpito di più.

Lui/lei
Il tram 31 arriva fino a Cinisello. Eleonora mi aspetta al limite della tariffa urbana, una roba che detta così ha del mitologico. Dobbiamo andare al concerto di Elio e le Storie Tese, ma non so se ci arriveremo, visto che grandina, tira vento e il cielo è un'unica nuvola scura. Mi si stanno asciugando addosso i vestiti bagnati dalla pioggia appena presa alla fermata, dove ovviamente non c'era la pensilina: c'è l'aria condizionata sparata al massimo, spero che non mi venga il raffreddore. Dietro di me sento distrattamente una voce maschile stridula, con la erre moscia e un lieve balbettio: cerca di convincere altri passeggeri a prendere i suoi depliant con la programmazione del Carroponte, un posto dove a Milano in estate fanno parecchi concerti interessanti. E' insistente, attacca bottone con tutti. Io non sto guardando, sono girata di spalle e sono alle prese col cellulare perché concordare con Eleonora dove ci troveremo.
Ad un certo punto sento questa stessa voce dire: "Ti piace il mio vestito blu? Hai visto come sono carina?". Mi giro. Dietro di me c'è un uomo sulla quarantina, alto e corpulento. E' semplicemente un uomo vestito da donna, senza innesti sintetici, senza chirurgia. E' un uomo grande e grosso con tanto trucco sul viso rosa e celeste, degli orecchini pendenti vistosi, un cerchietto bianco col fiocco e un tailleur azzurro di quelli che potresti vedere addosso ad una hostess. Chiede a due ragazzi, birra in mano, se la trovano carina e loro le rispondono che sì, è molto carina. Ma non ridono. Non lo prendono in giro. Non sono nemmeno particolarmente disorientati. Rispondono e basta, alzando un po' la voce.
A una vecchietta chiede se le piace la sua borsa, e la signora le dice con gentilezza che è davvero bella la sua borsa e che è proprio elegante. "Lo so, me l'ha detto anche mia mamma quando sono uscita, prima".
Prende una boccetta di vetro e inizia a spruzzarsi con gesto composto e continuo, da brava signorina. Io sono dietro, mi sento soffocare dall'odore troppo dolce e mi alzo, anche per evitare di essere involontaria beneficiaria di tanto dispendio di profumo. E la osservo per bene questa signorina fine con un improbabile corpo grande e sgraziato, la voce troppo squillante e da osteria, la mente posata su chissà quale pianeta, che si prodiga ad invitare tutti al Carroponte, perché lì ci si diverte e puoi anche trovare nuovi amici.
Le persone guardano, non si scompongono.
Devo scendere e lei mi si avvicina: "Hai visto che belle le mie scarpe azzurre? Le ho comprate al centro commerciale e le ho pagate solo 10 euro... anche le tue scarpe sono belle, sono verdi e ame piace il verde, ma preferisco l'azzurro. Senti, sono carina con questo vestito?". Io le ho risposto che stava proprio bene. L'ho pensato davvero e mi sono immaginata sua mamma che le aggiusta la giacca e le dà una carezza prima di uscire.

Lui e Lei 

Pomeriggio torrido di lavori in corso sulla linea della 90. Sto tornando a casa dal lavoro e mi sembra di impiegarci un secolo. La filovia fa la sua fermata davanti ad una di quelle palestre un po' sciccose, con la sauna e il bar interno che ti serve solo centrifugati di carota e poco altro, rigorosamente liquido perchè così lo pisci via un attimo dopo e non assimili. Salgono un ragazzo e una ragazza: hanno una ventina d'anni, sono snelli e muscolosi, ma non troppo, il giusto. Lui ha un ciuffo prepotente, occhiali costosi e una canottiera per evidenziare il pettorale, che in realtà è in costruzione, poveretto. Lei è bella, ha i capelli da pubblicità, un top striminzito che le arriva sotto al seno da coppa di champagne e i calzoncini molto corti. Lui la abbraccia da dietro, mentre la filovia si rimette in marcia a fatica. Una vecchietta guarda e disapprova. Il marito apprezza e fa la faccia soddisfatta guardando l'ombelico della ragazza. Lei si appende al collo del ragazzo e lo bacia. Plateale.
Stanno facendo il loro show, sono i giovani belli e ribelli  con i soldi di papino, che con arroganza squadrano dall'alto in basso noi travét della vita, perché loro non saranno mai come noi sfigati perdenti.
Lei ha delle grosse cuffie rosa che probabilmente le stanno facendo le orecchie alla coque, una vera bestemmia per chi, come me, ha visto l'avvento degli auricolari come la liberazione dalla spugnetta sintetica che fa sudare i lobi e si incastra negli orecchini, dal cerchietto di plastica che si rammollisce alla prima corsetta e ti cala sugli occhi; lui invece ha degli auricolari bianchi, il cui filo si perde nella tasca dei pantaloni col cavallo alle ginocchia.
Non si parlano e ognuno ascolta la sua musica.
Io penso solo "Quattro sberle, idioti..." Il viso dell'altra sfigata perdente di fronte a me pensa lo stesso. E  ci sorridiamo.

domenica 22 luglio 2012

Ti ho fatto una cassetta...

