giovedì 26 luglio 2012

Tipi diversi

Chi prende abitualmente i mezzi pubblici a Milano sa bene che si possono fare incontri di ogni tipo: l'utenza varia a seconda delle zone toccate dalla linea tramviaria e ci puoi trovare la sciura con i guantini bianchi e la donnona con i gambaletti scesi, l'avvocato in completo elegante e il vecchietto in canottiera, bambini della scuola tedesca con il panierino in vimini e ragazzini sporchi che si dondolano appesi ai sostegni.
C'è un po'di tutto.
A volte sono arrabbiata, di corsa, nervosa, e allora gli altri mi danno fastidio, con i loro odori molesti, il profumo troppo forte o l'allergia congenita alla saponetta; altre volte invece, magari sono in vena di osservare, di scambiare un sorriso solidale con chi affronta con me il calvario di un ingorgo o dei lavori in corso. Semplicemente passo il tempo guardando i miei compagni di viaggio, spiando la copertina del libro che stanno leggendo (ma con gli e-book posso curiosare ben poco!), ipotizzando il perché di una telefonata dai toni così accesi, il motivo di una lacrima o di un sorriso abbozzato, la destinazione di quel viaggio in base all'abbigliamento o al contenuto di un sacchetto semirovesciato. Sui mezzi pubblici a Milano c'è una carrellata così vasta di varia umanità, che sarebbe impossibile farne un catalogo...
Nel giro di 24 ore ho fatto due incontri che mi hanno fatto distogliere dai miei pensieri e dalle mie letture... indovinate quale mi ha colpito di più.

Lui/lei
Il tram 31 arriva fino a Cinisello. Eleonora mi aspetta al limite della tariffa urbana, una roba che detta così ha del mitologico. Dobbiamo andare al concerto di Elio e le Storie Tese, ma non so se ci arriveremo, visto che grandina, tira vento e il cielo è un'unica nuvola scura. Mi si stanno asciugando addosso i vestiti bagnati dalla pioggia appena presa alla fermata, dove ovviamente non c'era la pensilina: c'è l'aria condizionata sparata al massimo, spero che non mi venga il raffreddore. Dietro di me sento distrattamente una voce maschile stridula, con la erre moscia e un lieve balbettio: cerca di convincere altri passeggeri a prendere i suoi depliant con la programmazione del Carroponte, un posto dove a Milano in estate fanno parecchi concerti interessanti. E' insistente, attacca bottone con tutti. Io non sto guardando, sono girata di spalle e sono alle prese col cellulare perché concordare con Eleonora dove ci troveremo.
Ad un certo punto sento questa stessa voce dire: "Ti piace il mio vestito blu? Hai visto come sono carina?". Mi giro. Dietro di me c'è un uomo sulla quarantina, alto e corpulento. E' semplicemente un uomo vestito da donna, senza innesti sintetici, senza chirurgia. E' un uomo grande e grosso con tanto trucco sul viso rosa e celeste, degli orecchini pendenti vistosi, un cerchietto bianco col fiocco e un tailleur azzurro di quelli che potresti vedere addosso ad una hostess. Chiede a due ragazzi, birra in mano, se la trovano carina e loro le rispondono che sì, è molto carina. Ma non ridono. Non lo prendono in giro. Non sono nemmeno particolarmente disorientati. Rispondono e basta, alzando un po' la voce.
A una vecchietta chiede se le piace la sua borsa, e la signora le dice con gentilezza che è davvero bella la sua borsa e che è proprio elegante. "Lo so, me l'ha detto anche mia mamma quando sono uscita, prima".
Prende una boccetta di vetro e inizia a spruzzarsi con gesto composto e continuo, da brava signorina. Io sono dietro, mi sento soffocare dall'odore troppo dolce e mi alzo, anche per evitare di essere involontaria beneficiaria di tanto dispendio di profumo. E la osservo per bene questa signorina fine con un improbabile corpo grande e sgraziato, la voce troppo squillante e da osteria, la mente posata su chissà quale pianeta, che si prodiga ad invitare tutti al Carroponte, perché lì ci si diverte e puoi anche trovare nuovi amici.
Le persone guardano, non si scompongono.
Devo scendere e lei mi si avvicina: "Hai visto che belle le mie scarpe azzurre? Le ho comprate al centro commerciale e le ho pagate solo 10 euro... anche le tue scarpe sono belle, sono verdi e ame piace il verde, ma preferisco l'azzurro. Senti, sono carina con questo vestito?". Io le ho risposto che stava proprio bene. L'ho pensato davvero e mi sono immaginata sua mamma che le aggiusta la giacca e le dà una carezza prima di uscire.

