C'è chi dice che non esistono più le mezze stagioni. Per quanto mi riguarda ci sono e godono di ottima salute, solo che io le faccio cominciare non con gli equinozi, ma quando decido che è ora di tirare fuori la giacchetta di jeans o le ballerine chiare.
La cosa mi crea qualche problema, perché a settembre, anche se ci sono 30 gradi e un tasso di umidità tropicale, se decreto che ormai l'estate è finita, inizio a vestirmi come se fosse tempo di caldarroste, con risultati abbastanza immaginabili.
Da ieri ho deciso che è primavera. Basta. Inutile che mi diciate che all'ombra fa ancora un bel freschino: ho messo via i maglioni ed è iniziata la stagione della semina e dei travasi.
Siamo fortunati: il nostro appartamento è al piano terra e abbiamo un piccolo giardino tutto nostro. Quando ci siamo trasferiti, era peggio della selva oscura dantesca e ci è costato abbastanza sistemare le siepi, veramente alte e ingombranti. Ormai viviamo qui da poco meno di cinque anni e ogni primavera mi adopero per realizzare il mio progetto di eden cittadino con scarsi risultati, visto che mi faccio prendere la mano: semino e pianto vegetali di ogni tipo, di cui, da un anno all'altro, rimane ben poco.
Un po', diciamolo cribbio, è colpa dei gatti che vengono a fare bisboccia proprio tra le mie rose, schiacciando anche tutti i germogli delle bordure, un po' ci si mettono anche le lumache, che di mattina, seguendo le loro piste argentate, mi fanno trovare foglie e fiori delle gerbere rosse smangiucchiati. E poi c'è la mia entusiastica imperizia, il mio cedere alla bellezza di una tinta o di una forma, il mio eccesso di acqua, che crea pozzanghere melmose, da cui nascono un bel po' di zanzare per la gioia del circondario tutto.
Senza contare la quantità imbarazzante di mozziconi, polvere, avanzi di pranzi e cena, che mi piovono dai piani più alti, e che tento ogni giorno di raccogliere con i guanti di gomma.
Il risultato alla fine è un verde disorganizzato, ben lontano dal giardino romantico, quello finto selvatico, che tanto mi piacerebbe realizzare.
La giornata calda e assolata di sabato dunque ha fatto scattare il mio orologio del letargo. La prima vittima è stata una camelia al supermercato: vuoi non prenderla? Resiste fino a - 20°... visti i rigori appena patiti probabilmente sopravviverà fino alla prossima stagione. E oggi giretto al vivaio dietro casa, per rilassarmi dopo un infinito e devastante pranzo genitori + suoceri: anche la Isa ha il pollice verdognolo come me e la stessa compulsività nel riempire il cestino di vasetti e piantine, quindi andare insieme in questi posti può risultare pericoloso.
Per ora, a parte i soliti cactus, che ci ricordano le vacanze nel nostro agriturismo preferito, ci siamo portate a casa un ranuncolone arancione dalla fine praticamente segnata (già me lo immagino rinsecchito con i primi caldi), e una serie di bustine di semi.
A parte violette, margherite e un misto fiorito, quest'anno ci siamo date, su sua richiesta, alle verdure: ho cercato di indirizzarla su un paio di varietà, anche perché non è che abbiamo tanto spazio, ma niente da fare. Potenzialmente, con tutti i semi comprati, potremmo coltivare un orto di 100 mq, con lattuga, carote, zucchine, pomodori, zucche, prezzemolo e basilico: se concimo un po' magari il nostro ulivino spelacchiato potrebbe anche farci qualche oliva per l'insalata... beh, calma...qui stiamo sconfinando nella fantascienza. Se va bene, alla fine, riuscirò giusto a cucinare il sugo (in lattina) col mio basilico e a condire il pesce con il prezzemolo.