Da buona adolescente dell'era pre- mp3, mi registravo decine di cassette con le mie personali compilation musicali. Solitamente TDK da 90 minuti.
Diverse le tipologie: le migliori hit del gruppo o del musicista preferito, selezioni per stato d'animo o per situazione, raccolta per anno e via dicendo.
Non potendo dedicarmi per volontà paterna ad attività extra scolastiche ed avendo pochi amici da frequentare, avevo tutto il tempo di registrare cassette con meticolosa attenzione, facendo copertine personalizzate, con elenco dei titoli e disegno tematico.
Quando mi piaceva una canzone, visto che non avevo soldi per comprarmi il vinile, e in seguito il cd,  dovevo stare con la radio accesa tutto il pomeriggio, pronta a riconoscere il brano dalle prime note e a gettarmi sul tasto rec
La compilation casalinga poteva avere molteplici scopi: serviva a far conoscere all'amica tamarra qualche nuovo genere, a lasciare un ricordo agli amici delle vacanze quando arrivava il momento di ripartire, a farsi un'idea di quel musicista che conoscevi solo per una canzone, a far breccia nel cuore di qualche ragazzo. 
Quest'ultima cosa mi è sempre riuscita malissimo, ovviamente. 
Un po' di amiche tamarre invece sono riuscita a redimerle.
Io e Fabio da fidanzati ci siamo fatti a vicenda parecchie compilation. Lui mi metteva canzoni molto romantiche, tipo dei Megadeth e dei Sepultura  (qui un esempio), io lo ammorbavo con Max Gazzé e i Cranberries (in quel periodo andava così). 
Il più bel regalo che ho ricevuto è stata una cassetta in cui lui mi ha registrato una canzone composta appositamente per me. Però è una cosa così intima e personale, che fatico ad ascoltarla: mi lascia scossa per l'intensità del sentimento che c'era dietro e quasi mi imbarazza.

Da quando ci sono gli mp3, fare una compilation è roba da due minuti, ma non ricordo quando è stata l'ultima volta in cui qualcuno mi ha girato una playlist fatta apposta per me. 
Ognuno può andarsi a cercare un brano e scaricarselo se gli piace. Se un amico ha scoperto un nuovo gruppo, magari mi consiglia di recuperare l'album intero, perché tanto ci si impiega un attimo, ma non si prende la briga di farmi una selezione.
E' triste! Ma insomma, prendetevi cura di me, fatemi ascoltare qualcosa di bello! Fatemi ascoltare qualcosa a cui tenete!
Vi chiedo un favore allora: fatemi conoscere una canzone che vi piace e mi volete far ascoltare. Perché mi volete bene, o perché ritenete che i miei gusti musicali facciano schifo e mi dovete educare, oppure perché oggi vi ha fatto felici sentire proprio quel brano lì e potrebbe far contenta anche me.
Condividere una canzone è un anche gesto d'affetto e visto che ricomincia la settimana, ne ho davvero un gran bisogno!
Io metto la mia per stasera, Stormy Weather...un po' languida magari, ma adatta ad una ventosa domenica sera.

martedì 17 luglio 2012

Gite express

Non siamo decisamente una famiglia da sveglia all'alba e partenza baldanzosa, con l'attrezzatura giusta e la ghiacciaia rifornita. Se dobbiamo passare la domenica fuori, è raro che si salga in macchina prima delle 11, e anche preparandoci con tutta calma, riusciamo a dimenticarci qualcosa a casa, non abbiamo controllato preventivamente il percorso e non ci siamo premuniti generi di conforto.
Andiamo in maniera disorganizzata, ma di solito ce la caviamo.
Il pensiero di fondo è: magari ci rompiamo le balle...alla fine dopo tre ore in un posto, vuoi solo tornare a casa. 
A volte è vero, altre volte no. 
Le nostre partenze non intelligenti hanno il pregio di non farci incontrare il traffico degli intelligenti che partono alle 7e 32, tipo Furio interpretato da Verdone, quindi troviamo l'autostrada tendenzialmente vuota. Niente code al casello. 
In compenso non trovi un posto all'ombra per mangiarti un panino neanche a pagarlo e se vai in spiaggia, per arrivare alla battigia dall'asciugamano devi armarti di bussola. 
Domenica abbiamo fatto una delle nostre gite last minute: meta decisa alle 14, partenza alle 16, arrivo in loco alle 17, giro sul battello, gelato, e via a casa...rientro alle 20.
Posto carino, lo consiglio ai milanesi che in una domenica d'estate, dopo aver sistemato casa e digerito il  pranzo domenicale, magari si sentono un po'in gabbia: si tratta di Imbersago, località in provincia di Lecco, sul fiume Adda, dove è possibile farsi un giro sul cosiddetto traghetto di Leonardo, che collega semplicemente le due sponde del fiume sfruttandone la corrente, oppure prendere il battello Addarella e godersi pigramente il panorama. 
Noi abbiamo scelto quest'ultima soluzione. 
Durante la "navigazione" abbiamo fatto progetti su futuri pic nic, noleggi di canoe e passeggiate in bici, che probabilmente non avverranno mai perché ci muoveremo da casa troppo tardi per trovare posti liberi. 

Il "fusto" dell'Adda
Abbiamo anche avvistato due esemplari notevoli di fauna locale, cioè un airone cinerino, forse finto o impagliato per accontentare i turisti, e un "fusto", che, direttamente dal 1958, insieme al suo gruppo di amici vitelloni, ha atteso il passaggio di noi comuni mortali in sandali e calzoncini per lanciarsi in acqua da una fune legata ad un albero. Il tuffo è stato ovviamente disastroso, ma lasciamolo cullare nelle sue illusioni.

La mia illusione è stata pensare che le montagne che si stagliavano sullo sfondo del fiume, la vegetazione folta e brillante, le acque verdi e lucenti del fiume siano state fonte di ispirazione per qualche dipinto di Leonardo o per qualche passo dei Promessi Sposi. 
Certo, ora sono sull'Addarella e mi invento queste cose, ma alcune volte mi è capitato di trovarmi a sognare in bel altri contesti.... tanti anni fa ad esempio, quando sono stata in Normandia, ad Etretat, e ho visto la maestosa falesia bianca che si getta in mare, raffigurata in molti dipinti...uno tra tutti quello di Courbet.