Lui e Lei 

Pomeriggio torrido di lavori in corso sulla linea della 90. Sto tornando a casa dal lavoro e mi sembra di impiegarci un secolo. La filovia fa la sua fermata davanti ad una di quelle palestre un po' sciccose, con la sauna e il bar interno che ti serve solo centrifugati di carota e poco altro, rigorosamente liquido perchè così lo pisci via un attimo dopo e non assimili. Salgono un ragazzo e una ragazza: hanno una ventina d'anni, sono snelli e muscolosi, ma non troppo, il giusto. Lui ha un ciuffo prepotente, occhiali costosi e una canottiera per evidenziare il pettorale, che in realtà è in costruzione, poveretto. Lei è bella, ha i capelli da pubblicità, un top striminzito che le arriva sotto al seno da coppa di champagne e i calzoncini molto corti. Lui la abbraccia da dietro, mentre la filovia si rimette in marcia a fatica. Una vecchietta guarda e disapprova. Il marito apprezza e fa la faccia soddisfatta guardando l'ombelico della ragazza. Lei si appende al collo del ragazzo e lo bacia. Plateale.
Stanno facendo il loro show, sono i giovani belli e ribelli  con i soldi di papino, che con arroganza squadrano dall'alto in basso noi travét della vita, perché loro non saranno mai come noi sfigati perdenti.
Lei ha delle grosse cuffie rosa che probabilmente le stanno facendo le orecchie alla coque, una vera bestemmia per chi, come me, ha visto l'avvento degli auricolari come la liberazione dalla spugnetta sintetica che fa sudare i lobi e si incastra negli orecchini, dal cerchietto di plastica che si rammollisce alla prima corsetta e ti cala sugli occhi; lui invece ha degli auricolari bianchi, il cui filo si perde nella tasca dei pantaloni col cavallo alle ginocchia.
Non si parlano e ognuno ascolta la sua musica.
Io penso solo "Quattro sberle, idioti..." Il viso dell'altra sfigata perdente di fronte a me pensa lo stesso. E  ci sorridiamo.

domenica 22 luglio 2012

Ti ho fatto una cassetta...

Da buona adolescente dell'era pre- mp3, mi registravo decine di cassette con le mie personali compilation musicali. Solitamente TDK da 90 minuti.
Diverse le tipologie: le migliori hit del gruppo o del musicista preferito, selezioni per stato d'animo o per situazione, raccolta per anno e via dicendo.
Non potendo dedicarmi per volontà paterna ad attività extra scolastiche ed avendo pochi amici da frequentare, avevo tutto il tempo di registrare cassette con meticolosa attenzione, facendo copertine personalizzate, con elenco dei titoli e disegno tematico.
Quando mi piaceva una canzone, visto che non avevo soldi per comprarmi il vinile, e in seguito il cd,  dovevo stare con la radio accesa tutto il pomeriggio, pronta a riconoscere il brano dalle prime note e a gettarmi sul tasto rec
La compilation casalinga poteva avere molteplici scopi: serviva a far conoscere all'amica tamarra qualche nuovo genere, a lasciare un ricordo agli amici delle vacanze quando arrivava il momento di ripartire, a farsi un'idea di quel musicista che conoscevi solo per una canzone, a far breccia nel cuore di qualche ragazzo. 
Quest'ultima cosa mi è sempre riuscita malissimo, ovviamente. 
Un po' di amiche tamarre invece sono riuscita a redimerle.
Io e Fabio da fidanzati ci siamo fatti a vicenda parecchie compilation. Lui mi metteva canzoni molto romantiche, tipo dei Megadeth e dei Sepultura  (qui un esempio), io lo ammorbavo con Max Gazzé e i Cranberries (in quel periodo andava così). 
Il più bel regalo che ho ricevuto è stata una cassetta in cui lui mi ha registrato una canzone composta appositamente per me. Però è una cosa così intima e personale, che fatico ad ascoltarla: mi lascia scossa per l'intensità del sentimento che c'era dietro e quasi mi imbarazza.

