Chi prende abitualmente i mezzi pubblici a Milano sa bene che si possono fare incontri di ogni tipo: l'utenza varia a seconda delle zone toccate dalla linea tramviaria e ci puoi trovare la sciura con i guantini bianchi e la donnona con i gambaletti scesi, l'avvocato in completo elegante e il vecchietto in canottiera, bambini della scuola tedesca con il panierino in vimini e ragazzini sporchi che si dondolano appesi ai sostegni.
C'è un po'di tutto.
A volte sono arrabbiata, di corsa, nervosa, e allora gli altri mi danno fastidio, con i loro odori molesti, il profumo troppo forte o l'allergia congenita alla saponetta; altre volte invece, magari sono in vena di osservare, di scambiare un sorriso solidale con chi affronta con me il calvario di un ingorgo o dei lavori in corso. Semplicemente passo il tempo guardando i miei compagni di viaggio, spiando la copertina del libro che stanno leggendo (ma con gli e-book posso curiosare ben poco!), ipotizzando il perché di una telefonata dai toni così accesi, il motivo di una lacrima o di un sorriso abbozzato, la destinazione di quel viaggio in base all'abbigliamento o al contenuto di un sacchetto semirovesciato. Sui mezzi pubblici a Milano c'è una carrellata così vasta di varia umanità, che sarebbe impossibile farne un catalogo...
Nel giro di 24 ore ho fatto due incontri che mi hanno fatto distogliere dai miei pensieri e dalle mie letture... indovinate quale mi ha colpito di più.
Lui/lei
Il tram 31 arriva fino a Cinisello. Eleonora mi aspetta al limite della tariffa urbana, una roba che detta così ha del mitologico. Dobbiamo andare al concerto di Elio e le Storie Tese, ma non so se ci arriveremo, visto che grandina, tira vento e il cielo è un'unica nuvola scura. Mi si stanno asciugando addosso i vestiti bagnati dalla pioggia appena presa alla fermata, dove ovviamente non c'era la pensilina: c'è l'aria condizionata sparata al massimo, spero che non mi venga il raffreddore. Dietro di me sento distrattamente una voce maschile stridula, con la erre moscia e un lieve balbettio: cerca di convincere altri passeggeri a prendere i suoi depliant con la programmazione del Carroponte, un posto dove a Milano in estate fanno parecchi concerti interessanti. E' insistente, attacca bottone con tutti. Io non sto guardando, sono girata di spalle e sono alle prese col cellulare perché concordare con Eleonora dove ci troveremo.
Ad un certo punto sento questa stessa voce dire: "Ti piace il mio vestito blu? Hai visto come sono carina?". Mi giro. Dietro di me c'è un uomo sulla quarantina, alto e corpulento. E' semplicemente un uomo vestito da donna, senza innesti sintetici, senza chirurgia. E' un uomo grande e grosso con tanto trucco sul viso rosa e celeste, degli orecchini pendenti vistosi, un cerchietto bianco col fiocco e un tailleur azzurro di quelli che potresti vedere addosso ad una hostess. Chiede a due ragazzi, birra in mano, se la trovano carina e loro le rispondono che sì, è molto carina. Ma non ridono. Non lo prendono in giro. Non sono nemmeno particolarmente disorientati. Rispondono e basta, alzando un po' la voce.
A una vecchietta chiede se le piace la sua borsa, e la signora le dice con gentilezza che è davvero bella la sua borsa e che è proprio elegante. "Lo so, me l'ha detto anche mia mamma quando sono uscita, prima".
Prende una boccetta di vetro e inizia a spruzzarsi con gesto composto e continuo, da brava signorina. Io sono dietro, mi sento soffocare dall'odore troppo dolce e mi alzo, anche per evitare di essere involontaria beneficiaria di tanto dispendio di profumo. E la osservo per bene questa signorina fine con un improbabile corpo grande e sgraziato, la voce troppo squillante e da osteria, la mente posata su chissà quale pianeta, che si prodiga ad invitare tutti al Carroponte, perché lì ci si diverte e puoi anche trovare nuovi amici.
Le persone guardano, non si scompongono.
Devo scendere e lei mi si avvicina: "Hai visto che belle le mie scarpe azzurre? Le ho comprate al centro commerciale e le ho pagate solo 10 euro... anche le tue scarpe sono belle, sono verdi e ame piace il verde, ma preferisco l'azzurro. Senti, sono carina con questo vestito?". Io le ho risposto che stava proprio bene. L'ho pensato davvero e mi sono immaginata sua mamma che le aggiusta la giacca e le dà una carezza prima di uscire.
Lui e Lei
Pomeriggio torrido di lavori in corso sulla linea della 90. Sto tornando a casa dal lavoro e mi sembra di impiegarci un secolo. La filovia fa la sua fermata davanti ad una di quelle palestre un po' sciccose, con la sauna e il bar interno che ti serve solo centrifugati di carota e poco altro, rigorosamente liquido perchè così lo pisci via un attimo dopo e non assimili. Salgono un ragazzo e una ragazza: hanno una ventina d'anni, sono snelli e muscolosi, ma non troppo, il giusto. Lui ha un ciuffo prepotente, occhiali costosi e una canottiera per evidenziare il pettorale, che in realtà è in costruzione, poveretto. Lei è bella, ha i capelli da pubblicità, un top striminzito che le arriva sotto al seno da coppa di champagne e i calzoncini molto corti. Lui la abbraccia da dietro, mentre la filovia si rimette in marcia a fatica. Una vecchietta guarda e disapprova. Il marito apprezza e fa la faccia soddisfatta guardando l'ombelico della ragazza. Lei si appende al collo del ragazzo e lo bacia. Plateale.
Stanno facendo il loro show, sono i giovani belli e ribelli con i soldi di papino, che con arroganza squadrano dall'alto in basso noi travét della vita, perché loro non saranno mai come noi sfigati perdenti.
Lei ha delle grosse cuffie rosa che probabilmente le stanno facendo le orecchie alla coque, una vera bestemmia per chi, come me, ha visto l'avvento degli auricolari come la liberazione dalla spugnetta sintetica che fa sudare i lobi e si incastra negli orecchini, dal cerchietto di plastica che si rammollisce alla prima corsetta e ti cala sugli occhi; lui invece ha degli auricolari bianchi, il cui filo si perde nella tasca dei pantaloni col cavallo alle ginocchia.
Non si parlano e ognuno ascolta la sua musica.
Io penso solo "Quattro sberle, idioti..." Il viso dell'altra sfigata perdente di fronte a me pensa lo stesso. E ci sorridiamo.