"La falesia di Etretat dopo il temporale"- Courbet
Etretat
E' un'emozione grandissima ammirare dal vero paesaggi che hai visto in una fotografia artistica, oppure in qualche dipinto che ami particolarmente: io almeno, nota secchiona, di quelle che ascoltano sempre ciò che dice la guida e che leggono fino in fondo i pannelli espositivi del museo,  mi ritrovo a pensare "ecco perché ha scelto proprio questo posto, ecco sotto che luce ha visto questi volti, queste cose".
Ti senti parte, solo per un istante, di un processo creativo, e il bello è che sai come andrà a finire: per un attimo sei in vantaggio sull'artista, hai la palla di cristallo. 

Però calma, torniamo con i pedi per terra! Sono su un battellino, sto facendo un giro sull'Adda, e da queste parti ci campano attribuendo a Leonardo qualsiasi cosa. C'è un sottofondo musicale di Enya, che fa molto celto-padano, e che decisamente non si addice agli aneddoti su Ludovico il Moro. 
All'approdo c'è la classica gelateria che ti vende una pallina di gelato in cambio di un rene. C'è un parcheggione affollato di auto e la natura è decisamente molto addomesticata.
Mi sono improvvisamente mancati tutti gli appigli...volevo continuare fantasticare e invece è come essere caduti dal letto nel bel mezzo di un bel sogno...

Peccato che Etretat è lontana...non c'è partenza intelligente che valga per fare una toccata e fuga domenicale...mi sa che conviene puntare la sveglia un po'prima domenica prossima, così almeno il pic nic sul fiume riusciamo a farlo!


mercoledì 11 luglio 2012

Letture estive

sul comodino...
Appena finita la scuola, durante le medie, mia mamma stanziava cinquantamila lire di mancia da spendere in libreria. In pratica, un buono Feltrinelli ante litteram.
Il mio raggio d'azione però era parecchio limitato: da una parte il confine ultimo era via D'Alviano, dall'altra piazza del Rosario... l'equivalente di un catino rispetto all'oceano.
Grandi librerie, inesistenti.
L'unico negozio che vendeva libri era la cartoleria Maserati, specializzata in bigini (il quartiere Giambellino all'epoca era fucina di ragazzini molto studiosi e morigerati).
Portavo al commesso il mio elenco di libri, ma oltre ai super classici dell'Ottocento e a qualche BUR di autori latini non si andava. Impossibile ordinare.
Poi alle superiori il mio territorio si è parecchio allargato e finalmente sono approdata ai megastore del centro. E allora le cinquantamila lire di budget sembravano proprio non bastare mai e mi spingevano ad operare scelte laceranti tra questo o quell'autore. Di solito mi buttavo sui cofanetti in offerta, da qui la mia abitudine di farmi la bibliografia di uno scrittore dall'inizio alla fine: roba da filologi o da malati mentali o da tutti e due.
Il problema di molte persone che amano la lettura è che dopo un po', non abitando propriamente di lussuose case con biblioteca privata e non avendo metri lineari liberi a disposizione, i libri diventano appoggi di fortuna, scale per raggiungere il ripiano più alto in cucina, ferma porta, e altri usi fantasiosi. Qualche mese fa ho riflettuto a lungo sull'acquisto di un e-book reader, proprio per ovviare al problema di dove mettere i futuri acquisti nella nostra casa ormai a tappo. C'è poi da considerare quanto "pesa" la cultura nella propria borsa: un conto è portarsi le mille e rotte pagine di Infinite Jest di Wallace, un altro è trovare spazio per la snella Opera da tre soldi di Brecht. Tenendo conto che per me l'unico momento in cui posso leggere senza distrazioni è proprio quello del tragitto casa- lavoro- casa, la questione non è di poco conto.
Fabio voleva regalarmi un e- book reader per il mio compleanno, ed eravamo andati in un grande negozio per acquistarlo: sono stata davanti allo scaffale un sacco di tempo, non riuscivo a decidermi, quasi mi sentissi in colpa solo a toccare la confezione. Alla fine l'ho preso e sono andata al piano di sopra con la Isa a cercare un libro per lei, qualcosa sugli animali. Appena la porta dell'ascensore si è aperta sul primo piano della libreria e ho visto tutte quelle copertine colorate che mi chiamavano, ho riportato a razzo al piano di sotto l'e-book reader e, quasi a sanare una cattiva azione quasi compiuta, ho comprato qualche libro a caso, tra cui la raccolta di racconti America Oggi di Carver. Se non l'avete letto, fatelo subito!
Comunque qualche giorno dopo mio fratello ha pensato bene di togliermi dall'atroce dubbio, e mi ha fatto arrivare un Kindle Touch per posta.
A quel punto mi sono fatta passare ogni scrupolo.
A caval donato non si guarda in bocca.
Se poi tenete conto che sul web si trovano centinaia di titoli in pdf... Come si fa a non approfittare della tecnologia?
Leggere in fpdf sul Kindle è un incubo, ma se vi interessa, esiste il programma gratuito Calibre, che converte nel formato desiderato gli e- book recuperati in rete e altrimenti non scaricabili su e- book reader di questo tipo.
Bene, ora ho la conoscenza a portata di mano. Ovunque io sia posso togliermi il capriccio di trovare libri di ogni tipo e di ogni epoca.
Bene, benissimo, ma a questo punto però mi ritrovo con un dilemma: ho iniziato contemporaneamente l'ultimo libro di Gramellini, due di psicologia infantile, un libro sulla storia del quartiere Giambellino e un testo teatrale di Brecht. Sul Kindle ho un libro di Wallace già iniziato e non ricordo nemmeno più cos'altro. Ho intenzione di recuperare il libro di Sofri sull'anarchico Pinelli e fare un giro in libreria per curiosare sulle ultime novità.
solo che ho tre settimane di ferie...
Mi sa che mi porto dietro Gramellini, ma non so se lo riesco a finire.



martedì 3 luglio 2012

Canta che ti passa, Tere!