Da quando ci sono gli mp3, fare una compilation è roba da due minuti, ma non ricordo quando è stata l'ultima volta in cui qualcuno mi ha girato una playlist fatta apposta per me. 
Ognuno può andarsi a cercare un brano e scaricarselo se gli piace. Se un amico ha scoperto un nuovo gruppo, magari mi consiglia di recuperare l'album intero, perché tanto ci si impiega un attimo, ma non si prende la briga di farmi una selezione.
E' triste! Ma insomma, prendetevi cura di me, fatemi ascoltare qualcosa di bello! Fatemi ascoltare qualcosa a cui tenete!
Vi chiedo un favore allora: fatemi conoscere una canzone che vi piace e mi volete far ascoltare. Perché mi volete bene, o perché ritenete che i miei gusti musicali facciano schifo e mi dovete educare, oppure perché oggi vi ha fatto felici sentire proprio quel brano lì e potrebbe far contenta anche me.
Condividere una canzone è un anche gesto d'affetto e visto che ricomincia la settimana, ne ho davvero un gran bisogno!
Io metto la mia per stasera, Stormy Weather...un po' languida magari, ma adatta ad una ventosa domenica sera.

martedì 17 luglio 2012

Gite express

Non siamo decisamente una famiglia da sveglia all'alba e partenza baldanzosa, con l'attrezzatura giusta e la ghiacciaia rifornita. Se dobbiamo passare la domenica fuori, è raro che si salga in macchina prima delle 11, e anche preparandoci con tutta calma, riusciamo a dimenticarci qualcosa a casa, non abbiamo controllato preventivamente il percorso e non ci siamo premuniti generi di conforto.
Andiamo in maniera disorganizzata, ma di solito ce la caviamo.
Il pensiero di fondo è: magari ci rompiamo le balle...alla fine dopo tre ore in un posto, vuoi solo tornare a casa. 
A volte è vero, altre volte no. 
Le nostre partenze non intelligenti hanno il pregio di non farci incontrare il traffico degli intelligenti che partono alle 7e 32, tipo Furio interpretato da Verdone, quindi troviamo l'autostrada tendenzialmente vuota. Niente code al casello. 
In compenso non trovi un posto all'ombra per mangiarti un panino neanche a pagarlo e se vai in spiaggia, per arrivare alla battigia dall'asciugamano devi armarti di bussola. 
Domenica abbiamo fatto una delle nostre gite last minute: meta decisa alle 14, partenza alle 16, arrivo in loco alle 17, giro sul battello, gelato, e via a casa...rientro alle 20.
Posto carino, lo consiglio ai milanesi che in una domenica d'estate, dopo aver sistemato casa e digerito il  pranzo domenicale, magari si sentono un po'in gabbia: si tratta di Imbersago, località in provincia di Lecco, sul fiume Adda, dove è possibile farsi un giro sul cosiddetto traghetto di Leonardo, che collega semplicemente le due sponde del fiume sfruttandone la corrente, oppure prendere il battello Addarella e godersi pigramente il panorama. 
Noi abbiamo scelto quest'ultima soluzione. 
Durante la "navigazione" abbiamo fatto progetti su futuri pic nic, noleggi di canoe e passeggiate in bici, che probabilmente non avverranno mai perché ci muoveremo da casa troppo tardi per trovare posti liberi. 