Ogni giorno, appena l'ascensore si apre sul piano dell'ufficio che occupo da un mese a questa parte, cerco un buon motivo per non pigiare il tasto 0, correre alla filovia e ritornare a casa.
Ovviamente il primo motivo per cui non fuggo, è che bisogna tenersi stretto il lavoro, che di questi tempi, si sa, scarseggia.
Lo stipendio non è un buon motivo: direi che è più che altro simbolico, ma non lamentiamoci, perché si sa pure questo, non è così scontato.
Già perché parrebbe che il lavoro non è un diritto, si deve guadagnare con i sacrifici...ma qui potrei sbagliare, perché magari le parole sono state male interpretate...insomma, si sa...lost in translation...e chissà mai che il ministro che le ha pronunciate non sia stato frainteso... sempre a pensare male.
Ok, non ci si può mai lamentare quando si parla di questo tema, pare. Anche perché poi si scatena la guerra tra poveri, tra chi ha più diritti assicurati da un contratto e chi ne ha meno...senza contare chi non ne ha proprio o chi il lavoro non ce l'ha.
Allora va bene, lascio perdere, lascio stare ogni mattina, anche se mi verrebbe voglia di fare un bel comizione con le bandiere. Anche se mi verrebbe da dire, a chi rende più difficili le cose, solo per dare dignità a quello che fa ogni giorno, che magari è ora di guardare anche oltre e capire che finché si è presi completamente da se stessi, non si può capire cosa sia il mondo là fuori.
Un bel respiro profondo, e via, si comincia, ché tanto poi il segreto è limitare al minimo i rapporti interpersonali, così eviti pettegolezzi, scorrettezze, rotture, un po'come quando metti la testa nello zaino, fingendo di cercare qualcosa, così il prof si dimentica magicamente di te e non ti interroga. Peccato che poi ti chiama regolarmente.
Oggi la giornata è stata particolarmente impegnativa. Non tanto per i compiti da svolgere, visto che non "tiro la lima" in fabbrica, né me ne sto sotto al sole a scavare con una ruspa, tanto meno faccio operazioni a cuore aperto o complicati calcoli astrofisici per salvare la terra dal prossimo impatto con un asteroide.
Il lavoro è impegnativo quando è noioso come la morte e schiaccia qualsiasi guizzo di personalità.
L'essere umano, quando si rende conto di essere in catene mentali o fisiche, trova sempre una via d'uscita per non abbrutirsi. Così ho iniziato a caricare dati questa mattina pensando al film che ho visto ieri sera, Il grande freddo.
L'ho guardato volentieri anche questa volta, ma ripete talmente in maniera ossessiva il messaggio "eravamo tanto idealisti, e ora guarda come siamo diventati", che mi ha fatto tornare in mente quella scena molto ironica di Caro diario in cui Nanni Moretti vede al cinema un film su ex Sessantottini rovinati dal rampantismo anni '80.
Non ho quindi pensato alla trama o al messaggio, altrimenti avrei cercato la morte trafiggendomi con qualche matita acuminata, ma alla splendida colonna sonora.
Ho già scritto che quanto a gusti musicali a volte sono un po' retrò, ma mi sembra sia innegabile che queste canzoni siano tra le più belle degli ultimi 60 anni:

1. Marvin Gaye - I heard it through the grapevine
2. Temptations - My girl
3. Rascals - Good lovin'
4. Smokey Robinson - The tracks of my tears
5. Three dog night - Joy to the world
6. Temptations - Ain't too proud to beg
7. Aretha franklin - (You make me feel like a) Natural woman
8. Smokey Robinson and the miracles - I second that emotion
9. Procol Harum - A whiter shade of pale
10. Exciters - Tell him
Ce ne sono anche altre, che però non sono state incluse nella compilation, peccato!

Alla fine, sempre caricando i miei dati nella maschera grigia del programma di contabilità, mi sono ritrovata a cantare I heard it through the grapevine, e nella testa non mi ronzava la versione di Marvin Gaye, ma quella dei Creedence Clearwater Revival, perché mi piace di più, è molto più ruvida e quando sono in mezzo a persone che non mi piacciono anch'io divento un po' ruvida e ho bisogno di aiutarmi con qualcosa che mi faccia calare meglio nel ruolo di quella che poi alla fine te la fa pagare ( ma non ci sono mai riuscita).
Poi ti rivolgono la parola, ti fanno cadere le braccia, ti ricordano dove sei e la musica si spegne.
Peccato, avevo appena iniziato a lavorare tranquilla.

venerdì 29 giugno 2012

Un viaggio in moto.

Io non sono fatta per guidare. Non riesco a guidare nulla, faccio fatica pure con il carrello della spesa, soprattutto perché solitamente mi tocca quello con la ruota sifulina.
Ho la patente da due anni e l'ultima volta che ho preso l'auto è stata durante l'esame di guida.
Non vado in bici perché temo gli automobilisti incazzosi di Milano, davvero una brutta razza, e l'ultima volta che ho preso il motorino è stato nel 2000. Avevo un favoloso cinquantino Tomos che usavo solo in vacanza, sulle colline della Liguria di Levante, per raggiungere la spiaggia. All'andata tutto bene, perché il paese era in cima ad un cucuzzolo e quindi, sfruttando la discesa, arrivavo giù a razzo, ma al ritorno...beh, diciamo che gli amici andavano avanti e io arrivavo dopo un bel po'...pedalando.
Non mi fido molto di me stessa come pilota: conosco i miei limiti e soprattutto quelli della mia miopia, quindi non voglio essere l'ennesimo pericolo ambulante. Come passeggera, fino al completo sviluppo del mio lobo frontale, cioè fino ai 16 anni circa, mi sono fatta scarrozzare dai personaggi più loschi e ambigui (compreso un tizio che si fregiava di aver investito con la Vespa un cinghiale e di averlo portato in trionfo alla propria madre per farne salumi e ragù), senza pormi particolari problemi sulla mia incolumità personale. Ho anche guidato una R4 alle 2 del mattino senza avere la minima idea di cosa stessi facendo, giusto per provare ad andare dalla piazza del paese a casa (200 pericolosissimi metri in discesa con incrocio).
Col tempo sono diventata come un assicuratore che calcola rischi e variabili (avete presente Ben Stiller in "Alla fine arriva Polly"?), quindi per Fabio, che di lavoro fa il giornalista e prova moto di ogni tipo e in ogni contesto, non deve essere facile avermi come "zainetto".  Nonostante questa mia crescente paura lagnosa, ci siamo divertiti a lungo andando in giro con mezzi di vario genere, dalle moto modello divano a quelle così scomode, che se ci porti la fidanzata significa solo che vuoi farti lasciare entro le successive 12 ore.
Mai sentita sulle ali della libertà o immagini simili, espressioni che spesso sento da appassionati che ho conosciuto. Mi sono sempre sentita solo sul baratro della morte.
Qualche settimana fa ho accompagnato Fabio in Austria per una trasferta di lavoro, e dopo sei anni (una vita!) sono risalita su una moto. Abbigliati ed equipaggiati, insieme ad una ventina di altri motociclisti, abbiamo fatto un bel po' di chilometri tra passi di montagna, prati, cascate, cibo favoloso e viste magnifiche. Per il primo tratto ho passato in rassegna tutte le divinità che conosco e ho fatto voti, promesso sacrifici, sgranato ipotetici rosari, da quello buddista a quello cattolico. Ho anche fatto un paio di testamenti, ma non potendoli mettere per iscritto, ho lasciato perdere.
Ma poi... beh, poi mi sono divertita. Mi sono divertita eccome! E anche più di prima, perché erano lontanissimi tutti gli argomenti che riguardavano il lavoro, gli impegni familiari, gli screzi e le preoccupazioni. Ero io e me la stavo cavando bene. Me la sono cavata anche a parlare in tedesco, e mica con un accademico di Berlino, bensì con strampalati austriaci dalle improbabili acconciature e basette.
Nonostante fossimo in compagnia di tedeschi e austriaci non propriamente socievoli, mi sono piaciute tante cose così "motociclistiche", tipo fare il cenno col piede o con la mano per salutarsi, sentire la fatica della strada, fermarsi a riposare in qualche posto mangereccio, perché bisogna ristorarsi un po' dopo ore di coccige compresso, fermarsi semplicemente a osservare e sentirsi vicino a ciò che vedi, senza alcuna barriera. E ti senti amico di tutti, perché tutto è a portata di mano e puoi sempre scegliere di prendere quella strada lì, anche se non sai bene dove porta.
Poi torni alla realtà, e c'è la corsa per arrivare in orario, c'è l'autobus colmo di gente arrabbiata, c'è l'ufficio con tutte le pressioni e le insoddisfazioni, la casa che pare scoppiare, e pensi alla prossima volta in cui rivedrai certi orizzonti, certe stelle, certi sorrisi, che paiono accendersi solo in situazioni così uniche e particolari.
Sono pronta a partire, aspetto solo che arrivi una nuova occasione.

venerdì 1 giugno 2012

Come riacciuffare un criceto

Avere un criceto in casa è un atto di crudeltà nei confronti di un gatto come il nostro. Ozzy è un felino con la F maiuscola ed un formidabile cacciatore, quindi vedere un piccolo roditore peloso che corre all'impazzata in una scatola trasparente è per lui  un invito a cena, della serie "basta solo trovare l'apriscatole".
Dopo un attento studio ingegneristico, venerdì sera il caro vecchio Ozzy, ha trovato il modo di aprirsi la sua simmenthal scaraventando la gabbietta giù dal mobile. Risultato? Robo il criceto si è nascosto sotto il letto della Isa.
Questo accadeva alle 23.30 ora locale.
Per farla breve, trovare un criceto nella cameretta della Isa è impossibile, vista la quantità di giochini somiglianti al criceto stesso e di anfratti impossibili da raggiungere da mano adulta.
Alla fine abbiamo optato per un rimedio assolutamente biologico e naturale: abbiamo liberato Ozzy dal bagno in modo almeno da individuare il fuggitivo.
Ozzy con una sua recente conquista
Per tre volte Ozzy ha acchiappato Robo, per tre volte il povero Robo è finito in bocca a Ozzy, uscendone sempre più ciucciato, ma vivo. Al terzo tentativo, siamo riusciti a levarlo dalle fauci del micione, senza comunque riportare un graffio, e a scovarlo rintanato nella casetta dei Mini Pony, mimetizzato dietro ad un gabinettino mignon.
Tutto ciò all' 1.30 del mattino.
Con la cameretta esplosa, luci a giorno in casa e la Isa che intanto non si era accorta di nulla.
Da questa stancante vicenda abbiamo tratto due insegnamenti: che Ozzy si conferma un cacciatore infallibile e che i criceti sono particolarmente stupidi.
Ho pensato di cambiare lavoro: farò da manager a Ozzy e con la nostra società di derattizzazione bio ecologica manderemo in fallimento tutti i concorrenti. Oggi chiamo l'Amministratore e inizio a farmi pagare la parcella arretrata.

lunedì 21 maggio 2012

Diventare improvvisamente ricchi.