Il "fusto" dell'Adda
Abbiamo anche avvistato due esemplari notevoli di fauna locale, cioè un airone cinerino, forse finto o impagliato per accontentare i turisti, e un "fusto", che, direttamente dal 1958, insieme al suo gruppo di amici vitelloni, ha atteso il passaggio di noi comuni mortali in sandali e calzoncini per lanciarsi in acqua da una fune legata ad un albero. Il tuffo è stato ovviamente disastroso, ma lasciamolo cullare nelle sue illusioni.

La mia illusione è stata pensare che le montagne che si stagliavano sullo sfondo del fiume, la vegetazione folta e brillante, le acque verdi e lucenti del fiume siano state fonte di ispirazione per qualche dipinto di Leonardo o per qualche passo dei Promessi Sposi. 
Certo, ora sono sull'Addarella e mi invento queste cose, ma alcune volte mi è capitato di trovarmi a sognare in bel altri contesti.... tanti anni fa ad esempio, quando sono stata in Normandia, ad Etretat, e ho visto la maestosa falesia bianca che si getta in mare, raffigurata in molti dipinti...uno tra tutti quello di Courbet.

"La falesia di Etretat dopo il temporale"- Courbet
Etretat
E' un'emozione grandissima ammirare dal vero paesaggi che hai visto in una fotografia artistica, oppure in qualche dipinto che ami particolarmente: io almeno, nota secchiona, di quelle che ascoltano sempre ciò che dice la guida e che leggono fino in fondo i pannelli espositivi del museo,  mi ritrovo a pensare "ecco perché ha scelto proprio questo posto, ecco sotto che luce ha visto questi volti, queste cose".
Ti senti parte, solo per un istante, di un processo creativo, e il bello è che sai come andrà a finire: per un attimo sei in vantaggio sull'artista, hai la palla di cristallo. 

Però calma, torniamo con i pedi per terra! Sono su un battellino, sto facendo un giro sull'Adda, e da queste parti ci campano attribuendo a Leonardo qualsiasi cosa. C'è un sottofondo musicale di Enya, che fa molto celto-padano, e che decisamente non si addice agli aneddoti su Ludovico il Moro. 
All'approdo c'è la classica gelateria che ti vende una pallina di gelato in cambio di un rene. C'è un parcheggione affollato di auto e la natura è decisamente molto addomesticata.
Mi sono improvvisamente mancati tutti gli appigli...volevo continuare fantasticare e invece è come essere caduti dal letto nel bel mezzo di un bel sogno...

Peccato che Etretat è lontana...non c'è partenza intelligente che valga per fare una toccata e fuga domenicale...mi sa che conviene puntare la sveglia un po'prima domenica prossima, così almeno il pic nic sul fiume riusciamo a farlo!


mercoledì 11 luglio 2012

Letture estive

sul comodino...
Appena finita la scuola, durante le medie, mia mamma stanziava cinquantamila lire di mancia da spendere in libreria. In pratica, un buono Feltrinelli ante litteram.
Il mio raggio d'azione però era parecchio limitato: da una parte il confine ultimo era via D'Alviano, dall'altra piazza del Rosario... l'equivalente di un catino rispetto all'oceano.
Grandi librerie, inesistenti.
L'unico negozio che vendeva libri era la cartoleria Maserati, specializzata in bigini (il quartiere Giambellino all'epoca era fucina di ragazzini molto studiosi e morigerati).
Portavo al commesso il mio elenco di libri, ma oltre ai super classici dell'Ottocento e a qualche BUR di autori latini non si andava. Impossibile ordinare.
Poi alle superiori il mio territorio si è parecchio allargato e finalmente sono approdata ai megastore del centro. E allora le cinquantamila lire di budget sembravano proprio non bastare mai e mi spingevano ad operare scelte laceranti tra questo o quell'autore. Di solito mi buttavo sui cofanetti in offerta, da qui la mia abitudine di farmi la bibliografia di uno scrittore dall'inizio alla fine: roba da filologi o da malati mentali o da tutti e due.
Il problema di molte persone che amano la lettura è che dopo un po', non abitando propriamente di lussuose case con biblioteca privata e non avendo metri lineari liberi a disposizione, i libri diventano appoggi di fortuna, scale per raggiungere il ripiano più alto in cucina, ferma porta, e altri usi fantasiosi. Qualche mese fa ho riflettuto a lungo sull'acquisto di un e-book reader, proprio per ovviare al problema di dove mettere i futuri acquisti nella nostra casa ormai a tappo. C'è poi da considerare quanto "pesa" la cultura nella propria borsa: un conto è portarsi le mille e rotte pagine di Infinite Jest di Wallace, un altro è trovare spazio per la snella Opera da tre soldi di Brecht. Tenendo conto che per me l'unico momento in cui posso leggere senza distrazioni è proprio quello del tragitto casa- lavoro- casa, la questione non è di poco conto.
Fabio voleva regalarmi un e- book reader per il mio compleanno, ed eravamo andati in un grande negozio per acquistarlo: sono stata davanti allo scaffale un sacco di tempo, non riuscivo a decidermi, quasi mi sentissi in colpa solo a toccare la confezione. Alla fine l'ho preso e sono andata al piano di sopra con la Isa a cercare un libro per lei, qualcosa sugli animali. Appena la porta dell'ascensore si è aperta sul primo piano della libreria e ho visto tutte quelle copertine colorate che mi chiamavano, ho riportato a razzo al piano di sotto l'e-book reader e, quasi a sanare una cattiva azione quasi compiuta, ho comprato qualche libro a caso, tra cui la raccolta di racconti America Oggi di Carver. Se non l'avete letto, fatelo subito!
Comunque qualche giorno dopo mio fratello ha pensato bene di togliermi dall'atroce dubbio, e mi ha fatto arrivare un Kindle Touch per posta.
A quel punto mi sono fatta passare ogni scrupolo.
A caval donato non si guarda in bocca.
Se poi tenete conto che sul web si trovano centinaia di titoli in pdf... Come si fa a non approfittare della tecnologia?
Leggere in fpdf sul Kindle è un incubo, ma se vi interessa, esiste il programma gratuito Calibre, che converte nel formato desiderato gli e- book recuperati in rete e altrimenti non scaricabili su e- book reader di questo tipo.
Bene, ora ho la conoscenza a portata di mano. Ovunque io sia posso togliermi il capriccio di trovare libri di ogni tipo e di ogni epoca.
Bene, benissimo, ma a questo punto però mi ritrovo con un dilemma: ho iniziato contemporaneamente l'ultimo libro di Gramellini, due di psicologia infantile, un libro sulla storia del quartiere Giambellino e un testo teatrale di Brecht. Sul Kindle ho un libro di Wallace già iniziato e non ricordo nemmeno più cos'altro. Ho intenzione di recuperare il libro di Sofri sull'anarchico Pinelli e fare un giro in libreria per curiosare sulle ultime novità.
solo che ho tre settimane di ferie...
Mi sa che mi porto dietro Gramellini, ma non so se lo riesco a finire.



martedì 3 luglio 2012

Canta che ti passa, Tere!