Rob in un momento di meditazione Zen
E' di qualche giorno fa la notizia secondo la quale il Governo vorrebbe tassare il possesso di animali domestici in quanto beni di lusso. Una proposta che ogni tanto salta fuori e che poi viene frettolosamente ritirata.
Non sapevo che il mio gatto, domiciliato a casa mia, ma residente in strada dalla mattina alla sera, mi rendesse una detentrice di beni di lusso. Mio zio Pierino aveva un esotico canarino o pappagallino, ora non ricordo, ma viveva nelle case popolari di via Vespri Siciliani...stai a vedere che era un evasore totale con i conti in Svizzera e io non lo sapevo! Beh, visto che basta così poco per sentirsi ricchi, abbiamo allargato la famiglia e ci siamo presi un bel criceto.
Ovviamente non abbiamo preso il solito criceto pacifico e giuggiolone, facile da addomesticare...macchè, troppo semplice! Abbiamo preso un Roborosky, che credo sia quello più piccolo in circolazione, più fifone, più veloce nel correre e fuggire a nascondersi. La Isa ha investito tutto il suo salvadanaio per l'acquisto della ferrari delle gabbiette, tutta in plexiglas con tubo esterno a gomito, e qui in effetti abbiamo un chiaro esempio di bene di lusso. Quando siamo tornati a casa con il nostro tesoretto ci siamo trovati di fronte a svariati imprevisti:
1) il criceto, ribattezzato Rob Orosky, che per analogia con la nota pornodiva è diventato Rob Orlowsky, è fuggito due volte, arrampicandosi sulle nostre mani e lanciandosi da altezze per lui improponibili.
2) Trovare un criceto nascosto nella cameretta di una bambina di 5 anni richiede lo smontaggio completo e trasporto in altra stanza della suddetta cameretta, e questa operazione, eseguita alle 22 della domenica sera, è un filo snervante.
3) I gatti a volte interpretano l'arrivo di un altro animale come se si trattasse di un fratellino più piccolo e te la fanno pagare per questo.
A Ozzy sono venute le crisi di gelosia. E' risaputo che il nostro gatto più che un gatto è un cane, anzi, un essere umano, per essere precisi, direi un adolescente. Prima di tutto ha cercato di scassinare la gabbietta, poi, vinto dalla resistenza del polimetilmetacrilato, ha iniziato a osservare l'intruso in attesa del momento migliore per aggredirlo. Era sempre in giro a caccia di topi, ma ora perchè uscire se il topo è in casa? Solo che è una sofferenza vedere la bimba che fino a ieri ti ha vessato, ti ha attaccato la carrozza della Barbie al collare, ti ha obbligato a dormire con lei sotto le coperte, perdere il suo tempo a dare semini ad un topo. Come fare a riconquistarla? Ecco l'idea! Acchiappi un uccellino, ti intrufoli in casa e glielo porti in dono fino quasi sul letto! Peccato che quella brutta grassona di sua madre ti blocchi con la scopa e ti separi dalla tua amata così...bastava così poco, pochi centimetri....
Ovviamente questo è successo sempre domenica sera, dopo aver rimontato la cameretta.
Insomma, a me non sembra che i miei animali siano un bene di lusso dal punto di vista economico: sono un lusso per la mia pazienza, questo è certo.
Tutto questo capitalismo è stressante, mi sento oberata dalla mia ricchezza animalesca: mi sa che stanno meglio i poveri, quelli che sono meno ingordi di me e delle vecchiette col bastardino a salsiccia che girano per Villapizzone. Loro si accontentano della barchetta e della villetta. Mi sa che è più giusto che continuo a pagare io le tasse e non loro, è giusto che me ne mettano una in più se sono così ricca da avere un gatto e un criceto.

venerdì 4 maggio 2012

Non chiamateli anziani...