Ogni giorno, appena l'ascensore si apre sul piano dell'ufficio che occupo da un mese a questa parte, cerco un buon motivo per non pigiare il tasto 0, correre alla filovia e ritornare a casa.
Ovviamente il primo motivo per cui non fuggo, è che bisogna tenersi stretto il lavoro, che di questi tempi, si sa, scarseggia.
Lo stipendio non è un buon motivo: direi che è più che altro simbolico, ma non lamentiamoci, perché si sa pure questo, non è così scontato.
Già perché parrebbe che il lavoro non è un diritto, si deve guadagnare con i sacrifici...ma qui potrei sbagliare, perché magari le parole sono state male interpretate...insomma, si sa...lost in translation...e chissà mai che il ministro che le ha pronunciate non sia stato frainteso... sempre a pensare male.
Ok, non ci si può mai lamentare quando si parla di questo tema, pare. Anche perché poi si scatena la guerra tra poveri, tra chi ha più diritti assicurati da un contratto e chi ne ha meno...senza contare chi non ne ha proprio o chi il lavoro non ce l'ha.
Allora va bene, lascio perdere, lascio stare ogni mattina, anche se mi verrebbe voglia di fare un bel comizione con le bandiere. Anche se mi verrebbe da dire, a chi rende più difficili le cose, solo per dare dignità a quello che fa ogni giorno, che magari è ora di guardare anche oltre e capire che finché si è presi completamente da se stessi, non si può capire cosa sia il mondo là fuori.
Un bel respiro profondo, e via, si comincia, ché tanto poi il segreto è limitare al minimo i rapporti interpersonali, così eviti pettegolezzi, scorrettezze, rotture, un po'come quando metti la testa nello zaino, fingendo di cercare qualcosa, così il prof si dimentica magicamente di te e non ti interroga. Peccato che poi ti chiama regolarmente.
Oggi la giornata è stata particolarmente impegnativa. Non tanto per i compiti da svolgere, visto che non "tiro la lima" in fabbrica, né me ne sto sotto al sole a scavare con una ruspa, tanto meno faccio operazioni a cuore aperto o complicati calcoli astrofisici per salvare la terra dal prossimo impatto con un asteroide.
Il lavoro è impegnativo quando è noioso come la morte e schiaccia qualsiasi guizzo di personalità.
L'essere umano, quando si rende conto di essere in catene mentali o fisiche, trova sempre una via d'uscita per non abbrutirsi. Così ho iniziato a caricare dati questa mattina pensando al film che ho visto ieri sera, Il grande freddo.
L'ho guardato volentieri anche questa volta, ma ripete talmente in maniera ossessiva il messaggio "eravamo tanto idealisti, e ora guarda come siamo diventati", che mi ha fatto tornare in mente quella scena molto ironica di Caro diario in cui Nanni Moretti vede al cinema un film su ex Sessantottini rovinati dal rampantismo anni '80.
Non ho quindi pensato alla trama o al messaggio, altrimenti avrei cercato la morte trafiggendomi con qualche matita acuminata, ma alla splendida colonna sonora.
Ho già scritto che quanto a gusti musicali a volte sono un po' retrò, ma mi sembra sia innegabile che queste canzoni siano tra le più belle degli ultimi 60 anni:

1. Marvin Gaye - I heard it through the grapevine
2. Temptations - My girl
3. Rascals - Good lovin'
4. Smokey Robinson - The tracks of my tears
5. Three dog night - Joy to the world
6. Temptations - Ain't too proud to beg
7. Aretha franklin - (You make me feel like a) Natural woman
8. Smokey Robinson and the miracles - I second that emotion
9. Procol Harum - A whiter shade of pale
10. Exciters - Tell him
Ce ne sono anche altre, che però non sono state incluse nella compilation, peccato!

Alla fine, sempre caricando i miei dati nella maschera grigia del programma di contabilità, mi sono ritrovata a cantare I heard it through the grapevine, e nella testa non mi ronzava la versione di Marvin Gaye, ma quella dei Creedence Clearwater Revival, perché mi piace di più, è molto più ruvida e quando sono in mezzo a persone che non mi piacciono anch'io divento un po' ruvida e ho bisogno di aiutarmi con qualcosa che mi faccia calare meglio nel ruolo di quella che poi alla fine te la fa pagare ( ma non ci sono mai riuscita).
Poi ti rivolgono la parola, ti fanno cadere le braccia, ti ricordano dove sei e la musica si spegne.
Peccato, avevo appena iniziato a lavorare tranquilla.