La nuova frontiera dell'emigrazione: la festa di compleanno via Skype
I miei genitori hanno in due l'età dell'Italia unita. Sono curiosi, si tengono aggiornati, ma quanto a innovazioni tecnologiche si sono fermati al telecomando. Da anni immemori girano per casa loro alcuni schemi dettagliati, miniati  da noi tre figli (mio padre è molto esigente in materia di rappresentazioni grafiche), per comprendere il misterioso funzionamento dei tasti play e rec e il recondito significato della freccetta singola e delle doppie freccette.
Hanno un video registratore e un lettore dvd che giacciono inutilizzati da qualche parte e ogni tanto devo fare consulenza telefonica quando c'è qualcosa che non va nello stereo.
Di solito il problema dipende dal recondito significato e dal misterioso funzionamento di cui sopra.
La loro frustrazione maggiore era quella di non saper usare Skype per poter chiacchierare con mio fratello in Germania e per vedere il nipotino lontano: generalmente una volta a settimana organizzavo a casa mia uno Skype party per loro, in cui potevano fare esercizi di lallazione con mio nipote e assillare mio fratello e mia cognata con domande accavallate e un po'ansiose. Non potevamo comprare loro un computer: il grosso ostacolo era costituito dal fatto che per loro sarebbe stato un attrezzo concettualmente inavvicinabile.
Se hai problemi col tasto play, come puoi affrontare Ctrl+Alt+Canc?
Due settimane fa mio fratello, mia sorella ed io, dopo aver visto nostra madre depressa a causa della lontananza dal nipotino, abbiamo decretato che Skype installato su un IPad poteva alleviare le sue sofferenze. Poi abbiamo acceso dei ceri votivi, abbiamo sacrificato montoni a Zeus, io mi sono beccata il bastoncino più corto e quindi sono stata incaricata ufficialmente di acquistare l'aggeggio e, soprattutto, spiegare a mamma e papà il suo funzionamento.
Non avete idea degli schemi che ho fatto, con fedele riproduzione dello schermo, suddivisi per singola App, ma là per là c'è stato solo un tiepido benvenuto un po'imbarazzato, dei "ma noi siamo anziani, cosa vuoi che ne capiamo". L'IPad è stato messo a nanna in carica (a casa dei miei ogni oggetto corredato di caricabatterie viene tenuto in religiosamente in carica almeno 12 ore al giorno) e noi ce ne siamo andati a casa con le pive nel sacco.
L'indomani sono iniziate le tempeste tecnologiche di mail, messaggi, telefonate: con la frase "provate, tanto se ci smanettate un po' mica si rompe" avevamo scatenato l'uragano. In breve, nel giro di una settimana hanno imparato autonomamente a mandare messaggi, mail, navigare su internet, leggere i quotidiani on line, guardare i video (non se ne perdono uno) sulla versione per IPad del Corriere o di Repubblica e ascoltare musica su youtube.
La Isa ha insistito con la nonna per scaricare Cut the Rope e Fruit Ninja e le ha insegnato a giocare: mia mamma, dopo un iniziale disinteresse, ha decretato entusiasta che Cut the Rope tiene la mente più sveglia rispetto alla Settimana Enigmistica.
Su Skype hanno ancora in sospeso la richiesta di contatto di una certa Brenda Collins, ma di certo loro, i paladini del "non accettare caramelle dagli sconosciuti", sapranno come difendersi.

martedì 24 aprile 2012

168, l' anteprima dell'inferno

Mi piace moltissimo la cucina cinese. Dai tempi non sospetti in cui adavo con i compagni delle medie al mitico ristorante "Hu Luigi" di via Giambellino, appena posso mi concedo un involtino primavera o gli spaghetti di riso. Alcuni amici e conoscenti mi hanno parlato di un ristorante con la formula all you can eat in v.le Jenner a Milano, il 168, decantandomene la qualità, l'abbondanza e la cura degli arredi.
Ecco, probabilmente questi amici e conoscenti hanno dei seri problemi a tutti e cinque i sensi, hanno la mente obnubilata dal magnetismo solare, o, semplicemente, hanno dei gusti molto diversi dai miei.
Qui, io e Fabio abbiamo avuto un assaggio di un girone infernale a vostra scelta, visto che ce n'era per tutti i gusti.
Innanzitutto il colpo d'occhio: domenica a pranzo, folla variegata e variopinta alla ricerca del low cost e della pancia piena, che, come tante formiche, scorre lungo banconi colmi di cibo. Piatti con piramidi alimentari complete, equivalenti a 3 pasti tradizionali per quantità (e questo è solo il primo giro!) tra le mani di uomini corpulenti e donne altrettanto corpulente di ogni età.
Aspettiamo qualche minuto che si liberi un tavolo (sono circa 400 coperti e non c'era un buco libero alle due del pomeriggio), poi un solerte cameriere madrelingua cinese ci fa strada tra la folla in attesa ai banconi dove viene cotta la carne in diretta: lui cammina con passo svelto, noi tentiamo di stargli dietro facendo schivare gomitate in testa alla Isa. Ad un certo punto lo perdiamo di vista, ma ecco che riemerge, solo che noi abbiamo dimenticato la bussola e il navigatore satellitare, quindi fatichiamo ad orizzontarci all'interno del locale strapieno.
Ci sediamo e siamo già pentiti. Molto pentiti. Non siamo schizzinosi, abbiamo mangiato ovunque, dalla bettola pane e salame al ristorante elegante, con standard di pulizia da "gatto sull'affettatrice" fino a "presidio medico chirurgico", ma il 168 è altro. E' un osservatorio sui meccanismi più reconditi dell'animo umano e sulle conseguenze di un mercato "alla cinese", cioè quantità versus qualità. Se siete reduci da una giornata di lavori edili in cima ad un'impalcatura, coronata da due ore di corsa in salita, allora probabilmente la vostra fame può giustificare un pasto in questo ristorante: annebbiati dal brontolio di stomaco, non fareste certo caso alla qualità della cucina, che sforna piatti a velocità warp in maniera sospetta, cosa resa possibile grazie al fatto che questo posto è evidentemente un porto franco dello schiavismo. A parte la mortificazione del sapore, è la convivialità stessa del pasto ad essere sacrificata: a meno che non vi troviate seduti in prossimità delle "isole" di cibo, è praticamente impossibile che i commensali mangino contemporaneamente, visto che non è consigliabile lasciare incustoditi oggetti personali.
La fauna è notevole, almeno di domenica:  Fabio ha provato l'esperienza pre- morte di trovarsi schiacciato tra una donna dalle grosse braccione al vento e un omone tatuato in canottiera, in attesa del proprio turno per far cuocere la carne (nel loro caso, una montagna di carne).
Io sono stata costantemente preceduta da una donna anziana, con maglia acrilica con stampa finto pied de poule, che riempiva sistematicamente il piatto con una quantità di cibo pari al contenuto della vaschetta in alluminio in cui era presentato: ci sono 10 involtini primavera? E lei se li prende tutti. Otto cucchiaiate di pollo alle mandorle? E via! La spazzolatrice riesce a farle stare in un piatto piano, senza farne cadere nemmeno un po'.
E io dietro, forse l'unica a bocca asciutta in tutto il locale. Probabilmente la signora "aveva fatto la guerra" e risentiva della sindrome da buffet, di cui spesso soffrono le persone di una certa età, non trovo altre spiegazioni plausibili.
Insomma, andate al 168 solo se siete molto frustrati e avete voglia di pogare.

martedì 17 aprile 2012

E Biancaneve fece tutto da sola... o no?

Io e Fabio amiamo il cinema: prima che nascesse la Isa capitava che ci andassimo anche due volte la settimana, di solito una prima visione scelta e meditata tra quelle offerte sul Corriere e un film d'essai a caso nella nostra sala preferita, l'Ariosto di Milano. Dal 2007 black out totale: mi sono fatta anche una lista di film da vedere, suddivisa per anno, che occhieggia ogni tanto tra le mie carte, ma con pochissime cancellature. Appena la Isa ha compiuto 3 anni, abbiamo deciso che bisognava festeggiare mettendo alla prova la sua resistenza in una sala cinematografica, così l'abbiamo portata a vedere il film Disney appena uscito, La principessa e il Ranocchio. Ovviamente ha pianto perché c'è una scena con delle maschere voo doo, ma ha resistito. L'anno successivo, Rapunzel è stato un successone: l'ha visto, se l'è goduto e noi siamo usciti speranzosi riguardo al fatto che il giorno in cui avremmo potuto vedere un film, non un cartone animato, al cinema tutti insieme non era poi così lontano. Quest'anno, complice una Pasquetta dal clima autunnale, abbiamo fatto l'ultimo test: siamo riusciti a convincerla che il cartone Pirati era roba da poppanti (probabilmente era divertentissimo, ma in questo caso è irrilevante) e siamo andati a vedere Biancaneve (in inglese Mirror Mirror).
Ve lo consiglio: è divertente, ha delle belle trovate, non annoia gli adulti, e non da ultimo ha dei costumi bellissimi, a metà tra Alice nel Paese delle Meraviglie e Labirinth, film che probabilmente abbiamo visto in cinque o sei (e la protagonista di Biancaneve un po' ricorda Jennifer Connely).
Come "romanzo di formazione" non è male: c'è una ragazzina convinta di non valere nulla, perché così la definiscono tutti, regina cattiva in primis, una "madre buona", la cuoca, che la convince a guardare il mondo esterno con i propri occhi senza paura, degli aiutanti, i nanetti, che le insegnano a credere in se stessa e nelle proprie capacità, finché la fanciulla diventa una donna vera, che si salva rifiutando le lusinghe della vanità e sbaraglia gli avversari con l'intelligenza, l'altruismo e la furbizia.
Happy end in stile Bollywood, e a casa tutti felici.
Finalmente una Biancaneve che non è moscia, petulante e irritante come quella disneyana, anzi, l'inizio del film gioca proprio su questo, sul fatto che la ragazza sia considerata dalla regina e dalla sua corte una lagna pazzesca. In questo caso Biancaneve combatte, rifiuta più volte l'aiuto del principe e dei maschi in generale, dimostra astuzia e senso dell'umorismo (le femministe più convinte probabilmente avranno trovato qualche punto sessista che a me è sfuggito...).
Sono contenta di aver fatto vedere alla Isa un film così e lei è rimasta affascinata anche da un particolare estetico piuttosto lampante: la protagonista ha delle sopracciglia molto importanti ed ha un aspetto diverso dal solito. Mi sono detta, io, portatrice insana di sopracciglia a zerbino, genitrice di una futura schiava di pinzette, finalmente una bellezza nuova, evvai, sono curiosa di vedere chi è questa attrice. Ecco, non dovevo andare a vedere.
Si tratta di Lily Collins, figlia del celebre musicista. Sì sì, proprio quello.
Se andate su Wikipedia e leggete la sua biografia, troverete frasi edificanti del tipo: "in età adolescenziale si appassiona al giornalismo scrivendo per Elle Girl, Seventeen, Teen Vogue e il Los Angeles Time...", e più oltre "viene scelta da Chanel per indossare un suo abito al Ballo delle Debuttanti del 2007 e da Glamour nel 2008 come "Modella internazionale dell'anno", apparendo sulla copertina di agosto 2009".
E' ovvio che non metta in dubbio le sue doti e le sue capacità, nel film mi è sembrata una brava attrice, ma diciamoci la verità, quanti di noi, in età adolescenziale, avrebbero avuto la possibilità di pubblicare qualcosa su un mensile, un settimanale, o addirittura un quotidiano a tiratura nazionale? Credo che la maggior parte di noi non sarebbe nemmeno riuscita a far leggere qualcosa a queste redazioni, che avrebbero prontamente cestinato la nostra mail o la nostra letterina col francobollo. Così ho pensato che questa Biancaneve cominciava a piacermi un po' meno: altroché salvarsi da sola.... diciamo che papino, a voler pensare male, le ha fornito delle bacchette della batteria molto appuntite per farsi strada nel mondo e una rete di conoscenze direi non esattamente del bar del Giambellino... ma io sono maligna. Come la strega.